Nella cultura di massa

Con Elisabetta se ne va l'ultima icona mondiale

Cinema e televisione, musica, sport: rappresentata in centomila modi e presente ai grandi eventi, era il simbolo del soft power britannico
Stefano Olivari
08.09.2022 21:30

La Regina Elisabetta c’è sempre stata, per quasi tutti. Essendo salita al trono nel 1952 soltanto chi ha più di 80 anni può davvero ricordare un mondo senza di lei a rappresentare il Regno Unito e Paesi collegati: per questo la sua importanza politica, pur notevole per una donna che ha dato udienza a tutti i primi ministri da Winston Churchill a Liz Truss, è secondaria rispetto alla sua onnipresenza nella cultura popolare non soltanto britannica. Un’icona pop suo malgrado ma non a sua insaputa, con la fiction che si è spesso mescolata alla realtà generando migliaia di film, serie televisive, canzoni e libri per i tifosi della monarchia, per i suoi antipatizzanti e soprattutto per i semplici curiosi.

Cinema e televisione

La regina è stata il personaggio con il maggior numero di interpreti fra cinema e televisione: tenendo conto soltanto delle produzioni internazionali, Elisabetta II ha avuto il volto di 24 diverse attrici al cinema e di altre 46 in serie o miniserie televisive. Un calcolo sicuramente per difetto, ma che dà l’idea della popolarità di un personaggio che era, bisogna ricordarselo, anche una persona. Per il pubblico più giovane la Regina ha il volto di Claire Foy, Olivia Colman e Imelda Staunton (nella quinta stagione, non ancora trasmessa) in The Crown, la serie di Netflix mai presa bene dalla famiglia reale: non perché contenga rivelazioni scottanti, anzi da altre parti si è visto di peggio, ma perché rappresenta bene la freddezza nei rapporti personali e familiari dei Windsor. Per quanto riguarda il cinema la regina è invece soprattutto Helen Mirren, in The Queen di Stephen Frears, ma ognuno ha ovviamente la sua Elisabetta preferita. Anche i bambini, che l’hanno vista sotto forma di cartone animato, nel film dei Minions e in Peppa Pig, nella puntata in cui premia la signorina Coniglio per il suo grande impegno nel lavoro: il popolo, l’Inghilterra profonda, la amava. Ma Elisabetta era popolare in ogni contesto: del resto lei non è mai stata divisiva ed ogni suo minimo gesto è stato quindi oggetto di mille interpretazioni.

Musica

La regina è stata citata in migliaia di canzoni e quasi mai, va detto, in positivo. Nella migliore delle ipotesi come rappresentante di una istituzione invecchiata o comunque di un mondo che stava scomparendo. Di sicuro la canzone più famosa con lei dentro è God Save the Queen, l’inno nazionale nella versione dei Sex Pistols, lanciata nel 1977 proprio nel giorno del Giubileo d’argento, i 25 anni di regno: pezzo simbolo dell’antagonismo e della rabbia, non soltanto punk. Senz’altro antimonarchiche Repeat dei Manic Street Preachers e The Queen is Dead, degli Smiths, mentre neutrale è la non memorabile Her Majesty, dei Beatles, ma in pratica del solo Paul McCartney, contenuta nel leggendario album Abbey Road. Non c’è però dubbio, con tutto il rispetto per i musicisti che hanno citato la regina, che la curiosità più grande sia adesso proprio per il God Save The Queen propriamente detto. Inno antico, del 1744, rimaneggiato mille volte, con King al posto di Queen e i pronomi adattati in base al sesso del monarca in carica. Con Carlo sul trono God Save the Queen tornerà God Save the King? Dovesse accadere, ci sarebbe una rivolta popolare come quella che costrinse la regina a presentarsi ai funerali di Lady Diana.

Sport

La regina ha amato soprattutto cavalli e cani, per lei lo sport è stato soprattutto vita all’aria aperta e una discreta frequentazione degli ippodromi. Per questo tutte le altre sue apparizioni sono ricordate bene. In tutta la sua vita è stata a Wimbledon soltanto quattro volte: nel 1957, nel 1962, nel 1977 nell’edizione del centenario quando premiò la vincitrice Virginia Wade e infine nel 2010 quando dal Royal Box vide la partita fra Murray e Nieminen. Limitato anche il rapporto con un altro grande sport creato dagli inglesi, almeno nella sua versione moderna, cioè il calcio. La sua prima partita vista dal vivo come regina fu la finale di FA Cup del 1953, ovviamente nel vecchio Wembley, fra Blackpool e Bolton Wanderers. La più famosa senza dubbio la finale del Mondiale 1966, sempre a Wembley, fra Inghilterra e Germania Ovest, quella vinta grazie anche al non gol di Hurst: ad oggi l’unico grande trofeo vinto dalla nazionale inglese. Maschile, precisiamo, perché a fine luglio le ragazze inglesi sono diventate campionesse d’Europa, venendo prima e dopo ogni partita sostenute via messaggio dalla regina, fino alla vittoria finale sulla Germania. Divertenti le leggende metropolitane che la volevano tifosa di questo o quel club, addirittura alcuni tifosi del Millwall sostenevano che andasse in incognito a guardare le partite: davvero improbabile, così come il presunto tifo per l’Arsenal per fare contento il nipote Harry. Di impatto mondiale la sua presenza alla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi del 2012 a Londra, con l’aggiunta di quel fantastico e autoironico siparietto in stile James Bond, Daniel Craig compreso. Ma è chiaro che il grande amore era l’ippica: come praticante, come proprietaria di cavalli e come spettatrice. Si pensi che lo scorso 4 giugno la Regina non ha potuto essere presente al Derby di Epsom ed era stata soltanto la sua terza assenza in 70 anni di regno.

Icona

Con Elisabetta se ne va l’ultima grande icona mondiale, simbolo del soft power britannico nel mondo. Una donna rappresentata in centomila modi diversi, forse perché sempre uguale a sé stessa. Ufficialmente Elisabetta II ha posato per circa 200 ritratti di artisti come Annie Leibovitz, Justin Mortimer, Lucian Freud, Chris Levine… Ma i più famosi sono quelli non commissionati, come le serigrafie di Andy Warhol che la trattarono come una celebrità fra le celebrità, o come la copertina che Andy Reid fece per il già citato disco dei Sex Pistols. Icona anche di moda? Sicuramente sì, visto che ha anticipato di decenni ciò che oggi ripetono gli stilisti come se fosse una genialata, cioè l’importanza di essere sé stessi. Ecco, lei è sempre stata sé stessa, con i suoi colori vivaci e poco usati da altre, come il fucsia, il giallo e addirittura il viola. I suoi abbinamenti guanti-cappotto, disprezzati per anni, sono stati poi ripresi da molte donne famose, Michelle Obama su tutte. E addirittura il suo abbigliamento da campagna o da equitazione, volutamente trasandato, è stato citato da stilisti come Dolce & Gabbana. La verità è che Elisabetta era una donna senza tempo. Per questo non accettiamo che il suo tempo sia finito: era anche il nostro.

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