Curiosità

Che cosa mangiamo a Natale? Pollo fritto

In Giappone resiste un'insolita tradizione, figlia di una campagna pubblicitaria della famosa catena di fast food KFC
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Marcello Pelizzari
22.12.2022 16:45

Che cosa mangiamo a Natale? Pollo fritto del Kentucky. Quello di KFC, va da sé, catena presente anche alle nostre latitudini e più precisamente a Mendrisio. Ma se in Ticino mai ci sogneremmo di «sprecare» un’occasione come il cenone della Vigilia o il pranzo del 25 dicembre con il cosiddetto junk food, in Giappone la tradizione è – riferisce la CNN – consolidata. Talmente consolidata che, dalla metà degli anni Ottanta, le statue a grandezza naturale del Colonnello Sanders, il fondatore nonché il simbolo di KFC, sono dappertutto.

Di più, questa particolare abitudine dei giapponesi genera introiti importanti. Secondo gli stessi dati diffusi dalla catena di fast food statunitense, infatti, KFC Japan dal 20 al 25 dicembre del 2018 incassò qualcosa come 63 milioni di dollari. Con tanto di code fuori dai ristoranti.

Un po' di storia

Il giorno più trafficato, leggiamo, di solito è il 24 dicembre. Con vendite che superano dalle cinque alle dieci volte i normali volumi. Complice, manco a dirlo, la pubblicità. KFC, nello specifico, investe parecchio in spot televisivi proprio a dicembre.

Ma perché, dall’oggi al domani, il pollo fritto è diventato sinonimo di Natale in Giappone? Passo indietro: dopo un periodo caratterizzato dall’austerità, fra la fine della Seconda guerra mondiale e gli anni Cinquanta, l’economia nipponica iniziò a volare. A volare davvero. A detta di Ted Bestor, professore di antropologia sociale all’Università di Harvard, «la gente aveva i soldi per dedicarsi, finalmente, alla cultura del consumo».

Bestor ha vissuto nella Tokyo degli anni Settanta, una Tokyo che iniziava ad aprirsi ai marchi occidentali o, meglio, americani. Quanto a KFC, esiste addirittura un documentario dedicato all’espansione della catena in Giappone chiamato Il Colonnello arriva in Giappone, anno di grazia 1981. Fra il 1970 e il 1980, l’industria del fast food nipponica crebbe del 600%. Tutti, insomma, volevano un morso di Stati Uniti. A buon mercato, se possibile.

Il primo KFC, all’epoca noto come Kentucky Fried Chicken, su suolo giapponese aprì a Nagoya nel 1970. Nel 1981, il marchio contava 324 negozi e – stando al documentario citato – guadagnava circa 200 milioni di dollari all’anno.

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Il finto/vero Natale

Altra premessa: il Natale, in Giappone, era ed è una festa secolare, diciamo laica. Nel Paese, infatti, meno dell’1% della popolazione si identifica come cristiano. Negli anni Settanta, quando arrivò KFC, molte persone nemmeno festeggiavano.

Ed è proprio qui che il discorso si fa interessante, visto che nel 1974 KFC lanciò una campagna ad hoc – «Kentucky for Christmas» – con prodotti a tema. Stando ad alcune ricostruzioni, Takeshi Okawara – il gestore del primo KFC e, in seguito, l’amministratore delegato di KFC Japan – fece credere ai giapponesi che il pollo fritto fosse un cibo natalizio tradizionale negli Stati Uniti. Un’altra versione, invece, afferma che Okawara si presentò a una festa vestito da Babbo Natale. Vedendo i bambini in stato di adorazione, capì che, forse, avrebbe potuto sfruttare la cosa per vendere pollo. Nel 2020, infine, la stessa KFC pubblicò la sua versione dei fatti: fu un cliente straniero a ispirare la campagna, dopo aver ordinato pollo fritto a Tokyo dicendo qualcosa tipo «siccome non trovo il classico tacchino qui in Giappone, la mia unica alternativa per festeggiare il Natale è Kentucky Fried Chicken».

Versioni (discordanti) a parte, «Kentucky for Christmas» catturò l’immaginazione dei giapponesi, grazie anche a un massiccio investimento pubblicitario. Negli anni Settanta e Ottanta, addirittura, gli spot erano accompagnati dal brano My Old Kentucky Home. Un brano tutto fuorché natalizio, ma nessuno – tanto – se ne sarebbe accorto.

KFC, così facendo, si posizionò come un’azienda capace di offrire al Giappone un modo di festeggiare il Natale tipicamente americano. Mentì sapendo di mentire, ma pazienza.

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La concorrenza si organizza

Qualcosa, detto della pubblicità, nei giapponesi deve essersi acceso. Parliamo di emozioni e memoria, di legami allargando il campo. Quanto proponeva e propone KFC, ad esempio, è simile a un piatto tradizionale nipponico chiamato karaage. Un piatto che comprende piccoli pezzi di carne impanata e fritta. Il pollo fritto del Kentucky, dunque, non è stato una novità assoluta in termini di gusto e aromi. Anzi, richiamava proprio qualcosa di conosciuto. E amato. Anche la cultura della condivisione, che KFC promuove attraverso il bucket, un cestello pieno di pezzi di pollo, è sempre stata un elemento portante del Giappone. Il cestello di pollo, per farla breve, soddisfa il desiderio dei nipponici di mangiare insieme.

Il problema, se vogliamo, è che il successo del modello KFC ha spinto altri ristoranti e altri marchi a proporre dei menu speciali per Natale. Diversi alberghi, ad esempio, offrono opzioni a buffet per una serata in allegria e in famiglia. Detto ciò, volete mettere un cenone o un pranzo del 25 con un cestello di pollo fritto?

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