Crisi ucraina

«Con il gas russo stiamo pagando la guerra di Putin»

Con l'economista italiano Carlo Cottarelli parliamo di sanzioni alla Russia e delle conseguenze per chi è finito nella lista di Paesi ostili, tra cui figura anche la Svizzera: «Se non si vietano le importazioni di idrocarburi, ogni giorno arriva un miliardo e mezzo di euro a Mosca»
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Michele Montanari
08.03.2022 12:37

Le sanzioni alla Russia sono al momento l’arma principale utilizzata dall’Occidente per contrastare la guerra di Putin in Ucraina. Una serie di misure, adottata anche dalla Svizzera, che mira ad indebolire economicamente Mosca, anche se l’esportazione di gas e idrocarburi russi verso l’Europa al momento non è stata toccata. La Confederazione, secondo Tempi Moderni, il magazine economico della RSI, copre solamente il 7% dei suoi consumi energetici con il gas russo, avendo una maggiore indipendenza in generale in termini di approvvigionamenti. Inoltre dispone di altri «serbatoi» di rifornimento, come il Mare del Nord o i Paesi Bassi. La situazione è però diversa in altri Paesi europei, decisamente più dipendenti dalla fonte energetica proveniente da Est. L’UE in queste ore sta proprio lavorando ad un piano per trovare soluzioni alternative agli idrocarburi russi. Ne parliamo con l’economista italiano Carlo Cottarelli, ex direttore del dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale.

Le sanzioni pesano, ma…
Secondo il professor Cottarelli, «le sanzioni pesano, però non in maniera tale da impedire per ora lo sforzo bellico. Sono ampie ma non hanno ancora toccato quello che sarebbe il punto più debole della Russia, ovvero le esportazioni di idrocarburi». L’economista prosegue: «Le sanzioni coprono il 70% delle operazioni finanziarie russe, solo il 30% delle partecipazioni delle banche russe al sistema di pagamenti SWIFT. Inoltre queste misure bloccano il 50% delle riserve, ma non tutte quelle della banca centrale russa». Per Carlo Cottarelli: «Le sanzioni sono ampie e colpiscono un numero elevato di oligarchi e personaggi di spicco». E infatti i danni sono evidenti, ma non fondamentali, aggiunge l’ex direttore del dipartimento Affari Fiscali del FMI: «Il rublo è caduto e la Russia avrà più difficoltà nel ripagare il proprio debito estero. Ci sarà un effetto, ma col passare del tempo Mosca troverà il modo di aggirare i blocchi. Abbiamo già visto che i Paesi colpiti da sanzioni poi riescono in parte a compensare il problema con triangolazioni, facendo nuove transazioni con i Paesi che non vi hanno aderito. E il fatto che tra questi ci sia la Cina è un grosso problema». Insomma, aggiunge l’esperto: «Con il divieto di importare in Europa gas e petrolio, le sanzioni sarebbero state molto più efficaci, però bisogna vedere quanto siamo disposti a subirne le conseguenze. In ogni caso va accelerata la ricerca di fonti alternative e ridurre la dipendenza dagli idrocarburi russi».

«Stiamo pagando la guerra di Putin»
L’economista italiano recentemente, nella trasmissione «Che tempo che fa» di Fabio Fazio, ha dichiarato: «Se non si vietano le importazioni (di gas russo da parte dell’Occidente, ndr), ogni giorno arriva un miliardo e mezzo di euro a Mosca». La domanda, provocatoria, sorge spontanea: stiamo pagando la guerra di Putin? Carlo Cottarelli non ha dubbi: «Certamente, è chiaro. D’altro canto il blocco delle importazioni russe di gas e petrolio provocherebbe un danno molto forte ai Paesi occidentali, soprattutto a quelli che ne importano grandi quantità, come l’Italia e la Germania». Paesi che, come tutti quelli che hanno aderito alle sanzioni, sono entrati nella «blacklist» russa e considerati ostili. Ma, in questo senso, quanto pesa la risposta del presidente russo? Al momento non molto, secondo l’economista: «Allo stato attuale, le misure di Mosca non contano molto. I "creditori ostili" saranno pagati in rubli, cioè cartastraccia o quasi, anche su titoli denominati in altre valute. Questo è un danno per le aziende esposte alla Russia, ma non è così fondamentale nel complesso dell’economia dei vari Paesi colpiti». Il Cremlino potrebbe comunque decidere misure più drastiche, ma questo «dipende dall’evolversi della guerra», sottolinea Cottarelli.

Il popolo russo si ribellerà?
Tornando alle sanzioni, queste colpiscono direttamente il popolo russo, ma non è detto che le conseguenze economiche possano impressionare Putin. Il ricercatore indipendente Luca Lovisolo, in una puntata di Omnibus, andata in ondata su LA7 lo scorso 7 marzo, ha evidenziato come il presidente russo da anni faccia «marcire ospedali, scuole e infrastrutture per fare guerre e costruire opere faraoniche a fini di propaganda». Una maggioranza di cittadini potrebbe, sì, arrivare a ribellarsi, ma non a tal punto da far cadere lo «zar», dato che il suo sembra un copione scritto e riscritto. Carlo Cottarelli in tal senso fa notare che: «In Paesi come il Venezuela o l’Iran, sottoposti a sanzioni per molti anni, non c’è stato un cambiamento di regime. Dunque sembra difficile che questo possa accadere in Russia, non si puoi mai dire. Io comunque penso che fosse necessario imporre le sanzioni, anche perché diventano uno strumento di futura negoziazione quando, speriamo a breve, ci sarà l’interruzione delle ostilità».

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