Chi era Charlie Kirk, l’attivista Maga ucciso in un campus nello Utah davanti a tremila studenti

L’America si interroga dopo l’uccisione di Charlie Kirk, 31 anni, astro nascente della destra conservatrice e volto di riferimento del movimento Maga. Il leader di Turning Point USA è morto colpito al collo da un proiettile durante un evento alla Utah Valley University (UVU).
Una dinamica da cecchino
Secondo le autorità, il killer potrebbe aver sparato dal tetto di un edificio a circa 200 metri di distanza, in una dinamica che ricorda l’attentato in Pennsylvania contro Donald Trump. Jeff Long, capo della polizia universitaria, ha spiegato che l’uomo era vestito di nero e ha esploso un solo colpo, nonostante la presenza di tremila persone al raduno e un servizio di sicurezza privato predisposto dall’organizzazione. Proprio sul livello di protezione offerto all’evento – in un campus che conta 40 mila studenti – si sono già accese polemiche.
Video amatoriali mostrano studenti in fuga nel panico. In uno si vede la testa di Kirk scattare indietro mentre il sangue gli cola dal collo. L’attivista stava parlando sotto a una tenda con lo slogan «The American Comeback», prima tappa di un tour nazionale in 15 campus.
Le immagini della sparatoria hanno fatto rapidamente il giro dei social media. Video girati con i cellulari mostrano il momento in cui Kirk viene colpito al collo e gli studenti fuggono nel panico. Alcuni filmati, giudicati troppo crudi, sono stati rimossi dalle piattaforme, ma continuano a circolare su Meta, Reddit, YouTube e X.
La diffusione di questi contenuti ha aperto un dibattito sulla moderazione: da un lato chi chiede la rimozione immediata per rispetto della vittima e della famiglia, dall’altro chi rivendica il diritto di documentare e condividere quanto accaduto.
Arresti, rilascio e confusione nelle indagini
L’operazione di evacuazione è durata ore. Alla fine, la polizia ha annunciato di avere un sospettato in custodia. Il direttore dell’FBI Kash Patel lo ha confermato pubblicamente, ma poco dopo la situazione si è fatta confusa: il commissario del Dipartimento di Pubblica Sicurezza dello Utah ha parlato di un sospettato «a piede libero», mentre il governatore Spencer Cox ha assicurato che un uomo era sotto interrogatorio. Cox ha inoltre chiarito che la prima persona fermata sul posto, George Zinn, non è l’assassino ma sarà accusato di ostacolo alla giustizia. L’agente speciale dell’FBI responsabile dell’inchiesta, Robert Bohls, non ha confermato alcun arresto.
Ore dopo, un uomo fermato era stato rilasciato: il segno che le indagini restano aperte e prive di certezze.
Le reazioni: dal cordoglio all’accusa di «omicidio politico»
Il governatore Cox non ha dubbi: «Vogliamo essere chiari che quello di Charlie Kirk è stato un assassinio politico».
Donald Trump ha definito Kirk «il grande, e persino leggendario», ricordandolo come «l’uomo che meglio di chiunque altro aveva capito il cuore della gioventù americana». In un video, ha accusato la «sinistra radicale» di aver alimentato per anni un clima di odio contro conservatori come lui, parlando di «retorica direttamente responsabile per il terrorismo che stiamo vedendo nel nostro Paese».
Da Londra è arrivato il commento del premier britannico Keir Starmer: «Dobbiamo essere tutti liberi di discutere apertamente e liberamente, senza paura: non può esserci alcuna giustificazione per la violenza politica», ha scritto su X, esprimendo cordoglio e vicinanza alla famiglia di Kirk: «una giovane famiglia è stata derubata di un padre e di un marito».
il ministro degli Esteri Yvette Cooper si è detta «profondamente scioccata», mentre la leader conservatrice Kemi Badenoch ha parlato di «un colpo a tutto ciò che rappresenta la civiltà occidentale». Il leader dei Liberal Democratici Ed Davey ha ricordato che «la violenza politica non dovrebbe avere alcun posto nella società», e Nigel Farage ha definito l’omicidio «un giorno molto buio per la democrazia americana».
Joe Biden ha twittato: «Non c’è posto nel nostro Paese per questo tipo di violenza. Deve finire ora. Jill e io preghiamo per la famiglia e i cari di Charlie Kirk». Barack Obama ha parlato di «violenza spregevole che non ha spazio nella nostra democrazia», esprimendo solidarietà alla moglie Erika della vittima e ai due figli piccoli.
Messaggi di cordoglio sono arrivati anche da Israele. Benjamin Netanyahu lo ha definito «un amico di Israele dal cuore di leone, assassinato per aver detto la verità e difeso la libertà».
Più provocatoria la reazione di Dmitrij Medvedev, ex presidente russo e ora vicepresidente del Consiglio di Sicurezza, che su X ha scritto: «Crimini politici e omicidi sono stati commessi ultimamente da una varietà di feccia liberale di sinistra che sostiene Kiev. Fico, Kirk. Chi sarà il prossimo?».
Chi era Charlie Kirk, l’attivista Maga che aveva conquistato la destra americana
Charlie Kirk, 31 anni, era diventato in pochi anni una delle figure più influenti della destra giovanile americana, fino a diventare uno dei volti simbolo del movimento Maga e un alleato di Donald Trump.
Residente in Arizona con la moglie Erika e due figli piccoli, Kirk si era imposto giovanissimo: a soli 18 anni, nel 2012, aveva fondato Turning Point USA, un’organizzazione destinata a diventare la più importante realtà conservatrice studentesca degli Stati Uniti, con sedi in oltre 850 college. Il suo obiettivo dichiarato era radicare idee e leadership di destra nelle nuove generazioni.
Con l’elezione di Donald Trump, Kirk era diventato un habitué della Casa Bianca. Invitato tra gli ospiti d’onore all’insediamento del tycoon, aveva guadagnato spazio come consigliere informale, arrivando a influenzare la selezione dei candidati repubblicani e a testarne la lealtà all’ex presidente. Trump lo definiva «una rockstar del movimento Maga».
Kirk era noto per i suoi toni combattivi. Negli anni aveva promosso battaglie conservatrici ma anche diffuso teorie controverse e disinformazione: dal negazionismo climatico alla teoria critica della razza, fino alle posizioni sul Covid. Questo stile gli aveva attirato critiche ma anche un’enorme popolarità tra i giovani conservatori.
La sua forza non era solo organizzativa: Kirk aveva costruito un vero impero mediatico. Con un podcast seguitissimo, milioni di follower sui social, e libri di successo come The Maga Doctrine (2020), era diventato milionario. Turning Point USA, da lui guidata, registrava entrate milionarie e organizzava eventi affollati nei campus, spesso con il suo celebre tavolo «Prove Me Wrong», dove sfidava gli studenti a contraddirlo.
Per i suoi sostenitori era un difensore della libertà di parola e dei valori «giudaico-cristiani». Per i critici, un abile comunicatore che cavalcava teorie divisive. Quel che è certo è che Charlie Kirk aveva saputo conquistare un ruolo unico: ponte tra la politica trumpiana e la generazione dei ventenni e trentenni americani. La sua morte, avvenuta proprio sotto il fuoco di un’arma da fuoco, lascia un’ombra paradossale su quella dichiarazione che aveva fatto discutere: «Sono a favore della libera circolazione di armi. Ben vengano alcuni morti accidentali, se servono per la sicurezza degli Stati Uniti». Una frase che oggi risuona come un drammatico cortocircuito con la sua stessa sorte.