Dazi, accordo Europa-USA: le merci del Vecchio Continente saranno tassate del 15%

Stati Uniti e Unione Europea hanno trovato l’accordo sui dazi. Le merci provenienti dal Vecchio Continente, comprese le automobili (ma non l’acciaio e l’alluminio) saranno tassate in America del 15%. Meno del 20% inizialmente indicato nella ormai iconica tabella mostrata da Donald Trump il 2 aprile scorso nel giardino delle rose, alla Casa Bianca. Ma pur sempre molto più di quanto accadeva sinora. L’annuncio dell’intesa è arrivato questa sera, poco prima delle 20. Trump e la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen si sono incontrati in Scozia, nella tenuta di proprietà del tycoon, per limare gli ultimi dettagli. In realtà, tutto era già stato preparato nelle settimane precedenti. Ma, come sempre, il presidente americano ha voluto trasformare l’evento in uno show a favore di telecamera.
Dettagli da chiarire
I dettagli dell’intesa non sono ancora conosciuti del tutto, «l’accordo sembra essere preliminare - ha scritto il New York Times - e lascia molte questioni da risolvere». Potrebbe, tuttavia, «portare un po’ di calma in una delle relazioni economiche più importanti del mondo e placare i timori di un’escalation della guerra commerciale», cosa che preoccupava moltissimo i mercati finanziari.
L’anno scorso, l’UE ha esportato negli Stati Uniti merci per quasi 610 miliardi di dollari (quasi il 20% del totale dell’import americano, pari a 3.300 miliardi di dollari). L’aliquota tariffaria che l’UE ha accettato è superiore al 10% che Bruxelles aveva posto come base della trattativa, la stessa imposta dagli Stati Uniti alle merci britanniche. Ma il 15%, probabilmente, è un compromesso accettabile: rispecchia, infatti, l’aliquota principale dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Giappone ed è inferiore al 20% minacciato ad aprile e imposto ad alcuni Paesi del Sud-Est asiatico.
D’altronde, alla domanda di alcuni giornalisti se si potesse «fare meglio» e scendere sotto il 15% nella trattativa con l’Unione Europea, lo stesso Trump, prima di iniziare la riunione con von der Leyen aveva risposto seccamente «No».
Sui farmaci versioni diverse
Secondo quanto detto dal presidente americano prima e dopo la firma, l’Unione Europea si è anche impegnata a investire 600 miliardi di dollari negli USA e ad acquistare energia e attrezzature militari per altri 750 miliardi di dollari.
Non solo: a fronte della tariffa del 15% sull’export, l’UE - ha detto sempre Trump - si sarebbe impegnata ad aprire ai prodotti americani «i mercati dei 27 Paesi a tariffa zero». Inoltre - e questo è assodato, visto che è stato spiegato alla stampa prima che iniziasse l’ultimo round di colloqui - i dazi su acciaio e alluminio resteranno al 50%. Discorso diverso per i prodotti farmaceutici. Trump ha insistito nel dire che non rientreranno nell’accordo e saranno trattati separatamente. Non una buona notizia per l’Europa, visto che i medicinali sono la prima voce dell’export verso gli USA. «I prodotti farmaceutici sono molto speciali - ha detto Trump - Dobbiamo farli produrre negli USA, e vogliamo che siano prodotti negli USA. Penso che sia importante dirlo: non possiamo trovarci in una posizione in cui dobbiamo dipendere da altri per questi prodotti».
E tuttavia, in serata, prima di ripartire per Bruxelles, Ursula von der Leyen ha ribadito che l’aliquota tariffaria del 15% si applicherà «alla maggior parte dei settori, tra cui auto, semiconduttori e prodotti farmaceutici. Sarà un limite massimo» ed è «tutto compreso». Le due versioni stridono, nei prossimi giorni si capirà chi ha detto la verità su un tema che resta complesso.
