Così gli USA scaricano la sicurezza ucraina sulle spalle dell'Europa

«Garanzie di sicurezza all'Ucraina? L'Europa dovrà fare la parte del leone». In un'intervista a Fox News, il vicepresidente statunitense JD Vance chiarisce la posizione americana su uno dei punti più importanti per Kiev nelle trattative in corso per mettere fine alla guerra in Ucraina. «Non penso che noi dovremmo farci carico di questo peso. Credo che dovremmo essere d'aiuto se necessario per fermare la guerra», ha spiegato Vance. «Ritengo che dovremmo aspettarci, e il presidente di sicuro se lo aspetta, che l'Europa svolga un ruolo guida. Qualunque sia la forma che assumerà, gli europei dovranno farsi carico della maggior parte dell'onere».
Il presidente Donald Trump, che nei giorni scorsi ha ricevuto l'omologo ucraino Volodymyr Zelensky e i principali alleati europei a Washington, ha escluso l’impiego di truppe americane sul terreno, ma ha lasciato aperta la possibilità di un sostegno aereo a Kiev. Al tempo stesso, ha chiarito che la responsabilità principale della sicurezza ucraina dovrà ricadere sull’Europa. «È il loro continente, la loro sicurezza», ha ribadito Vance, spiegando come i negoziati si concentrino anche su un altro punto fondamentale: le rivendicazioni territoriali avanzate da Mosca. «Ci sono due grandi domande: l’Ucraina vuole sapere di non essere più invasa e di poter contare a lungo termine sulla propria integrità territoriale; i russi vogliono alcuni territori, la maggior parte già occupati, altri ancora no», ha spiegato Vance, aggiungendo che un incontro diretto tra i presidenti Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin potrebbe rappresentare un passo decisivo nei colloqui.
Il nodo
Negli ultimi mesi, alcuni Paesi europei hanno formato una «coalizione dei volenterosi», un gruppo di Stati disposti a impegnare le proprie forze per garantire la sicurezza dell'Ucraina in caso di nuove aggressioni. Ma come? Un’ipotesi al vaglio è quella di un meccanismo di sicurezza modellato sull’articolo 5 della NATO, secondo cui un attacco contro un membro equivale a un attacco contro tutti. Una mini-NATO cucita appositamente per Kiev, sulla quale pesa il veto USA per l'entrata ufficiale nell’Alleanza atlantica.
Mosca, dal canto suo, insiste affinché la Russia sia parte integrante dei colloqui su eventuali garanzie di sicurezza. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha avvertito che tentare di escludere il Cremlino sarebbe «una strada senza sbocco». Una posizione, evidentemente, condivisa dallo stesso vicepresidente statunitense, che per il leader russo Vladimir Putin ha usato parole al miele nell'intervista a Fox News: «Putin si è dimostrato più pacato e riflessivo di quanto descritto dai media americani». Nonostante le difficoltà, Vance ha parlato di «progressi significativi» nelle trattative. «Non si può dire con certezza quale sarà l’esito, ma oggi russi e ucraini stanno discutendo nei dettagli ciò che è necessario a ciascuna parte per fermare i combattimenti e le uccisioni», ha affermato.
Conseguenze
Il distaccamento statunitense, in ogni caso, rappresenta un problema serio per il futuro della difesa ucraina e dell'Europa intera. Certo, negli ultimi mesi il Vecchio Continente si è dimostrato disposto a investire maggiormente nella propria difesa, e a ricoprire un ruolo più importante in quella di Kiev. Ma alcuni aspetti operativi fondamentali - ne avevamo parlato qui - semplicemente non possono essere coperti che dagli Stati Uniti. Da inizio guerra, Washington fornisce a Kiev un supporto di geolocalizzazione degli obiettivi da colpire: informazioni riguardanti la localizzazione di obiettivi militari russi, fissi e mobili, utili non solo per l'offensiva, ma anche per la difesa dello spazio aereo ucraino. Qualcosa di importanza capitale. E qui sta il problema: l'Europa non possiede, nemmeno per se stessa, un network di satelliti e aerei spia in grado di fornire un servizio comparabile, con la localizzazione di obiettivi mobili. È vero: al momento la Casa Bianca non esclude la possibilità di continuare a garantire, anche in futuro, un sostegno aereo a Kiev. Ma le parole di Vance non possono che preoccupare.
Le contestazioni
Desiderosa di smarcarsi dal dossier ucraino, l'amministrazione Trump ha non pochi fronti aperti anche negli Stati Uniti stessi. Lo stesso JD Vance, per dire, nelle scorse ore è stato protagonista di una dura contestazione a Washington. Presente alla Union Station per una distribuzione simbolica di hamburger ai soldati della Guardia nazionale, dispiegata per criticatissimo ordine di Donald Trump, il vicepresidente è stato accolto da cori di protesta, con alcuni manifestanti che hanno accusato la Casa Bianca di voler «militarizzare» la capitale. La contestazione è proseguita mentre Vance e i funzionari della Casa Bianca parlavano con i giornalisti, accompagnata da cartelli e cori che collegavano la situazione di Washington ad altri contesti di occupazione.
Interpellato dai cronisti, Vance ha difeso la presenza dei militari, sostenendo che l’area della stazione fosse diventata insicura a causa di «senzatetto, tossicodipendenti e malati mentali». «Union Station dovrebbe essere un monumento alla grandezza americana. Non dobbiamo vivere in questo modo».