Musica e tensioni

Come (e dove) nasce il mito di Pupo in Russia?

Il recente caso legato alla (mancata) partecipazione a un festival russo ha mostrato una volta di più l’incredibile popolarità nell’Est europeo dei cantanti dei Sanremo anni Ottanta
© ANGELO_TRANI
Stefano Olivari
09.05.2023 09:32

Alla fine Pupo non è andato al Cremlino, ma dopo il caso internazionale legato a lui la domanda di fondo rimane: perché i cantanti italiani, soprattutto quelli anni Settanta e Ottanta, sono così popolari in Russia e nei paesi dell’Est Europa? Una situazione che non si verifica per nessun altro tipo di musica pop, nemmeno per quella dominante che proviene da Inghilterra e Stati Uniti. 

Road to Yalta

Il caso Pupo è nato il 29 aprile, quando è diventata ufficiale la sua partecipazione a Road to Yalta, come giurato. Non una manifestazione canora qualsiasi, va detto, ma un festival incentrato su canti di guerra, con sede non in un palazzo dello sport ma al Cremlino. Partecipanti arrivati da 15 nazioni, ognuno con la canzone di guerra più famosa della sua terra, e duetti con cantanti russi. Pupo in questa occasione (il festival si è tenuto il 2 maggio) non ha partecipato né come cantante né come giurato, dopo le polemiche nate in Italia sull’opportunità della sua scelta in un momento storico del genere. Sul palco a rappresentare l’Italia sono andati due semisconosciuti come Cassandra De Rosa, ex concorrente di Amici di Maria De Filippi una quindicina di anni fa, nell’edizione vinta da Marco Carta, e Simone Romano, vincitore del Cantagiro 2019. Non che gli altri Paesi abbiano proposto dominatori delle hit parade internazionali (dagli Stati Uniti è arrivato tale Artur Garfankel, tarocco del più noto Art Garfunkel), infatti alla fine la manifestazione è stata vinta dall’indonesiano Laurentius Raymond Pardamean. Quanto a Pupo, di sicuro nei prossimi anni tornerà su un palco dove si è esibito nel 2021, cantando Bella Ciao insieme a un coro russo. 

Pupo contro Albano

Pupo prima di rinunciare a questo festival al Cremlino era stato criticato anche da Al Bano, come lui amatissimo in Russia e più di lui conoscente personale di Putin, che in occasione di uno dei tanti concerti aveva voluto parlargli a tu per tu, dichiarandogli la propria stima. Aneddoto (fonte: Al Bano) che spiega molto, visto che nessuno ha memoria di un Putin così espansivo, in versione piccolo fan. Ma oltre a Pupo e Al Bano, sia da solo sia con Romina Power, ci sono nati altri artisti della loro epoca, cioè con il massimo del successo negli anni Settanta ed Ottanta, a essere popolari in Russia e in generale nell’Est Europa: Riccardo Fogli, Drupi, i Ricchi e Poveri, Toto Cutugno, i Matia Mazar sono quelli che potrebbero fare 365 concerti all’anno nei paesi dell’ex Unione Sovietica, dal Kazakistan all’Ucraina, e fare sempre il tutto esaurito, ma un certo riscontro hanno anche i Pooh, Gianni Morandi, Celentano e addirittura, sia pure in una nicchia, i cantautori italiani più impegnati. A Mosca sono apprezzati ma non idolatrati Laura Pausini ed Eros Ramazzotti, per citare generazioni diverse, e in generale la musica italiana anche di oggi gode di un rispetto che non si vede nemmeno in Italia. Ma come nasce il fenomeno? 

Sanremo 1983

Per quasi tutta l’epoca della Guerra Fredda la musica occidentale si ascoltava poco in Unione Sovietica, per lo meno alla televisione e alla radio. Chi conosceva musica straniera ci riusciva con il passaparola e dischi importati ufficiosamente, fenomeno che non riguardava soltanto i Beatles della situazione ma anche cantanti oggi dimenticati (non in Russia, ma in Italia sì) come Robertino Loreti. Certo è che la grande svolta avvenne con il Festival di Sanremo del 1983, di cui la televisione di Stato trasmise in differita la serata conclusiva: una scelta impensabile nell’URSS di Breznev, morto soltanto l’anno prima, ma in quella del misterioso Andropov qualcosa si stava muovendo anche se non ancora ai livelli dell’era Gorbaciov. Era il 5 febbraio 1983, il grande trionfo di Tiziana Rivale con Sarà quel che sarà. Un’edizione in cui decine di milioni di persone per la prima volta videro e ascoltarono musica occidentale, che per fortuna di chi era su quel palco era musica italiana. Con Sanremo 1983 entrarono nelle case russe Toto Cutugno con L’Italiano, i Matia Bazar con Vacanze romane, e lo stesso Pupo con Cieli azzurri, addirittura anche il Vasco Rossi di Vita spericolata. E con i Festival successivi, soprattutto quelli condotti da Pippo Baudo, sarebbe arrivato il turno dei Ricchi e Poveri, di Toto Cutugno, di Al Bano e Romina e degli altri che delle emozioni di quell’epoca d’oro vivono ancora oggi. Ma attenzione, non tutti in Russia ebbero lo stesso successo: soltanto quelli le cui canzoni venivano identificate con la festa, con la gioia, con quell’idea stereotipata ma anche fondata che si aveva dell’Italia. Per questo fra gli italiani amati in Russia non figura Vasco Rossi, che fra l’altro per motivi suoi raramente si è spinto oltre il Canton Ticino.

Ciao 2020

L’effetto nostalgia e il culto degli anni Ottanta si sono poi saldati alla popolarità di questa particolarissima categoria di cantanti italiani, quelli «dei Sanremo di Baudo» anche se in realtà non tutti quei Sanremo erano condotti da Pippo Baudo (ad esempio non quello del 1983, con alla guida Andrea Giordana). E così in Russia hanno successo non soltanto i revival o i Pupo che per la milionesima volta cantano Gelato al cioccolato e Su di noi, ma anche parodie che riguardano in generale tutto lo spettacolo italiano. La più famosa è Ciao 2020, del comico Ivan Urgant, basata su un immaginario (ma neppure tanto) show di Capodanno, con tutti gli ingredienti della musica e della televisione italiana anni Ottanta, così simili a quelli di oggi e concorrenti solo leggermente diversi dagli originali: Niletto Niletti e Claudia Cocca, i Piccolo Grandi, Ornella Buzzi, eccetera, che si esprimono in un italiano così finto da essere vero. Ma anche la parodia è un segno di amore e addirittura quasi di devozione. Gli anni Ottanta italiani non sono ancora finiti e in Russia forse finiranno ancora più tardi che in Italia.

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