Tra guerra e pace

Donald Trump preme, Kiev prova a temporeggiare

L’Europa si mostra compatta al fianco di Zelensky – Il tycoon mette fretta: «La firma entro giovedì» – E Putin provoca: «Pronti all’escalation in caso di rifiuto»
© EPA/SARAH MEYSSONNIER
Paolo Galli
21.11.2025 23:23

Volodymyr Zelensky appare, oggi, più solo che mai. Gli alleati storici, come Regno Unito, Francia e Germania, ribadiscono il loro appoggio, il loro sostegno, certo. Ma di base, di fronte al diktat giunto da Washington, l’Ucraina è sola. È sola anche perché l’Europa non è mai davvero stata coinvolta dagli Stati Uniti nel processo di negoziazione, vissuta anzi quasi come un disturbo nel processo di pace. È la costruzione russa. È la dialettica del Cremlino, sposata - da quando Donald Trump è tornato alla presidenza - dalla Casa Bianca. Il piano in 28 punti sottoposto a Kiev porta la firma americana, ma riporta in realtà le volontà russe. Questa vicinanza, politica ed economica, tra Stati Uniti e Russia può essere letta, oggi, in vari modi, anche anti-cinese, ma di sicuro pone lo stesso Zelensky di fronte a un bivio molto complesso. Lo ha detto lui stesso, indirizzandosi direttamente al suo popolo: «L’Ucraina potrebbe ora trovarsi di fronte a una scelta molto difficile: o la perdita della sua dignità o il rischio di perdere un partner chiave».

La prudenza

Ucraina con le spalle al muro, quindi. Messa in tale posizione dalla Russia, ma anche dagli Stati Uniti. «Siamo ora in uno dei momenti più difficili della nostra storia. La pressione sull’Ucraina è al suo massimo». Non può certo dirsi soddisfatto o sollevato, Zelensky, di fronte al piano di pace prospettatogli da Donald Trump. Ma rimane cauto, anche perché sa che non è mai il caso di contrariare il presidente americano, né di affrontarlo di petto. E allora, per ora, gira attorno alla questione, ma non rinuncia a sottolineare che «gli interessi nazionali dell’Ucraina devono essere presi in considerazione». Detto questo, ecco per l’appunto la prudenza: «Non facciamo dichiarazioni altisonanti. Lavoreremo con calma con l’America e con tutti i nostri partner». Gli Stati Uniti devono rimanere un partner, devono rimanerlo fino in fondo. Ma Zelensky sa che dire di no all’offerta di Trump significherebbe la rottura della partnership, e porterebbe Washington ad avvicinarsi ulteriormente alle posizioni di Mosca. Verrebbe da chiedersi: più di così? E allora, non potendo dire direttamente di no - a un’offerta che non si può rifiutare -, il presidente ucraino intende rispondere con un «sì, ma...». Per ora, Zelensky temporeggia. Oggi ha annunciato di voler cercare soluzioni con gli Stati Uniti per trovare alternative in questo senso, in particolare su un paio di punti. «Non daremo al nemico alcun motivo per dire che l’Ucraina non vuole la pace, che sta ostacolando il processo e che non è pronta per la diplomazia. Questo non accadrà. L’Ucraina lavorerà rapidamente». L’Ucraina vuole trovare un modo per rimandare a Mosca la patata bollente negoziale.

