E intanto il turismo israeliano vacilla

A inizio ottobre, ancora, la piazza principale e le strade attorno alla Chiesa della Natività, a Betlemme, erano piene di turisti. Pienissime, a tratti. Ora, dopo il devastante attacco di Hamas, quelle strade sono vuote. Gli affari e il turismo sono fermi, ha spiegato a Reuters una guida turistica della cittadina palestinese. Non arriva più nessuno. Il turismo, in Israele come nella Cisgiordania occupata, si è bloccato. Alberghi vuoti, compagnie di viaggi che, a causa dell'escalation del conflitto, hanno smesso di offrire ai turisti europei e statunitensi viaggi verso destinazioni di punta come Gerusalemme o Tel Aviv. C'è chi, addirittura, fra i tour operator ha detto che eventualmente se ne riparlerà il prossimo anno. Nel 2024.
Anche le navi da crociera, al momento stanno evitando le coste israeliane, un tempo frequentatissime. Quasi tutte le compagnie, Swiss in testa, hanno smesso di volare da e per Israele. I governi, dal canto loro, si sono organizzati (e affannati) a effettuare voli di rimpatrio per i propri connazionali. La situazione, insomma, è quella che è. Difficile, soprattutto per chi vive di turismo. InterContinental Hotels ha dichiarato che due sue strutture, il Six Senses Shaharut, nel deserto del Negev, e l'Indigo a Tel Aviv, sono state temporaneamente chiuse. Tante le cancellazioni, tanti anche gli spostamenti di date. E ancora: una delle principali catene israeliane, Isrotel, è sul punto di chiudere temporaneamente alcuni alberghi, secondo quanto dichiarato da un portavoce.
Lo stop al turismo, manco a dirlo, è un colpo economico pesante per Israele. Un settore, leggiamo, che stava risollevandosi dopo la lunga parentesi pandemica. E che rappresenta il 2,8% del PIL israeliano oltre al 3,5% dell'occupazione totale. I prossimi mesi, poi, sarebbero stati particolarmente ricchi. In tutti i sensi. E questo per via dei pellegrinaggi cristiani provenienti dall'Europa, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. «Per vivere dipendiamo dal turismo» ha detto un venditore di souvenir di Betlemme, il luogo di nascita di Gesù secondo i Vangeli. «Abbiamo avuto la pandemia e ci stiamo ancora riprendendo».
Attirati dalla storia e dalla religiosità di luoghi come Betlemme e Gerusalemme, ma anche dall'architettura particolare e tipicamente Bauhaus nonché dalle spiagge bianche di Tel Aviv, sono circa tre milioni i turisti che hanno visitato Israele e la Cisgiordania nei primi nove mesi dell'anno stando all'Ufficio centrale di statistica israeliano. Di questi, 800 mila erano americani.Una cifra, questa, vicina ai livelli pre-pandemici.
All'indomani dell'attacco terroristico di Hamas, il Ministero del Turismo israeliano ha diramato una nota. Dai toni tutto fuorché rassicuranti. Il succo? Evitate le gite, rimanete nei vostri alberghi o sulle navi da crociera. Sottotesto: tornate a casa, se potete. Nelle ore successive al dramma, consumatosi a pochi chilometri dalla Striscia di Gaza, i turisti non a caso hanno cominciato a riversarsi all'aeroporto di Tel Aviv Ben Gurion nella speranza di trovare al più presto un volo verso il Paese d'origine. Tutti i Paesi occidentali, nel frattempo, hanno innalzato l'allerta. Chiedendo ai propri cittadini che avevano prenotato un viaggio in Israele di considerare quantomeno di rimandarlo, se non proprio annullarlo. Così, ad esempio, il DFAE, il Dipartimento federale degli affari esteri: «Fino a nuovo avviso si sconsigliano i viaggi turistici e tutti gli altri viaggi non urgenti a destinazione di Israele». E ancora: «Chi deve imperativamente recarsi in Israele deve informarsi, prima e durante il viaggio, tramite i media e una persona di contatto locale in merito alla situazione attuale. Evitare blocchi stradali, manifestazioni e assembramenti di qualsiasi tipo e attenersi alle disposizioni delle autorità locali. Limitare i viaggi all’interno del Paese a un minimo indispensabile e chiarire precedentemente lo stato della sicurezza».
Elias al-Arja, il responsabile dell'Associazione alberghiera araba, ha dichiarato a Reuters che la maggior parte degli hotel, in Cisgiordania, ha trascorso la scorsa settimana ad assistere e aiutare i turisti a fuggire dopo le violenze perpetrate da Hamas. Circa il 90% delle strutture, al momento, è senza ospiti. Dan Hotels e Isrotel hanno messo a disposizione camere per chi sta scappando dal confine con Gaza. Ma il punto, detto dell'emergenza e della particolarità della situazione, è capire quando i visitatori stranieri potranno tornare. Quando o, peggio, se. Autenthic Israel, proprio per questo, ha chiesto a chi aveva prenotato un viaggio con l'agenzia di donare 150 dollari a testa per sostenere lo staff durante questo stop forzato. Uno stop che fa paura, molta paura. Ben Julius, fondatore di Tourist Israel, una delle più grandi agenzie turistiche del Paese, ha spiegato al Washington Post che Israele e la Cisgiordania hanno dovuto fermarsi proprio quando la ripresa stava mostrando il meglio. Solo questo mese, per dire, la sua agenzia prevedeva un afflusso di 15 mila visitatori.
Non solo, c'è anche un rovescio della medaglia. Molti impiegati nel settore turistico sono stati chiamati, in quanto riservisti, al fronte. A combattere. A dare una mano. A reagire, con la divisa dell'esercito, al terrore di Hamas. «I ristoranti, in questo momento, non possono aprire perché il loro personale è stato interamente richiamato» ha detto sempre al Post Inbal Baum, proprietario della compagnia israeliana di tour gastronomici Delicious Israel. «I camerieri, gli chef. Sono tutti in tenuta militare e combattono in tutto il Paese».