Corea controcorrente: i movimenti antifemministi dividono il Paese

Seul. Una manifestazione femminista è interrotta da un uomo travestito da Joker che si aggira con una pistola ad acqua, “sparando” sulla folla. A indossare la maschera del cattivo di Batman è Bae In-gyu, il capo fondatore di New Men’s Solidarity, un’organizzazione antifemminista che ha fatto scalpore negli ultimi mesi in Corea del Sud. Quasi 400 mila iscritti al canale YouTube, 20 mila membri nella comunità online e più di 40 mila su Discord sono i numeri che il 31.enne fornisce quando gli si chiede quanti siano i suoi seguaci. Un unico ideale accomuna tutti gli appartenenti al gruppo: sradicare il femminismo, colpevole – a detta loro – di aver messo in cattiva luce il genere maschile nella lotta verso la rivendicazione dei propri diritti. «È vero, le donne in Corea erano molto oppresse», spiega Bae In-gyu ai microfoni di Asian Boss, in un’intervista pubblicata su YouTube. «Un tempo non potevano nemmeno consumare i pasti allo stesso tavolo degli uomini. Non mi oppongo ai diritti delle donne, questo deve essere chiaro, ma ci sono stati degli effetti collaterali».
In Corea del Sud sarebbe dunque in corso un’inversione di tendenza, dove sono gli uomini a sentirsi discriminati, minacciati ed emarginati, secondo quanto sostengono i seguaci di New Men’s Solidarity. Addirittura, stando ai dati della Commissione Nazionale per i Diritti Umani del Paese, “donne” e “femministe” avrebbero scalato le classifiche degli argomenti più comuni in termini di odio online in Corea. Come evidenzia il New York Times, un ricercatore coreano attribuisce le colpe di questo odio contro le femministe agli avvenimenti del passato, che hanno importanti ripercussioni sull’attuale presente coreano. «Gli uomini di 20 anni sono profondamente infelici, dal momento che si considerano vittime al contrario delle discriminazioni contro le donne degli anni passati, create dalle generazioni precedenti», chiarisce il ricercatore.

Le donne non vogliono l’armonia?
«Facciamola semplice: gli uomini e le donne sono diversi. Ci sono cose che le donne fanno peggio degli uomini» sottolinea Bae In-gyu, che quindi propone: «Perché non cominciare a riconoscere queste differenze, per poi accettarle una volta per tutte?». A detta del giovane, infatti, gli uomini e le donne dovrebbero essere in grado di sopperire alle reciproche debolezze, per favorire un progresso comune. È a questo proposito che il capo del movimento introduce nel discorso il tema della «Gender Harmony», letteralmente “armonia di genere”, che consisterebbe nel raggiungimento di un equilibrio e di una sensazione di pace tra uomini e donne. Le femministe vengono però accusate da In-gyu di sfavorire tale processo, alimentando al contrario dell’odio immaginario nei confronti degli uomini, che non fa altro che causare più divisioni tra i due generi. Le femministe radicali che secondo Bae In-gyu costituiscono il vero gruppo «da temere» sarebbero infatti considerate “misandrists”, o per dirla in italiano “misandriche”, un termine che ancora non compare ufficialmente nei dizionari, ma che descriverebbe il loro essere incapaci di focalizzarsi sulla parità di genere.
«Poteva buttarsi anche Rose!»
I problemi che derivano dai movimenti femministi, secondo il fondatore, sono riscontrabili in diversi contesti, abitudini e situazioni. Ed è con un esempio alquanto inaspettato che giustifica la sua posizione all’intervistatore. «Lei ha mai visto Titanic?», chiede al suo interlocutore, invertendo momentaneamente i ruoli. A seguito della risposta affermativa, In-gyu incalza il giornalista: «Jack si è dovuto sacrificare per Rose. È l’uomo che ha dovuto rinunciare alla sua vita per la donna. Che bella storia d’amore». Per il capo degli antifemministi coreani, il racconto avrebbe dovuto avere un altro lieto fine. «In un mondo in cui l’armonia tra uomo e donna regna sovrana, Jack non si sarebbe mai buttato dalla zattera. Avrebbero dovuto giocare a carta-forbice-sasso per sorteggiare colui a cui spettava il sacrificio massimo». Un finale diverso, difficile da immaginare, che lascia momentaneamente confuso e perplesso l’intervistatore, rimasto imparziale fino a quel momento.

