Il caso

Dopo i soldati, arrivano i lavoratori nordcoreani: «La Russia ha bisogno di manodopera»

Dopo che Putin e Kim Jong Un hanno elogiato le truppe di Pyongyang per aver combattuto nella regione di Kursk contro gli ucraini, la Corea del Nord ha iniziato a inviare lavoratori in Russia: «Costano poco e sono instancabili»
©Alexei Nikolsky

In Russia non arrivano più soltanto soldati nordcoreani per combattere la guerra contro l’Ucraina, ma anche lavoratori. Stando ai dati diffusi dal Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa (FSB), citati da Mediazona, il numero di cittadini nordcoreani che ha attraversato la frontiera è diminuito drasticamente nei primi 3 mesi del 2025, mentre lo scorso 5 maggio sono arrivati migliaia di asiatici. Lo riporta il Wall Street Journal citando fonti dei servizi segreti sudcoreani (NIS).

Ma il trend degli arrivi è stato altalenante in questi mesi, perché prima di tutto Mosca deve pensare al conflitto, che vuole vincere ad ogni costo, nonostante l'economia stritolata dalle sanzioni internazionali e la carenza di manodopera. Le statistiche pubblicate dall'FSB mostrano come solamente 300 asiatici siano entrati in Russia nel primo trimestre, e appena tre di loro hanno indicato lo «studio» come motivo della loro visita nel Paese di Putin.

Nel 2024, i cittadini nordcoreani avevano effettuato circa 13 mila viaggi in Russia, un numero12 volte più alto rispetto a quello dell'anno precedente. Secondo l'FSB, nella seconda metà dell'anno era stato registrato un forte aumento degli arrivi per motivi di studio, nonostante le quote di studenti stranieri nelle università russe fossero rimaste invariate.

I numeri sembrano essere cresciuti a dismisura proprio nei mesi precedenti a ottobre, quando i servizi di intelligence sudcoreani e ucraini hanno denunciato l’arrivo di truppe di Pyongyang per combattere al fianco dei russi. Si stima che Kim Jong Un abbia fornito all’esercito di Putin fino a 15 mila uomini (oltre 4 mila sarebbero poi morti in battaglia), successivamente schierati nella regione russa di Kursk per scacciare i soldati di Kiev che ad agosto avevano lanciato un’offensiva a sorpresa. La cronaca di guerra delle ultime settimane ha però evidenziato una pesante sconfitta delle truppe di Zelensky in Russia. Motivo che ha spinto Pyongyang e Mosca ad ammettere l’impiego di soldati asiatici, dopo mesi di silenzio.

Alla fine di aprile 2025, Pyongyang ha dichiarato per la prima volta di aver inviato i soldati per combattere nel Kursk. Di fatto, Kim Jong Un è intervenuto a sostegno di Mosca in base al trattato di mutua difesa siglato con Vladimir Putin a giugno dello scorso anno.

«Le operazioni di liberazione della regione di Kursk per respingere l'invasione della Russia da parte delle forze ucraine si sono concluse trionfalmente», hanno spiegato le autorità nordcoreane, con Kim che è arrivato a descrivere l’impresa militare come una «missione sacra» per «consolidare ulteriormente» l'amicizia e la solidarietà con la Russia e «difendere l'onore» della Corea del Nord.

Al leader nordcoreano ha poi fatto eco il presidente russo Vladimir Putin, il quale ha ringraziato ufficialmente i combattenti di Pyongyang per aver preso parte alla «liberazione della regione di Kursk» dalle truppe d'invasione ucraine, definendoli degli «eroi».

All'inizio di maggio 2025, il WSJ, citando fonti di intelligence sudcoreane, ha riferito che Pyongyang ora avrebbe iniziato a inviare in Russia lavoratori piuttosto che soldati. Secondo il quotidiano americano, circa 15 mila persone sarebbero arrivate nel Paese di Putin per lavorare e cercare di colmare la carenza di manodopera che affligge molti settori, mentre da più di 3 anni la macchina bellica produce senza sosta.