L’empatia dei leader europei

Ma la missione è complessa tanto quanto l’uscita dalla guerra. Lo ha capito anche Donald Trump, che non vuole lasciare appigli a Zelensky. E infatti, in un’intervista rilasciata a Fox News Radio, il presidente americano ha confermato che la scadenza dettata dagli Stati Uniti a Kiev per una risposta sul piano di pace è stata fissata a giovedì 27 novembre. «Pensiamo sia la tempistica appropriata», ha aggiunto unilateralmente. Il leader ucraino ha avuto modo di confrontarsi, intanto, telefonicamente con il vicepresidente JD Vance, al quale ha riportato il suo profondo rispetto per Trump. «L’Ucraina ha sempre rispettato e continua a rispettare la volontà del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di porre fine allo spargimento di sangue e consideriamo positivamente ogni proposta realistica», ha poi confermato anche su Telegram. E ha aggiunto: «Abbiamo concordato di collaborare con gli Stati Uniti e l’Europa a livello di consiglieri per la sicurezza nazionale per rendere il percorso verso la pace realmente percorribile». Insomma, Zelensky si sta muovendo in punta di piedi, per non scontentare il tycoon e per non tradire il suo popolo, e intanto si aggrappa ai leader europei, sperando in una possibile via d’uscita dalla pressione. L’Europa, pur non riuscendo più a spostare l’ago della bilancia geopolitica, si è mostrata subito empatica nei confronti dell’Ucraina. Lo stesso Zelensky ha raccontato di aver partecipato a una chiamata a quattro, con il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il primo ministro britannico Keir Starmer. Proprio quest’ultimo, ha poi dichiarato: «Vogliamo tutti una pace giusta e duratura. Questo è ciò che vuole il presidente americano. Questo è ciò che vogliamo tutti. E quindi dobbiamo lavorare partendo dalla situazione attuale per arrivare a questo obiettivo. Ma il principio secondo cui l’Ucraina deve determinare il proprio futuro sotto la propria sovranità è un principio fondamentale». Un principio riconosciuto anche dal piano di Trump, anche se in parte contraddetto da alcuni punti più favorevoli alla Russia.

Con le buone o con le cattive

Secondo diverse analisi effettuate da media europei, il testo redatto dagli Stati Uniti riporta alcune formule considerate poco probabili in inglese, e anzi più facilmente derivanti da traduzioni dal russo. Della serie: allora lo hanno scritto i russi. La Casa Bianca non ha d’altronde nascosto che il piano è stato pensato dal suo inviato Steve Witkoff - assente mercoledì in Turchia, dove era atteso - e dall’inviato russo Kirill Dimitriev. C’è molta Russia, in quel progetto di accordo. Ma non c’è traccia di Ucraina, né di Europa. Vladimir Putin ha sottolineato come il piano, in sé, possa «servire come base per porre fine al conflitto». Il presidente russo ha poi dichiarato che intende mostrare «flessibilità», come gli è stato richiesto da Trump. «Ci ha chiesto di fare delle concessioni». Ma ha poi anche provocato, per non dire minacciato, l’Europa: «L’Ucraina e i suoi alleati europei continuano a illudersi e a sognare di infliggere una sconfitta strategica alla Russia sul campo di battaglia». Ma, in caso di rifiuto sul piano di pace, si è detto pronto a raggiungere i suoi obiettivi «con la forza delle armi, nel contesto di una lotta armata». Sugli attuali fronti e su altri fronti. Una minaccia in grande stile. Zelensky, anche per questo, ha ricordato all’Europa come l’Ucraina sia «l’unico scudo» rispetto alla Russia. È andato oltre, tornando al 24 febbraio del 2022, quando l’Ucraina si sentì «sola». Già, si torna lì, anche nelle malinconiche parole del presidente ucraino. In un momento che può essere di reale svolta, ma che potrebbe anche trasformarsi nell’inizio di una nuova escalation ai danni dell’Ucraina e dell’Europa tutta.

Domande e risposte

1. La questione principale è senza dubbio quella dei territori. Che cosa prevede il piano?
La Crimea, Lugansk e Donetsk saranno riconosciuti, di fatto, come territori russi, anche dagli Stati Uniti. Le regioni di Kherson e Zaporizhzhia saranno congelate lungo la linea di contatto. La Russia rinuncerà - così è scritto - agli altri territori al di fuori delle cinque regioni. Al contempo, le forze ucraine si ritireranno dalla parte dell’oblast di Donetsk attualmente sotto il loro controllo, e questa zona di ritiro sarà considerata una zona cuscinetto neutrale e demilitarizzata, riconosciuta a livello internazionale come territorio appartenente alla Federazione Russa. Le forze russe, però, non entreranno in questa zona che diventerebbe demilitarizzata.

