Tecnologia

È davvero la fine per Alexa?

Amazon sta effettuando una serie di tagli al personale: colpito proprio il reparto dedicato all'intelligenza artificiale — Deludente, per l'azienda, l'utilizzo che gli utenti fanno del dispositivo, ben lontano dagli obiettivi
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Giacomo Butti
02.12.2022 10:45

«Alexa, che tempo farà domani? Alexa, imposta una sveglia. Alexa, com’è il traffico?». Da otto anni, l’assistente virtuale sviluppato da Amazon segue milioni di economie domestiche nella loro quotidianità, sostenendole con una gentile e rapida risposta a ogni domanda ed esigenza. Basata sul riconoscimento vocale, Alexa è un’intelligenza artificiale in grado di interpretare il linguaggio naturale e dialogare con gli umani. Non solo: anche attività come preriscaldare il forno o regolare la temperatura del frigorifero (ammesso che questi siano connessi alla rete) possono essere delegate ad Alexa. Insomma, mantenere il controllo completo della casa, per gli utenti, è un gioco da ragazzi. Un gioco, però, che per Amazon non vale più la candela.

Un "Echo Dot" di Amazon, l'altoparlante di Alexa. © Shutterstock
Un "Echo Dot" di Amazon, l'altoparlante di Alexa. © Shutterstock

Numeri discordanti

Alla sede centrale di Seattle, infatti, Alexa sta perdendo sostenitori. Proprio così: la figlia prediletta di Jeff Bezos, lo strumento che ha permesso ad Amazon di battere la concorrenza al suo stesso gioco (superando le intelligenze artificiali create da Apple e Google), non è più così rilevante nei piani dell’azienda. Nonostante il successo travolgente del dispositivo (entro il 2025 saranno 130 milioni le “Alexe” spedite nel mondo dal 2014), nonostante i proclami dei leader di Amazon («Siamo ottimisti più che mai sul futuro di Alexa»), alcuni numeri legati alle prestazioni dell’assistente virtuale hanno spinto la compagnia a un significativo, per quanto piccolo, passo indietro.

È vero, recentemente Amazon si è detta soddisfatta delle interazioni registrate fra Alexa e gli utenti, aumentate di oltre il 30% solo nell’ultimo anno. Il problema, rivelano dati interni all’azienda finiti nelle mani di Bloomberg, è che solo poco più della metà dei fieri proprietari di un “Echo Dot” (l’altoparlante intelligente in grado di registrare suono in entrata e in uscita) si serve del dispositivo almeno una volta a settimana. Peggio ancora: ben un quarto dei nuovi utenti di Alexa abbandona lo strumento dopo appena quindici giorni di utilizzo.

E dire che, in questi anni, la divisione che ad Amazon si occupa di rendere Alexa sempre più intelligente e attrattiva è cresciuta tanto, tantissimo. Nel 2019, l’azienda aveva raddoppiato il numero di dipendenti del reparto, portandolo da 5 mila a 10 mila collaboratori. Ma tale incremento della forza lavoro si è rivelato tutt’altro che fruttuoso: secondo recenti rapporti, la divisione di Alexa è responsabile di perdite mensili pari a un miliardo di dollari. Il prodotto, del resto, ha «ormai superato la fase di crescita» e «rallentato nelle vendite», ha scritto la scorsa settimana David Limp, dirigente responsabile di Alexa, nel dare al suo staff una brutta notizia. Quale? La serie di tagli che Amazon ha deciso di effettuare proprio in seno alla divisione dedicata all’intelligenza artificiale. Decisione, questa, che ricalca quelle prese da altri giganti della tecnologia, recentemente al centro della cronaca economica per i forti tagli a budget e personale.

Due aspettative non realizzate

Ma per quale motivo Alexa sta attraversando queste difficoltà? Perché, in un mondo sempre più connesso e automatizzato, una simile intelligenza artificiale sta cominciando ad arrancare? Le ragioni sono sostanzialmente due e riguardano entrambe l’utilizzo che gli utenti fanno di Alexa.