Il retroscena
Ma come si è giunti a firmare l’intesa? Secondo quanto ricostruito dai più importanti media americani, nelle ultime 48 ore i negoziatori delle due parti hanno fornito garanzie reciproche su alcuni nodi non ancora sciolti. Inizialmente, così come aveva sottolineato oggi pomeriggio lo stesso Trump, i punti di attrito erano una ventina. Alla fine, ne sono rimasti forse un paio.
L’Unione Europea ha accettato uno squilibrio nelle tariffe: 15% sui beni da esportare negli USA, da zero al 4,8% per i prodotti americani da importare nel Vecchio Continente.
Un altro passaggio, questa volta tutto politico, è stato determinante: la rassicurazione ottenuta dalla Casa Bianca che l’Europa non avrebbe spostato l’asse dei suoi interessi verso Est, e verso la Cina in particolare. Giovedì scorso, a Pechino, l’incontro fra la delegazione dell’Unione e il presidente cinese Xi Jinping ha avuto un esito chiaro. Anzi, a tutti è parso chiarissimo come la presidente della Commissione e il presidente del Consiglio europeo, António Costa, avessero voluto proprio inviare a Washington un messaggio esplicito: non abbiamo alcuna intenzione di sostituire Washington con Pechino.
Il secondo passaggio, su cui bisognerà tuttavia attendere conferme più dirette ed esplicite, ha riguardato la decisione dell’UE di accantonare l’idea di una Web tax. Una scelta controversa, che ribalterebbe quanto affermato sinora a tutti i livelli dalle istituzioni europee. È chiaro a tutti che Big Tech quali Google, Microsoft, Netflix sono al centro degli interessi dell’amministrazione di Washington. Probabilmente, von der Leyen ha utilizzato questa carta per convincere Trump a trovare l’accordo. L’Europa, dal canto suo, ha comunque ottenuto la riduzione dei dazi sulle automobili dal 27,5% al 15% - una richiesta in tal senso, molto pressante, era giunta dall’industria tedesca - e ha scongiurato la super tassa del 200% minacciata da Trump per i farmaci. L’accordo «crea certezza in tempi incerti - ha detto von der Leyen - e offre stabilità e prevedibilità ai nostri cittadini e alle nostre imprese».
Trattativa a oltranza
Una trattativa a oltranza, lunga, complessa, sempre sul punto di saltare, di interrompersi bruscamente. I negoziatori dell’Unione Europea e degli Stati Uniti hanno discusso fino alla notte inoltrata di sabato per fare in modo che l’incontro fra Donald Trump e Ursula von der Leyen non si rivelasse un fallimento. In Scozia si è assistito, dunque, a una sorta di no stop, a cui le due delegazioni si sono aggrappate nella convinzione (reciproca) della necessità di arrivare a un risultato.
La notizia è stata data oggi pomeriggio dal Financial Times in un lungo reportage da Turnberry, la località sulla costa sud-ovest della Scozia dove il presidente americano possiede un resort con annesso campo di golf. Secondo il giornale economico britannico, per preparare i colloqui con la Casa Bianca i funzionari di Bruxelles avrebbero anche parlato a lungo con i mediatori giapponesi che, la settimana scorsa, hanno siglato un’intesa con Washington. Quasi una allenamento, utile soprattutto a capire il modo di ragionare degli americani e a coglierne i punti deboli.
Europa e Stati Uniti - le cui relazioni commerciali, nel 2023, ammontavano a circa 1.600 miliardi di euro, forse lo scambio di merci più grande del mondo - stanno negoziando un possibile accordo da quasi quattro mesi, da quando cioè Donald Trump, nel cosiddetto «Liberation Day», mostrò nel giardino delle rose alla Casa Bianca l’ormai celebre tabella con i dazi.
«Durante questo periodo - ha scritto il Financial Times - gli Stati Uniti hanno addebitato un ulteriore 10% sui prodotti dell’UE, assieme a un 25% sulle automobili e a un 50% su acciaio e alluminio. L’Unione Europea è stata anche vittima dell’escalation della retorica di Trump contro i principali partner commerciali e alleati degli Stati Uniti, con il tycoon che ha accusato» il blocco dei Paesi amici «di “derubare” l’America».