Il reportage

Dopo l'uragano Trump, Bernie Sanders accende la classe media

Il senatore del Vermont cerca di scuotere i democratici con una serie di eventi pubblici in cui si scaglia contro i super-ricchi – Dalla Pennsylvania un appello alla sinistra
©Matt Rourke
Davide Mamone
05.05.2025 06:00

Entrando nel vasto parcheggio dello Stabler Athletic and Convocation Center, a una manciata di chilometri dal centro storico di Bethlehem, in Pennsylvania, è una bandiera della Palestina ad accogliere gli ospiti del comizio di Bernie Sanders. Ma non è il comitato del senatore ad averla piazzata lì: è opera di un minuto gruppo Pro-Pal, composto da circa una decina di persone. L’obiettivo di Sanders è infatti, prima di tutto, quello di lanciare un messaggio sull’economia agli oltre 6.000 giunti a presenziare alla sua ultima tappa (per ora) dello Stop Oligarchy Tour e a quella classe media sentitasi abbandonata dal partito democratico e mai davvero rappresentata da quello repubblicano. E così, la politica estera arriva dopo durante il comizio, e di diritti civili quasi nemmeno se ne parla. L’intero focus del discorso è sull’impoverimento dei lavoratori statunitensi, strangolati dallo strapotere finanziario degli «oligarchi» a stelle e strisce e da tasse sempre più alte per servizi a cui non hanno accesso. «Sapete perché le persone sono arrabbiate? Lo sono perché vedono attorno a loro un enorme aumento di produttività di lavoro ma i frutti di quella ricchezza vanno solo alla classe più ricca» ha tuonato Sanders, con voce roca, in uno dei passaggi più applauditi. «Abbiamo bisogno di un partito democratico che prenda una decisione: siete dalla parte della classe lavoratrice o no?».

Le persone sono arrabbiate perché vedono un aumento di produttività di lavoro ma i frutti vanno solo alla classe più ricca
Bernie Sanders, senatore

Popolo Bernie

Le oltre 6.000 persone presenti nell’ex cittadina industriale di Bethlehem, conosciuta in Pennsylvania per le sue acciaierie oggi chiuse, sono le ultime di una lunga serie da quando l’83.enne senatore del Vermont ha intrapreso il suo tour contro i super-ricchi d’America, con tappe anche in California, Colorado, Utah, Michigan, Idaho. Quella di sabato è una versione estremamente agguerrita e inalberata di Sanders, lontana sia dal volto più ottimista del 2016 che da quello burbero del 2020. Da una parte l’abbraccio ai timori di un popolo liberal e progressista terrorizzato dai primi cento giorni di amministrazione Trump. Dall’altra l’attacco a quella che ha definito essere la deriva autoritaria del Presidente, e allo stradominio arrogante dei multimiliardari che ne supportano le sue politiche. Il popolo giunto ad ascoltarlo sabato è di ogni genere. Ci sono democratici da una vita in cerca di nuova luce e democratici a sprazzi, solo quando si candida lui. Coloro che seguono i comizi del senatore fin dai tempi della campagna «Feel the Bern» nel 2016 e coloro alla loro prima volta. Ci sono progressisti orfani della leadership di Barack Obama ed elettori indipendenti che si recano poco alle urne ma sono in cerca di risposte, molte e molti con il nome di Alexandria Ocasio-Cortez nella mente. «La incoraggerei a presentarsi, credo lotti per le cose giuste e comunichi i messaggi politici di cui abbiamo bisogno» Lisa, dice una residente della vicina Allentown parlando della deputata newyorkese co-protagonista del tour – anche se assente sabato, impegnata in incontri nel suo distretto di appartenenza, tra Queens e Bronx a New York. «Sono originario di Puerto Rico e sarebbe straordinario se si presentasse», afferma invece Marcus, un residente di Bethlehem sulla trentina. Più cauto invece Jim, un residente di 45 anni della vicina Middletown , che pensa continui a servire «una figura più moderata per equilibrare un ticket presidenziale capace di vincere». Hanno ancor più dubbi Greg e Logan, che vorrebbero una personalità come Ocasio-Cortez ma temono che non abbia ancora le alleanze interne giuste e l’esperienza per una campagna presidenziale tra tre anni: «Credo debba rafforzare la sua posizione prima di imbarcarsi in questa missione e forse sarebbe necessario un mandato da senatrice per convincere alcuni scettici», spiegano all’unisono prima dell’inizio del comizio, mentre si preparano a suonare in apertura i The Menzingers, una band rock/punk di Scranton – la cittadina della Pennsylvania dove è cresciuto Joe Biden e dove è ambientata la serie TV The Office –, sostenitrice di Sanders e la cui hit più amata dal pubblico recita, nel suo ritornello, «I love you America, but you’re freaking me out». Tradotto: ti amo America, ma mi stai spaventando a morte.

