Bruxelles

Crisi energetica, ecco le tre direttrici dell'UE

Far scendere i prezzi, garantire le forniture e, al tempo stesso, ridurre i consumi: questo, in sintesi, l'accordo trovato dai 27 capi di Stato , e c'è pure il price cap
© AP
Marco Bresolin
21.10.2022 18:30

È servita una maratona negoziale fino alle 2 di notte, ma dopo oltre dieci ore di trattative i 27 capi di Stato e di governo dell’Unione europea sono riusciti a trovare un accordo sulle misure per affrontare la crisi energetica. Un piano che, come ha spiegato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, corre lungo tre direttrici: far scendere i prezzi, garantire le forniture e, al tempo stesso, ridurre i consumi. Nel pacchetto di misure concordate c’è anche il «meccanismo di correzione dei prezzi», il cosiddetto «price cap» chiesto a gran voce da una quindicina di governi - con quello italiano in testa - e inizialmente osteggiato da un gruppo di Paesi guidati dalla Germania. Il Consiglio europeo ha chiesto alla Commissione di «presentare urgentemente decisioni concrete».

I «se» e i «ma»

Al vertice ci sono stati diversi momenti di tensione, con il presidente francese Emmanuel Macron che ha accusato il cancelliere Olaf Scholz di scegliere la via dell’isolamento. Anche il premier italiano Mario Draghi, al suo ultimo Consiglio europeo, ha fatto un duro intervento per dire che la mancanza di una soluzione avrebbe aiutato Putin e spinto l’UE verso la recessione. Alla fine, però, le resistenze di Scholz e dell’olandese Mark Rutte - che inizialmente avevano chiesto di depennare ogni riferimento al tetto al prezzo dal testo delle conclusioni - sono state superate e Draghi ha esultato: «Il piano accoglie tutte le nostre proposte».

I Paesi più scettici sono però riusciti a inserire nel documento finale l’accento su una serie di «se» e di «ma» che dovranno accompagnare la definizione del meccanismo che prevede la fissazione di un «corridoio di prezzo dinamico temporaneo», da introdurre in attesa di sviluppare un indice di riferimento alternativo al Ttf di Amsterdam. Tra queste, per esempio, c’è la necessità di non mettere a rischio la sicurezza degli approvvigionamenti, di non portare a un aumento dei consumi e di garantire i flussi di gas tra i Paesi UE. Viktor Orban ha inoltre rivendicato di aver messo in chiaro che tale tetto ai prezzi non si applicherà ai contratti a lungo termine in essere. Infine, visto che per approvare il piano basta la maggioranza qualificata, i governi scontenti avranno la possibilità di chiedere la convocazione di un Consiglio europeo straordinario sul tema, dove si decide all’unanimità. Ma Scholz si è detto fiducioso che «non servirà».

Appuntamento al 25 ottobre

«Abbiamo ricevuto un chiaro indirizzo politico», ha riconosciuto al termine del vertice Ursula von der Leyen, confermando che ora toccherà alla Commissione tradurre in termini tecnico/giuridici l’accordo siglato dai leader europei. Dopodiché spetterà ai ministri approvare, ed eventualmente emendare, la proposta: un primo appuntamento è fissato per martedì 25 ottobre, ma già si parla di un nuovo vertice straordinario dei ministri che potrebbe tenersi il 18 di novembre. «Gli effetti delle nostre decisioni si faranno sentire molto presto», ha assicurato Charles Michel, riconoscendo che i primi segnali arrivati dai mercati sono positivi, visto che oggi la quotazione del gas al mercato Ttf è calata significativamente (-12% a 112 euro per Megawattora).

Il modello iberico

Si è discusso anche di un altro modello di «price cap», quello utilizzato in Spagna e Portogallo, che diversi Paesi vorrebbero estendere a livello UE. Si tratta in pratica di una sorta di prezzo amministrato da applicare esclusivamente al gas utilizzato per produrre energia elettrica. Il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare una proposta anche su questo strumento, accompagnandola però da «un’analisi costi-benefici» per valutarne l’impatto. I critici hanno evidenziato le possibili conseguenze negative: innanzitutto i costi, visto che la differenza di prezzo deve essere compensata dalle casse pubbliche, ma anche i rischi legati ai flussi di energia verso Paesi extra-UE che potrebbero così beneficiare di elettricità a costi inferiori sussidiata con fondi pubblici. Questo secondo aspetto non ha rappresentato un problema durante l’applicazione in Spagna e Portogallo perché la penisola iberica ha scarse interconnessioni con gli altri Paesi.

Le misure economiche

Per quanto riguarda la piattaforma per gli acquisti congiunti, il Consiglio europeo ha confermato che il suo utilizzo continuerà a essere su base volontaria. In pratica i governi saranno obbligati ad aggregare la domanda per un volume pari al 15% dei loro stoccaggi, partecipando ad appalti congiunti, dopodiché saranno liberi di decidere se portare effettivamente avanti gli acquisti insieme oppure se farlo separatamente.

Non è stato facile trovare una sintesi nemmeno sulle misure economiche per rispondere alla crisi. L’Italia, la Francia e la Spagna vogliono introdurre un nuovo fondo comune per finanziare gli interventi contro il caro-bollette, mentre il campo guidato da Germania e Olanda insiste nel dire che bisogna prima utilizzare gli strumenti già in campo, come i prestiti del Recovery Fund che ancora non sono stati utilizzati. La formulazione inserita nelle conclusioni lascia aperte tutte le ipotesi, ma lo stesso Draghi ha ammesso che «per un nuovo strumento di debito comune ci vorrà ancora del tempo».