Chi è Cheng Lei, «la giornalista arrestata senza spiegazioni» in Cina tre anni fa?

Agosto 2020. Poco più di tre anni fa, la giornalista australiana Cheng Lei veniva arrestata in Cina. La notizia fece scalpore perché, in un primo momento, venne detenuta senza alcuna accusa formale nei suoi confronti. Ottobre 2023. Oggi, la donna — ex volto noto di China Global Television Network — è tornata a Melbourne. La conferma è arrivata dal premier australiano, Anthony Albanese, il quale ha confermato che Cheng è tornata a casa e si è riunita dalla sua famiglia. Tuttavia, ancora oggi, le ragioni della sua detenzione nel Paese del dragone sono per lo più segrete. Proviamo a far chiarezza su che cosa accadde.
Partiamo dalle origini. La giornalista «arrestata senza spiegazioni» è originaria della provincia di Hunan, in Cina, ma possiede anche la cittadinanza australiana poiché ha vissuto nel Paese fin dalla tenera età. Per questo motivo, quindi, i media fin da subito parlarono di «giornalista australiana». Anche se la donna, in seguito, era tornata proprio in Cina nel 2003, per costruire la sua carriera televisiva. Prima con CNBC e poi con la CGTN, la tv statale in lingua inglese per la quale lavorava al momento dell'arresto, come conduttrice in un programma di economia.
Nell'agosto del 2020, Cheng Lei venne quindi arrestata a Pechino dai servizi di sicurezza, e in seguito venne detenuta in «sorveglianza residenziale in un luogo designato», altresì conosciuta come RSDL. In altre parole, in una rete di detenzione segreta cinese che consente alle autorità di trattenere una persona senza accuse per un massimo di sei mesi. Di più, negando l'accesso ad avvocati, servizi consolari e familiari. E non solo. Secondo quanto riporta il Guardian, la RSDL è stata definita dagli esperti delle Nazioni Unite una forma di «sparizione con rischio di tortura». E senza alcun contatto con il mondo esterno.
La faccenda, quindi, sembrava grave. Per qualche tempo, le tracce della giornalista si persero e non vennero rilasciate dichiarazioni. Le ragioni della sua detenzione restarono ignote per mesi. Fino a febbraio 2021, quando le autorità cinesi rilasciarono qualche informazione in più. La giornalista, si venne a sapere solo a quel punto, era stata formalmente accusata in quanto sospettata di «aver fornito illegalmente segreti di Stato all'estero, a cui aveva accesso attraverso il suo lavoro, a un'entità straniera tramite telefono». Per il processo nei suoi confronti — anch'esso tenutosi nella totale segretezza cinese — si dovette aspettare più di un anno. Il verdetto venne ripetutamente rinviato, prima di che la Seconda Corte Intermedia del Popolo di Pechino condannò la donna a 2 anni e 11 mesi di reclusione per la sua «attività illegale», con tanto di pena di espulsione dal Paese.
Nel corso degli anni di detenzione si seppe sempre poco della donna. Lo scorso giugno, a quasi tre anni di detenzione, la donna aveva scritto una «lettera d'amore» all'Australia, suo Paese adottivo, in cui raccontava di «desiderare la luce del sole, la vita all'aria aperta e la sua famiglia». E che più di tutto, oltre ai suoi figli, le mancavano «l'umorismo nero del tempo di Melbourne, la teatralità tropicale del Queensland e l'infinito cielo blu dell'Australia occidentale». In quella stessa lettera, la donna aveva rivelato di poter assaporare la luce del sole solamente attraverso la finestra della sua cella, dal momento che le era concesso uscire solo per 10 ore all'anno.
Lo scorso mese, il premier australiano aveva fatto sapere di aver parlato con il suo omologo cinese, Li Qjand, a Giacarta, esortandolo a comprendere come tutti gli australiani volessero rivedere Cheng Lei riunita ai suoi figli. Di più, in tutti questi anni, non si seppe. Oggi, però, finalmente, la donna ha fatto ritorno nella sua Australia. Secondo quanto riferito dal ministero della Sicurezza dello Stato, la donna è stata espulsa dall'Ufficio per la sicurezza nazionale, «in conformità con la legge».
«È una persona molto forte, quando le ho parlato era felicissima di essere tornata a Melbourne», ha dichiarato Anthony Albanese. «Il governo continuerà a fornire supporto a lei e alla sua famiglia. La nostra attenzione rimane rivolta ai suoi interessi e al suo benessere, e chiediamo che la sua privacy e quella della sua famiglia siano rispettate in questo momento, mentre si adatta a quello che è stato, ovviamente, un periodo molto difficile e traumatico della sua vita». E che, ancora oggi, rimane per lo più avvolto da una nube di mistero.