2. L’altro nodo è quello legato alle garanzie di sicurezza.
Il primo punto del documento sottolinea che la sovranità dell’Ucraina sarà confermata. Si prevede poi che la Russia non invaderà i Paesi vicini e che la NATO non si espanderà ulteriormente verso i territori russi. C’è scritto pure che l’Ucraina riceverà garanzie di sicurezza affidabili. Quali? Non sono state specificate. Il punto 16 dice solo che «la Russia sancirà per legge la sua politica di non aggressione nei confronti dell’Europa e dell’Ucraina». I punti 17 e 18 fanno riferimento al nucleare, per evitare future escalation.

3. La NATO evidentemente continua a preoccupare Vladimir Putin. È così?
Evidentemente sì, è proprio così. Il settimo punto stabilisce che l’Ucraina «accetta di sancire nella propria Costituzione che non aderirà alla NATO, e la NATO accetta di includere nei propri statuti una disposizione secondo cui l’Ucraina non sarà ammessa in futuro». I punti successivi dicono che la NATO accetta di non stazionare truppe in Ucraina, e poi che gli aerei da combattimento europei saranno di stanza in Polonia. Insomma, l’Ucraina fungerebbe da Stato cuscinetto, agli occhi dei russi.

4. L’idea di un’Ucraina... europea invece fa meno paura.
Esatto. «L’Ucraina ha i requisiti per entrare a far parte dell’Unione europea e, mentre la questione viene esaminata, otterrà un accesso preferenziale a breve termine al mercato europeo». Vengono, insomma, dettate nuove regole e linee guida anche a Bruxelles.

5. La Russia ha pensato anche al futuro della sua economia?
Eccome, il punto 13 è ben dettagliato. E dice che la Russia sarà reintegrata nell’economia globale. Addirittura sarà invitata a rientrare nel G8. Un vero e proprio reintegro. Con gli Stati Uniti pronti ad approfittarne, visto che «stipuleranno un accordo di cooperazione economica a lungo termine per lo sviluppo reciproco nei settori dell’energia, delle risorse naturali, delle infrastrutture, dell’intelligenza artificiale, dei data center, dei progetti di estrazione di terre rare nell’Artico e di altre opportunità aziendali reciprocamente vantaggiose».

6. E i fondi congelati che fine faranno?
Anche in questo caso, ne approfitteranno gli Stati Uniti. Cento miliardi di beni russi saranno investiti negli sforzi per ricostruire l’Ucraina. Ma attenzione, poi gli USA «riceveranno il 50% dei profitti derivanti da questa iniziativa». L’Europa dovrebbe aggiungere 100 miliardi di dollari per aumentare gli investimenti disponibili per la ricostruzione dell’Ucraina.

7. Il futuro? Quale futuro sarà costruito nella regione?
Punto caldo per i russi è il 25., che obbliga l’Ucraina a tenere nuove elezioni entro 100 giorni dalla firma dell’accordo. E poi, naturalmente, è previsto che tutte le parti coinvolte in questo conflitto riceveranno piena amnistia per le loro azioni durante la guerra. Insomma, tutto nel dimenticatoio. Per le questioni in sospeso (prigionieri, ostaggi, vittime), verrà istituito un comitato umanitario. Il punto 20 guarda alle future generazioni, visto che prevede che entrambi i Paesi si impegnino a realizzare programmi educativi nelle scuole e nella società volti a promuovere la comprensione e la tolleranza delle diverse culture e a eliminare il razzismo e i pregiudizi. E poi, viene specificato: «Ogni ideologia e attività nazista deve essere respinta e proibita».

8. Quando entrerebbe in vigore il cessate il fuoco?
Lo specifica l’ultimo punto del piano russo-americano: non appena le parti concorderanno il memorandum e si ritireranno nei territori concordati.

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