Il caso

Che cosa sta succedendo a Cuba?

Le difficili condizioni di vita e l'economia al collasso stanno portando l'isola caraibica ad affrontare il più grande esodo di massa che abbia vissuto dal 1959
© AP Photo/Ramon Espinosa
Red. Online
17.12.2022 20:35

È un posto molto ambito per chi sogna di fare delle vacanze ai Caraibi, ma un incubo a occhi aperti per molti dei suoi cittadini. Stiamo parlando di Cuba. Se da un lato la nazione è famosa per le sue spiagge mozzafiato, dall'altro esiste una versione di Cuba tutt'altro che idilliaca. Addirittura, diversi abitanti dell'isola stanno letteralmente scappando dal Paese, che si ritrova ora ad affrontare il più grande esodo di cui sia mai stato vittima dal 1959. Ma che cosa sta succedendo? 

Coronavirus e sanzioni

I motivi che portano i cittadini cubani a fuggire a gambe levate sono molteplici. Tanto per cominciare, le sanzioni statunitensi e mezzo secolo di embargo hanno da tempo danneggiato l'economia. Poi - neanche a dirlo - è arrivata la pandemia, che insieme al fallimento delle riforme che lo scorso gennaio avrebbero dovuto aprire ai privati ha reso la vita sull'isola ancor più difficile. Un brutto colpo, insomma. Ma non finisce qui. La batosta finale non si è fatta attendere ed è arrivata con la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia. Un tempo, Cuba attirava tantissimi turisti da Mosca. Turisti che, come si può ben immaginare, sono ora spariti, colpendo ancor di più l'industria del turismo, già fortemente indebolita dal coronavirus. Ora, davanti ai negozi e alle farmacie si formano lunghissime file. Le scorte di cibo sono diventate scarse e costose, così come le medicine. Come sottolinea Repubblica, inoltre, il sistema di pagamento sull'isola è decisamente particolare. Si può acquistare solo con le carte di credito in Cup (Peso unificato) dopo aver depositato una valuta straniera in banca, soprattutto dollari e euro. E procurarsi monete estere è tutt'altro che semplice. Spesso le si acquista al mercato nero a un costo dieci volte più alto del cambio ufficiale. Le si deve poi depositare sul conto e solo dopo si può fare la fila davanti ai negozi per acquistare ciò di cui si ha bisogno. Che siano carta igienica, dentifricio o alimenti. 

Come se non fosse abbastanza, sull'isola sono frequenti anche i blackout quotidiani, che interessano milioni di persone e durano ore. Di fronte a una situazione come quella dipinta, non stupisce che tantissimi cubani abbiano deciso di lasciare il Paese, per trovare fortuna altrove. Si stima che nell'ultimo anno siano stati circa 250 mila (ossia il 2% degli 11 milioni di abitanti di Cuba) i cittadini a essere emigrati negli Stati Uniti. Un numero particolarmente alto, che supera l'ondata migratoria di Mariele del 1980 e quella della crisi del 1994 messe insieme. Le organizzazioni umanitarie parlano di una fuga «da tempo di guerra». E secondo gli esperti - riporta il New York Times - mentre le crisi del passato hanno raggiunto il loro apice nel giro di un anno, l'attuale migrazione potrebbe essere destinata a proseguire per molto più tempo, minacciando la stabilità di un Paese in cui vive già una delle popolazioni più anziane dell'emisfero. 

Minaccia per gli USA

Ma l'esodo di massa di cittadini cubani non preoccupa solo la nazione caraibica. Anche gli Stati Uniti sono chiamati a rispondere alla sfida, dal momento che molte delle persone che scappano dall'isola decidono di spostarsi proprio negli States. Di conseguenza, dopo il Messico, Cuba sta diventando una delle maggiori fonti di immigrazione. E non solo. Questo fuggi-fuggi di abitanti ha contribuito in modo determinate all'affollamento di migranti al confine tra Stati Uniti e Messico. Una situazione che non è piaciuta al presidente Biden, che ha prontamente parlato di «serio problema di sicurezza nazionale». Anche se, a dirla tutta, alcuni esperti sostengono che sia proprio la politica statunitense adottata dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba ad alimentare la crisi migratoria. 

Ma cos'è successo tra Stati Uniti e Cuba? Per capirlo bisogna fare un passo indietro. Per attirare gli elettori cubano-americani nel sud della Florida, l'amministrazione Trump aveva scartato la politica di impegno del presidente Obama. Politica che prevedeva il ripristino delle relazioni diplomatiche e l'aumento dei viaggi verso l'isola. Trump aveva totalmente ribaltato la situazione, introducendo una campagna di «massima pressione» che ha inasprito le sanzioni contro Cuba oltre ad aver imposto forti limiti alla quantità di denari che i cittadini cubani possono ricevere dalle loro famiglie che si trovano negli Stati Uniti. «Non si tratta di una scienza missilistica», confessa al New York Times Ben Rhodes, ex vice consigliere per la sicurezza sotto Obama nonché persona di riferimento per i colloqui con Cuba. «Se si devasta un Paese a 150 chilometri dal confine con le sanzioni, la gente verrà al confine in cerca di opportunità economiche».

Ma nonostante Biden abbia ora iniziato a rivedere alcune delle politiche di Trump, sembra ancora troppo presto per vedere la luce in fondo al tunnel. Quale sia la soluzione per salvare Cuba dal suo velocissimo spopolamento non è ancora chiaro. Recentemente - citiamo sempre il New York Times - Washington ha annunciato che a partire dall'inizio del 2023 riavvierà i servizi consolari all'Avana e rilascerà almeno 20.000 visti ai cubani, in linea con gli accordi di lunga data tra le due nazioni. In questo modo, i funzionari sperano si riesca a dissuadere alcune persone dal tentare di intraprendere viaggi «pericolosi» verso gli Stati Uniti. Dal canto suo, l'Avana ha accettato di riprendere ad accettare i voli dagli USA dei cubani che vengono espulsi. Il che non è che un'altra mossa per scoraggiare l'immigrazione. Contemporaneamente, oltre ad aver revocato le drastiche misure di Trump, Biden avrebbe anche revocato il limite massimo di denaro che i cubani americani possono inviare ai parenti, autorizzando una società statunitense a elaborare i bonifici verso Cuba. Tuttavia, secondo il New York Times il presidente statunitense continua ad agire in modo ondivago perché teme le reazioni della potente comunità anticastrista di Miami e - soprattutto - del senatore democratico Robert Menéndez, a capo della Commissione Esteri. Pur restando al stesso tempo molto allarmato dalla situazione sull'isola.