Stati Uniti

Donald Trump può davvero (ri)diventare presidente?

I problemi legali, l'ombra del 6 gennaio 2021, l'ascesa di Ron DeSantis: ecco perché la strada, questa volta, per il tycoon sembra molto più complicata
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Marcello Pelizzari
16.11.2022 18:00

Se ne parlava da tempo. Ora è ufficiale. Donald Trump (ri)vuole la Casa Bianca. Ma quante e quali sono le reali possibilità di rivederlo come presidente degli Stati Uniti? Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Anticipiamo: niente è impossibile, ma stavolta per il tycoon la scalata sarà più complicata.

L'ombra del 6 gennaio

In vista delle presidenziali del 2016, beh, Trump partiva letteralmente da zero. Quantomeno sul fronte politico. Non aveva, infatti, mai ricoperto incarichi ufficiali e veniva visto, a torto o a ragione, come un esterno. Capace, insomma, di resistere all’establishment e ai giochi di palazzo. Di portare la cosiddetta ventata d’aria fresca. Molti elettori, non a caso, lo scelsero perché ritenevano possibili le tante (troppe?) promesse fatte in campagna elettorale. Una su tutte: far tornare davvero grande l’America, un vero e proprio richiamo per la Rust Belt e la parte più rurale del Paese.

Oggi, secondo logica, l’orizzonte è cambiato. Sì, Trump durante il suo mandato ha ottenuto alcuni successi come il taglio alle tasse e la riforma della giustizia. Ma ha accumulato altresì parecchie sconfitte, a partire dalla gestione (lacunosa) della pandemia. Di più, la fine della sua presidenza è coincisa con l’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio. Come dimenticare le immagini di allora, con i sostenitori del tycoon che sventolavano striscioni in mezzo ai lacrimogeni e saccheggiavano un luogo considerato sacro? Il possibile ruolo avuto da Trump quel giorno, non a caso, è oggetto di inchiesta. Le recenti elezioni di metà mandato hanno dimostrato che, per una buona parte degli elettori, il ricordo è ancora vivo. E fa male. Alle midterm, diversi candidati che, a suo tempo, avevano sostenuto Trump nel negare il risultato delle presidenziali 2020 hanno perso.

Le grane legali

La scelta di scendere, ancora, in campo è legata, forse, anche alle tante grane legali che attanagliano l’ex presidente. Parliamo di una moltitudine di indagini penali e civili che, a suo dire, rappresentano una più ampia vendetta politica.

Trump, mentre scriviamo queste righe, si sta difendendo da un’inchiesta per manomissione elettorale in Georgia. E poi da un caso di frode civile a New York, da una causa per diffamazione e, infine, come detto, dal suo ruolo nell’attacco al Campidoglio. Per tacere delle indagini federali legate alla gestione di materiale classificato post-presidenza.

Ognuna di queste indagini, è stato detto a più riprese, potrebbe portare a veri e propri processi. Che, inevitabilmente, rovinerebbero (eufemismo) i piani di Trump. Nella peggiore delle ipotesi, per dire, c’è perfino il carcere.

Gli avversari, anzi l'avversario

C’è, poi, la questione degli avversari. In vista del 2016, il suo unico, vero avversario era il governatore della Florida, Jeb Bush. Il quale, tuttavia, si rivelò un ostacolo tutto fuorché insormontabile. Non era sufficiente, insomma, un cognome altisonante. A questo giro, e basterebbe guardare al modo in cui Trump tratta DeSantis, il tycoon dovrà vincere una concorrenza interna piuttosto ampia. E Ron DeSantis, proprio lui, appare come il candidato ideale. Quello che, davvero, potrebbe unire le varie anime del Partito Repubblicano. Lo dimostra, in fondo, la sua netta vittoria in Florida, l’ex regno di Bush. Vero, il diretto interessato non ha ancora fatto sapere i suoi piani a livello nazionale e non è detto che, su larga scala, possa ottenere lo stesso successo. Ma, ad oggi, è lo spauracchio numero uno per Trump.

La popolarità

Trump, e qui concludiamo, sta pure affrontando un netto calo di popolarità a livello di sondaggi, checché ne dica lui. Alla vigilia del suo annuncio, ad esempio, come riporta la BBC si trovava dietro a Ron DeSantis in un ipotetico testa a testa in Iowa e New Hampshire. DeSantis è pure in testa in Florida (26 punti) e Georgia (20) rispetto al suo possibile rivale.

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