«È riduttivo e falsante pensare il mondo a blocchi delineati»
Mai data fu più azzeccata di questa, per il MEM. La settima edizione del Middle East Mediterranean Summit, che si conclude oggi all’USI, si è svolta in contemporanea con la settimana calda del voto americano. Tra i relatori, c’era anche Francesco Mazzucotelli, docente di Storia della Turchia e del Medio Oriente all’Università di Pavia. Con lui riflettiamo proprio sui giorni e sui fatti appena vissuti, così complessi da descrivere. E poi subito il pensiero è andato più a Est, in particolare al Medio Oriente. Ciò ci ricorda quanto sia complessa e correlata la realtà internazionale odierna. «Gli esperti di teoria delle relazioni internazionali parlano di un sistema multipolare e instabile», fa notare. «Viviamo in un mondo complesso non solo per la molteplicità degli attori coinvolti, ma anche per la natura dinamica delle loro relazioni. Se guardiamo alla mappa delle alleanze nei conflitti che attraversano il mondo, non solo in Medio Oriente, vediamo bene come sia riduttivo, anzi falsante, pensare a blocchi nettamente delineati e rigidamente contrapposti».
Che cosa cambierà
In merito al Medio Oriente, abbiamo subito dato per scontato che l’elezione di un nuovo presidente negli Stati Uniti potrà trasformare anche un conflitto come quello in corso nella regione. Mazzucotelli, però, sottolinea: «Mi pare che ci sia stata una sostanziale continuità tra amministrazioni USA, tanto democratiche quanto repubblicane, nel cercare di disegnare una nuova architettura di sicurezza regionale basata sulla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Israele e alcuni Paesi arabi avversi all’Iran. Tutta questa strategia si scontra, tuttavia, con la nuova situazione creata da più di un anno di guerra nella Striscia di Gaza e ora anche in Libano». Poi, detto questo, ora «nessuno ha la sfera di cristallo per prevedere il futuro. In molte parti del mondo, analisti e decisori politici sono in attesa di osservare le prime mosse di Trump per capire come si muoverà e se prevarrà il lato umorale della sua personalità». Intanto Netanyahu ha subito parlato della vittoria di Trump come di «una forte ripresa dell’alleanza con Israele». Che cosa cambierà in questo senso? Per molti Biden già faceva troppo, in fondo, nel sostegno a Tel Aviv. «Il tempismo con cui Netanyahu ha scaricato il ministro della Difesa Yoav Gallant, accusandolo di essere troppo morbido, e sostituendolo con Israel Katz, finora ministro degli Esteri e sostenitore di una linea ancora più dura, mi sembra difficilmente una coincidenza».
La Cina è centrale
Le immediate letture da bar hanno subito suggerito un altro concetto: per l’Iran saranno guai. Teheran ha reagito però con freddezza alla notizia, perlomeno a parole. Quanto influirà la presenza di Trump in un’eventuale evoluzione della vita in Iran, è presto per definirlo. Francesco Mazzucotelli spiega: «All’indomani della vittoria di Trump, alcuni analisti cinesi hanno molto acutamente valutato i possibili scenari, che vanno dalla guerra dei dazi a un aumento della pressione intorno a Taiwan. Molti concordano sul fatto che la contrapposizione con la Cina sia il vero punto centrale per Trump. Tutto questo riguarda il Medio Oriente perché bisogna ricordare che proprio la Cina ha architettato l’accordo di riconciliazione diplomatica tra Arabia Saudita e Iran che ha in qualche modo retto alla prova della guerra di Gaza e degli enormi scossoni successivi, anche con le operazioni militari dirette tra Israele e Iran. Più in generale, non vanno dimenticati gli interessi cinesi in Medio Oriente e nell’Oceano Indiano occidentale che costituiscono una parte importante del quadro generale».
Lo Spazio
Nel quadro generale rientra anche Elon Musk. In questo suo nuovo mandato, Trump avrà dalla sua parte Musk e tutte le sue tecnologie avanzatissime, già entrate in gioco in vari scenari di guerra. Come influirà in questo senso tale presenza nella politica estera di Trump, in particolare pensando al Medio Oriente? «Eviterei anche in questo caso di farne una questione strettamente personale. Come ha spiegato il libro di Tim Marshall, esiste una questione di “geografia dello Spazio” e di controllo dell’orbita geostazionaria che può sembrare fantascienza, ma che probabilmente determinerà le linee di politica estera nei prossimi anni».