A supporto delle dichiarazioni dell'agenzia di intelligence sudcoreana ci sono anche dei video che, da alcune settimane, circolano sui social. Per esempio, filmati che riprendono lavoratori nordcoreani impiegati nei magazzini di Wildberries, una grande azienda di e-commerce nelle periferie di Mosca, oppure nella zona più orientale, nei cantieri di Vladivostok. I nordcoreani sono molto apprezzati dai datori di lavoro locali perché possono offrire loro salari bassi e turni di lavoro di 12 ore al giorno. Condizioni che i nordcoreani accettano, senza mai lamentarsi. Al momento, alla maggior parte di loro viene trovato un impiego nell'Estremo Oriente russo, ma come dimostra il caso di Wildberries, i funzionari dell'industria russa si stanno espandendo anche altrove, e la speranza è che presto molti nordcoreani vengano mandati a lavorare nelle principali città russe, tra cui anche la capitale.

Manca la forza lavoro, un grosso problema per Putin

Quella tra Corea del Nord e Russia è un'amicizia solida e l'invio di operai rappresenta a tutti gli effetti una mossa strategica, per contrastare la mancanza di forza lavoro, «uno dei maggiori problemi di Putin», causato dalla diminuzione della natalità del Paese e reso ancor più grave dalla guerra in Ucraina. Secondo le stime occidentali, infatti, sono centinaia di migliaia i russi morti nei combattimenti. Un numero che, va da sé, ha ripercussioni anche nella vita di tutti i giorni e, per questo, anche nel campo lavorativo. Il Ministero del Lavoro russo, a tal proposito, sostiene che la carenza di manodopera potrebbe salire a 2,4 milioni entro il 2030, dagli attuali 1,5 milioni. Ed ecco perché, in soccorso di Mosca, arriva Pyongyang. 

A rendere noto quanto sta succedendo sul territorio russo è stata, negli scorsi giorni, la principale agenzia di intelligence sudcoreana. Nel corso di un'audizione nel Parlamento della Corea Sud ha rivelato che il Nord, negli ultimi tempi, avrebbe inviato fino a 15.000 lavoratori in Russia. Un numero non indifferente, soprattutto perché si tratta di una violazione delle sanzioni internazionali imposte dall'ONU al regime di Kim Jong-un. Dal 2019, infatti, le Nazioni Unite vietano ad altri Paesi di assumere lavoratori nordcoreani. A Mosca, però, non sembra importare particolarmente delle violazioni. Putin, a giugno, parlando ai media statali, aveva dichiarato che i nordcoreani sono i loro «vicini di casa». E Mosca «vuole sviluppare le sue relazioni con loro, che alla gente piaccia o meno».

La brutta notizia – per Mosca – però è che anche aumentando, fortemente, il numero dei lavoratori nordcoreani, questo intervento, da solo, non basterebbe a colmare il deficit di manodopera, rileva ancora il WSJ. Kim, dal canto suo, può offrire però «un aiuto significativo» soprattutto nell'Estremo Oriente russo. Zona in cui è attualmente impiegata la maggior parte dei nordcoreani. 

Questa situazione, però, non è nuova. Prima dell'introduzione delle sanzioni dell'ONU nel 2019, Pyongyang aveva inviato decine di migliaia di operai in Russia, soprattutto per lavorare nell'edilizia e nel settore del disboscamento. Tuttavia, sempre in condizioni non ottimali. Secondo i disertori nordcoreani, il regime intasca infatti più del 90% dei salari dei lavoratori. Ciò che rimane – tra i 100 e i 200 dollari, ossia tra gli 80 e  i 165 franchi circa – rappresenta comunque una somma «significativa», in un Paese in cui la gente, solitamente, guadagna solo pochi dollari al mese. Inoltre, questi lavori all'estero sono «molto ambiti» tra i nordcoreani, dato che la maggior parte delle persone non ha mai la possibilità di lasciare il regime. 

Attualmente, secondo un rapporto dell'ONU di marzo 2024, sono circa 120 le aziende russe che impiegano nordcoreani. Secondo Mart Khusnullin, viceprimo ministro russo, gli uomini inviati da pyongyang potrebbero persino contribuire alla ricostruzione di alcune aeree colpite dalla guerra, comprese le zone dell'Ucraina orientale occupate dai russi.

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