«Ci si mette» anche la pubblicità
La «cospirazione» non si ferma qui. Anche diverse aziende sono state ritenute colpevoli, da parte del gruppo, di divulgare messaggi sbagliati nei confronti degli uomini, al punto tale da dover ritirare alcune pubblicità. Per esempio, GS25, un’importante catena di minimarket sudcoreani, ha recentemente realizzato un annuncio pubblicitario in cui veniva riprodotta l’immagine stilizzata di una mano che pizzica una salsiccia, tra pollice e indice. Un gesto banale, ricorrente quando si vuole rendere concretamente le dimensioni di un oggetto particolarmente piccolo. Non in questo caso, però, almeno sempre secondo i seguaci di Bae In-gyu che nel gesto hanno identificato un preciso codice femminista – utilizzato da un ormai inattivo gruppo di donne sudcoreane nel lontano 2015 – che aveva come unico scopo quello di schernire le dimensioni dei genitali maschili. Finite nel vortice di critiche degli antifemministi, molte aziende si sono dunque viste costrette a modificare i propri annunci pubblicitari, per non scatenare un’ira ancor più violenta.
Toni pacati, intenzioni meno
Le accuse del movimento antifemminista non si sono limitate però ai toni – più o meno – pacati con cui il capo e portavoce del gruppo ha espresso il proprio punto di vista durante l’intervista per Asian Boss. Nonostante su tutto l’arco della chiacchierata Bae In-gyu abbia mantenuto un comportamento civile, sono numerosi gli episodi dove invece la calma è sfuggita agli antifemministi, portando a conseguenze più gravi. Come riporta The New York Times, gli attivisti del gruppo hanno costretto un’università a cancellare una conferenza tenuta da una donna che – a loro dire – avrebbe diffuso «misandria». Non solo: le accuse hanno raggiunto anche donne importanti del Paese, come la campionessa tre volte medaglia d’oro di tiro con l’arco An San, aspramente criticata a causa del suo taglio di capelli corto, che in Corea del Sud viene spesso associato all’acconciatura di una femminista radicale. Non finisce qui: una donna avrebbe inoltre spiegato che la parola “femminista” è diventata così sporca da essere pericolosa. Le ragazze che optano per un taglio corto di capelli o che hanno con sé un romanzo di una scrittrice femminista in Corea del Sud rischiano infatti l’ostracismo.
Il messaggio dietro al costume da Joker
«Voglio chiedere una cosa alle femministe – dice senza tanti giri di parole il capo degli antifemministi -. Se spruzzare dell’acqua su una folla è considerato una minaccia e vestirsi da Joker una violenza, come si potrebbe definire quello che stanno vivendo gli uomini coreani oggigiorno?». Secondo lui e secondo le 15 mila persone che hanno assistito al suo «spettacolo» in livestream, non vi era alcuna violenza nel costume da Joker. Si trattava di «una performance». «Le pistole d’acqua che avevo con me puntavano verso l’alto, mi ero messo nei panni del personaggio di Joker». Bae In-gyu ritiene di aver interrotto la manifestazione «per dovere». In quel momento, infatti, una delle normative in atto contro la pandemia da COVID-19 prevedeva assembramenti di massimo 5 persone per le strade. E le femministe erano in 20. «Mi sono sentito come se fosse mio dovere aggiungere alcuni elementi di intrattenimento – il travestimento da Joker, appunto – per divulgare consapevolezza». Perché proprio il personaggio interpretato, per ultimo, da Joaquin Phoenix? «Perché è un uomo denunciato dalla società, considerato uno psicopatico. È stato un successo enorme», sottolinea fieramente In-gyu.
Qual è, quindi, la soluzione «anti-femminista» ai conflitti di genere? «Gli uomini e le donne sono biologicamente ed emozionalmente differenti. Bisogna riconoscerlo, e bisogna diventare reciprocamente dipendenti l’uno dall’altra, come membri della società, senza promuovere l’equità incondizionata». Un punto di vista che, se abbracciato correttamente, per il leader di New Men’s Solidarity potrebbe portare all’armonia che tutti ricercano. Al momento, però, la Corea del Sud resta spaccata in due metà che non riescono a comunicare tra di loro e a vivere pacificamente.