Il dispositivo creato da Amazon, dicevamo, era pensato per gestire una rete di dispositivi intelligenti sparsi in tutta la casa. Doveva essere il cuore e il cervello di una dimora completamente automatizzata e al servizio (vocale) di chi la abita. Il problema è che Alexa è usata principalmente per fare tutt’altro. Rispondere alle domande con cui abbiamo aperto l’articolo («Che tempo farà domani?») doveva essere una minuscola fetta delle decine di migliaia di compiti dati al dispositivo. E invece, ad oggi, le statistiche mostrano che Alexa è usata proprio per controllare il meteo, impostare una sveglia, riprodurre canzoni. Altro che “minuscola fetta”. Questi compiti più “umili” rappresentano l’intera torta delle attività richieste ad Alexa. Con buona pace dei miliardi utilizzati per sviluppare decine di migliaia di app (“skills”) da implementare sul dispositivo e trasformarlo sempre più nel maggiordomo perfetto. O di quelli spesi da Amazon per rendere Alexa il centro di una casa intelligente: si pensi ad esempio all’acquisizione di “iRobot”, compagnia creatrice del celebre aspirapolvere automatico Roomba o dell’azienda dei videocitofoni intelligenti “Ring”.

Eccoci, dunque, al secondo problema: il più doloroso per Amazon. L’obiettivo vero dell’azienda non era fare soldi con una vendita capillare di Alexa in tutto il mondo. Il punto era un altro: «Vogliamo guadagnare quando le persone usano i nostri dispositivi, non quando li comprano», si legge in un documento interno rivelato da Business Insider. Come? Invogliando gli utenti a utilizzare Alexa per fare acquisti online. Su Amazon, ovviamente. Una strategia, questa, naufragata miseramente.

Le polemiche

A complicare le cose, poi, una serie di polemiche. Da sempre, Alexa è al centro di dubbi riguardanti il rispetto della privacy: i suoi microfoni sono infatti sempre attivi così da garantire l’attivazione del dispositivo quando ci rivolgiamo ad esso. Basta un «Alexa», seguito dall’ordine, ed ecco che lo strumento si sveglia, e da questo momento in poi comincia a registrare la conversazione. Tutto ciò che viene detto prima dell’attivazione, giura e spergiura Amazon, non viene registrato e non viene tradotto in informazioni utilizzabili dall’azienda. Ma non tutti credono che questa politica aziendale sia sempre rispettata. E questa mancanza di fiducia potrebbe spiegare perché il pieno potenziale del dispositivo, la totale automatizzazione della casa, sia raramente sfruttato.

Dubbi sulla sua sicurezza erano emersi anche un anno fa, quando diversi media internazionali avevano raccontato la storia di Kristin Lidvahl, la cui figlia di 10 anni, mentre giocava con l’intelligenza artificiale, era stata sfidata da Alexa a «inserire per metà un caricabatterie nella presa a muro» e, quindi, «toccare con una monetina i poli esposti». La bimba aveva chiesto al dispositivo di proporle una sfida. E Alexa lo ha fatto, prendendo ispirazione dalla pericolosissima pratica diffusasi nel 2020 su TikTok. Una risposta, questa, che poteva ovviamente portare a gravissime conseguenze per la bambina, se la madre non fosse intervenuta immediatamente. La storia era divenuta virale e Amazon aveva commentato sulla CNN: «La fiducia dei clienti è al centro di tutto ciò che facciamo e Alexa è progettata per fornire informazioni accurate, pertinenti e utili ai clienti. Non appena siamo venuti a conoscenza di questo errore, lo abbiamo rapidamente corretto e continueremo a far progredire i nostri sistemi per aiutare a prevenire risposte simili in futuro».

Ma non finisce qui. Nel mese di giugno, Amazon aveva sollevato un polverone quando aveva mostrato, nel corso di una conferenza tenutasi a Las Vegas, la sua ultima trovata: la riproduzione di voci appartenenti a persone defunte. Nello specifico, Alexa leggeva una favola a un bambino imitando la voce della nonna morta da poco. Una funzione che ha scatenato il web in positivo e negativo. È eticamente accettabile “clonare” così una persona?

In mezzo a tutto ciò, che futuro avrà la tuttofare di Amazon? Alexa si avvia verso il tramonto? Difficile fare previsioni. Ma, come evidenziato, a Seattle sembra che le scommesse maggiori si stiano spostando su altri cavalli.