Chi è Shamima Begum, la «Sposa dell'ISIS» a cui è stata tolta la cittadinanza inglese

Shamima Begum. Il suo nome, nelle ultime ore, è apparso su tutti i media britannici e su tante testate internazionali. Su Twitter, addirittura, ha scalato le classifiche, posizionandosi al primo posto delle tendenze del Regno Unito. Il motivo? Alla 23.enne, originaria del Bangladesh, è stata revocata la cittadinanza britannica. La motivazione è da ricercare nella scelta che la giovane, conosciuta anche come «Sposa dell'ISIS», fece nel 2015. Anno in cui si lasciò alle spalle la Gran Bretagna per volare verso la Siria, con l'intenzione di unirsi al gruppo terroristico. Un caso, il suo, che sta facendo ancora discutere. Soprattutto, dopo la decisione presa oggi dal giudice Robert Jay. Vediamo perché.
I fatti
Tutto inizia, come detto, nel 2015. Shamima Begum, all'epoca appena 15.enne, decise di cambiare totalmente vita e di trasferirsi, insieme a due compagni di scuola, in Siria, con lo scopo di unirsi all'ISIS. Il gruppo, che studiava alla Bethnal Green Academy, una scuola superiore nella zona est di Londra, desiderava raggiungere un altro compagno di classe che aveva compiuto lo stesso passo solo qualche mese prima. Durante la sua permanenza in Siria, la ragazza sposò un combattente dell'ISIS e trascorse diversi anni a Ragga. Ebbe due figli, che tuttavia morirono durante l'infanzia a causa della malnutrizione e delle pessime condizioni igieniche che li portarono a sviluppare malattie letali. Tutto, in qualche modo, cambiò nel 2019. Ma non in positivo. In quell'anno, Shamima (allora 19.enne) si spostò ad al-Hawl, campo profughi siriano popolato da quasi 40.000 persone. In quel momento, era in attesa del terzo figlio. E proprio per questa ragione, rivolse un appello disperato al Regno Unito, chiedendo di poter tornare nel Paese per dare alla luce il bambino.
La revoca della cittadinanza
Il problema iniziò in quel frangente. Begum aveva implorato il governo britannico affinché esaudisse la sua richiesta, facendo rimbalzare la notizia della sua vicenda su diverse testate internazionali. Ma a nulla valse lo sforzo: il 19 febbraio del 2019, quattro anni fa, l'allora ministro degli Interni Sajid Javid le tolse la cittadinanza britannica. La giovane fu costretta a partorire, ancora una volta, in Siria. Anche questa volta, il neonato morì di polmonite quando aveva a malapena un mese.
Più di un anno dopo, nel giugno del 2020, la Corte d'appello britannica stabilì che la giovane sarebbe potuta tornare nel Regno Unito, unicamente per far ricorso contro la decisione di revocarle la cittadinanza inglese. Tuttavia, il ministero dell'Interno britannico fece a sua volta ricorso contro la decisione della Corte d'appello, ricevendo l'approvazione nel febbraio 2021 della Corte Suprema britannica. Di conseguenza, Shamima Begum si rivolse all'apposito tribunale d'appello (lo Special Immigration Appeals Commission), volto a sostenere tutti coloro a cui, come lei, è stata tolta la cittadinanza. Tribunale che, tuttavia, questa mattina ha dichiarato che la decisione presa quattro anni fa era legittima.
Tra sostenitori e contrari
La notizia, comunicata oggi, ha fatto immediatamente scalpore. Su Twitter, in particolare, il suo nome è andato in tendenza assieme alla frase «She is British». Lei è britannica. Innumerevoli i commenti che sui social si esprimono sul caso. Sia a sostegno della scelta del tribunale, che profondamente contrari.
Gli avvocati della giovane, a sentenza conclusa, hanno dichiarato che si tratta di «un'occasione persa per rimediare a un profondo errore e a una continua ingiustizia». Anche Amnesty International non ha mancato di commentare quanto accaduto, definendo la decisione «molto deludente». Secondo quanto riferisce la BBC, Steve Valez-Symonds, direttore per i diritti dei rifugiati e dei migranti nel Regno Unito, ha invece affermato che il potere di bandire un cittadino come Shamima Begum non dovrebbe esistere nel mondo moderno. «Si tratta di una persona gravemente sfruttata da bambina. Insieme a migliaia di altre persone, tra cui un gran numero di donne e bambini, questa giovane donna britannica è ora intrappolata in un pericoloso campo profughi in un Paese devastato dalla guerra, lasciata in gran parte alla mercé di bande e gruppi armati». Valez-Symonds, inoltre, ha sottolineato: «Il ministro dell'Interno non dovrebbe potersi occupare di esiliare i cittadini britannici, privandoli della loro cittadinanza».
Ma chi sta dall'altro lato, ossia Javid, il ministro che nel 2019 rimosse la cittadinanza alla ragazza, è chiaramente di un altro parere, e non mostra alcun rimorso nei confronti della sua decisione. «La sentenza di mercoledì ha confermato la mia decisione di rimuovere la cittadinanza di un individuo per motivi di sicurezza nazionale. Si tratta di un caso complesso, ma i segretari agli Interni dovrebbero avere il potere di impedire l'ingresso nel nostro Paese a chiunque sia considerato una minaccia per esso», ha scritto su Twitter, raccogliendo centinaia di commenti, in questo caso prevalentemente contrari. «Decisione crudele. Non sostengo le sue azioni (di Shamima Begum, ndr) e sosterrei un suo processo, ma questo è disumano. Era una bambina quando ha preso la sua decisione. Senza cuore!», scrive un utente, a cui risponde un'altra persona criticando alcune dichiarazioni rilasciate negli anni da Begum. «Ed era adulta quando nel 2019 disse che gli attentati di Manchester erano meritati!!!».
«Non sono una persona cattiva»
Nel frattempo, Shamima Begum aveva più volte provato a lanciare appelli pubblici. Recentemente, riferisce sempre la BBC, è apparsa in un documentario (realizzato proprio dall'emittente britannica) a lei dedicato, intitolato «The Shamima Begum Story». La sua vicenda è stata narrata anche in una serie di podcast, sempre a cura della BBC. La giovane ha sfruttato la possibilità di far sentire la sua voce, dichiarando di non essere una persona cattiva, pur sapendo che l'opinione pubblica britannica per la maggior parte la considera un pericolo. Secondo la 23.enne, si tratta solo di un effetto della rappresentazione mediatica che ha avuto il suo caso, in tutti questi anni. Per il tribunale d'appello, tuttavia, non c'è storia che tenga.