Ocasio-Cortez? La incoraggerei a presentarsi, lotta per cose giuste e comunica messaggi politici corretti
Lisa, sostenitrice

Un po’ di esteri

Il discorso di Sanders inizia con un attacco frontale a Trump e al «gruppo di ultra-miliardari oligarchi» che era alle sue spalle durante la sua inaugurazione presidenziale lo scorso 20 gennaio, inclusi Elon Musk, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg e Tim Cook. «Siamo il Paese più ricco della storia dell’umanità e non c’è alcun motivo che possa spiegare perché non tutte le donne, uomini e bambini di questo Paese non abbiano uno standard di vita decente», ha detto. Poi una menzione allo storico discorso di Abraham Lincoln dopo la sanguinosa battaglia di Gettysburg durante la guerra civile, nel 1863, in cui esortava le truppe dell’unione a vincere per protegge il Paese «delle persone, costruito dalle persone, per le persone». Oggi, invece, «stiamo vivendo un Paese dei multimiliardari, fatto da multimiliardari, per i multimiliardari», Sanders ha aggiunto. Solo dopo, appunto, una parentesi sulla politica estera – ma non prima che quattro attivisti pro-Palestina abbiano tentato di interromperne il discorso al grido di «Free Palestine». Il senatore del Vermont non ha smesso mai di parlare. Prima ha criticato Trump, reo di essersi piegato alla retorica della Russia «del dittatore Vladimir Putin» sull’invasione dell’Ucraina. Poi ha giudicato negativamente Biden «per aver continuato a finanziare il terribile, terribile Netanyahu» sul conflitto a Gaza. Un passaggio in cui Sanders – che è di fede ebraica – è di nuovo tornato su Trump, che a febbraio propose di evacuare il popolo palestinese con la forza e far diventare la Striscia una sorta di Costa Azzurra del Medio Oriente. «Non lo permetteremo mai» ha detto Sanders, in uno dei passaggi più applauditi del comizio. «È inaccettabile».

Non ci sono solo Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. I democratici si stanno organizzando, seppur a macchia di leopardo e in modo scomposto e disunito, in tutto il Paese e sotto varie forme in risposta a Trump. Da una parte, a spingere fortissimo c’è il governatore dell’Illinois JB Pritzker, che lo scorso mese ha invitato la base a scendere in piazza in modo decisivo. «Mai prima d’ora nella mia vita ho chiesto proteste di massa, mobilitazione, disordini», ha detto Pritzker. «Ma lo faccio ora: questi repubblicani non devono conoscere un attimo di pace e devono capire che combatteremo la loro crudeltà con ogni megafono e microfono a nostra disposizione». Dall’altra, l’ex vicepresidente Kamala Harris è riemersa dal silenzio degli ultimi tre mesi e in un discorso settimana scorsa ha accusato Trump di aver abbandonato gli ideali americani. Il discorso è giunto mentre Harris si trova a un bivio: sul tavolo ci sono una candidatura a governatrice della California nel 2026, una nuova corsa presidenziale nel 2028 o persino l’uscita dal mondo della politica rappresentativa. E il suo vicepresidente candidato nella sfortunata corsa dello scorso autunno? Tim Walz, governatore del Minnesota, ha iniziato a organizzare una serie di town hall con gli elettori di contee vinte dai repubblicani lo scorso novembre, i cui rappresentanti sembrerebbero timorosi dal farsi vedere a seguito dei tagli trasversali ai dipendenti federali per mano di Musk. Lo sguardo è, non solo alle midterm del 2026, ma ai test elettorali dei prossimi mesi. Occhi puntati sulla città di New York, dove si eleggerà il sindaco a seguito dei quattro disastrosi anni di Eric Adams e sugli stati di New Jersey e Virginia, dove verranno votati i nuovi governatori. Fu proprio la Virginia, nel 2021, a lanciare i primi inquietanti segnali di impopolarità a Biden, con la vittoria a sorpresa del repubblicano Glenn Youngkin sul democratico Terry McAuliffe.
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