L'editoriale

Da Berlino un'ancora di salvezza per Kiev?

Tutti, in teoria, dopo tanti morti e distruzioni, sono favorevoli a una fine delle ostilità sul terreno, ma le difficoltà appaiono enormi quando si tratta di decidere come giungere a tale obiettivo
Osvaldo Migotto
16.12.2025 06:00

A Berlino, dopo i colloqui tra gli esponenti USA e i rappresentanti di Kiev, uno degli inviati di Trump, Steve Witkoff, ha detto che sono stati fatti molti progressi tra la delegazione statunitense e quella ucraina. Tuttavia negli ultimi mesi le dichiarazioni ottimistiche in ambito negoziale non si sono mai trasformate in svolte concrete. Ieri la diplomazia europea ha cercato di fornire una sponda al presidente ucraino Volodymyr Zelensky impegnato da quasi quattro anni nel disperato tentativo di salvare il suo Paese dalle mire espansionistiche russe. L’Europa, finora messa nell’angolo nel processo di mediazione avviato dalla Casa Bianca nel corso del corrente anno, cerca di ritrovare un suo ruolo nella stabilizzazione del Vecchio continente, ma finora non ha brillato, soprattutto a causa delle divisioni interne che sempre più spesso caratterizzano l’operato del Club di Bruxelles. Ieri però dalla capitale tedesca sono giunte parole incoraggianti sul processo negoziale. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha offerto ospitalità ai negoziatori USA e a quelli ucraini, nonché ai rappresentanti della coalizione dei volonterosi (i Paesi che sostengono con maggiori risorse Kiev dopo la fine degli aiuti americani all’Ucraina), ha parlato di passi significativi verso un’intesa tra Mosca e Kiev, mentre da parte americana l’inviato Steve Witkoff ha addirittura affermato che il 90% delle divergenze tra Mosca e Kiev, in vista di un cessate il fuoco, sarebbero state eliminate. Dichiarazioni che lasciano ben sperare ma che, alla luce delle delusioni del recente passato in ambito negoziale, vanno prese con le pinze. Tra il 10% di questioni ancora irrisolte nelle trattative a distanza tra Mosca e Kiev figura infatti un aspetto essenziale, ossia la spartizione del territorio ucraino che Mosca ambisce a controllare.

Nel Donbass si continua a combattere e a morire, il presidente Zelensky in perdita di consensi dopo il recente scandalo di corruzione che ha travolto alcuni alti esponenti dell’Esecutivo ucraino, rischierebbe dure contestazioni interne se decidesse di concedere a Mosca territori del Donbass ancora sotto controllo delle truppe di Kiev. Tutti, in teoria, dopo tanti morti e distruzioni, sono favorevoli a una fine delle ostilità sul terreno, ma le difficoltà appaiono enormi quando si tratta di decidere come giungere a tale obiettivo. Gli incontri preliminari avvenuti negli ultimi mesi tra gli emissari del presidente USA Trump e alti esponenti del regime russo avevano evidenziato più un appiattimento di Washington sulle posizioni del Cremlino che un vero negoziato volto a raggiungere un compromesso accettabile per entrambi i contendenti. Il presidente americano, con la sua smania di protagonismo e con la sua indole da spregiudicato uomo d’affari, ha finora puntato su una soluzione rapida della crisi, parlando della necessità, per i due contendenti, di accettare dolorose concessioni per poter giungere almeno a un cessate il fuoco. Ma l’impressione, finora, è che i sacrifici maggiori vengano chiesti al Paese aggredito e non all’aggressore. Il presidente russo, dal canto suo, ritiene che il tempo giochi a suo favore. Le opinioni pubbliche di diversi Paesi UE mostrano infatti una crescente insofferenza per le somme ingenti che vengono elargite per sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina, mentre nei Ventisette la crisi economica sta mettendo in difficoltà un numero crescente di famiglie. I vertici UE vorrebbero attingere ai beni russi bloccati dai Ventisette per sostenere Kiev, ma anche su tale scelta vi sono divergenze tra gli Stati membri. A Berlino Kiev attendeva un’ancora di salvezza, ma non è ancora chiaro se arriverà veramente.

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