E se anche il cibo fosse in abbonamento?

Eravamo e siamo abituati a Netflix. E ad altri servizi in abbonamento: dai trasporti alla telefonia, passando per l’energia. Ora, beh, di mezzo ci si è messo anche il cibo. In Francia, infatti, la catena Pizza Del Arte ha introdotto un forfait mensile di 36 euro. In cambio, è possibile mangiare (ovviamente) pizza e pasta ogni giorno presso i vari ristoranti del marchio.
Possibile? Evidentemente sì. Al netto delle critiche di esperti e osservatori, secondo cui il consumatore – così facendo – rischia di essere tratto in inganno, la ristorazione e la grande distribuzione, nell’Esagono ma non solo, stanno cedendo a queste logiche. Per dire: pagando fra i 5,99 e i 10 euro al mese, i clienti di Casino, Monoprix, Carrefour e Leader Price, come ha riferito Libération, hanno diritto a uno sconto su ogni spesa. Il modello piace ai francesi, tant’è che in media la popolazione nel 2021 aveva sottoscritto 10 abbonamenti a vari servizi, e produce ricchezza: stando a uno studio, l’anno scorso le cosiddette sottoscrizioni hanno generato 5,3 miliardi di euro mentre. E il fatturato, per il 2025, dovrebbe raddoppiare.
Uso vs. proprietà
Il modello, appunto, non è affatto nuovo. Con l’arrivo della tecnologia digitale e l’evoluzione dei consumi, nello specifico fra le fasce più giovani, ha però spopolato. Non più la proprietà, dunque. Ma l’uso. Le aziende hanno intercettato questo, chiamiamolo così, bisogno. Offrendo sempre più servizi in abbonamento. Il vantaggio? Duplice: le aziende possono allargare la base clienti, mentre i clienti hanno l’impressione di spendere meno e, quindi, aggirare il costo d’ingresso elevato tipico della proprietà. Spotify e Netflix, inoltre, hanno eliminato l’occupazione «fisica». Invece di riempire le nostre case di CD o DVD, beh, possiamo comodamente scegliere da cataloghi infiniti. Online.
Vantaggi e svantaggi
L’abbonamento, fronte aziende, come detto è molto vantaggioso. A patto che il cliente sia soddisfatto, il sistema permette di generare un flusso regolare di entrate. Facendo così il bene di azionisti e dirigenti. Il rovescio della medaglia, ovviamente, esiste. I prezzi apparentemente ridotti consentono a chiunque, o quasi, id accedere a beni e servizi altrimenti impossibili da raggiungere. Ma potrebbero intrappolare il cliente, paradossalmente facendogli credere che può liberarsi come e quando vuole o, ancora, che pagherà per sempre una determinata cifra.
Declinando la questione alla ristorazione, e senza scomodare il modello all you can eat adottato anche da diversi sushi oltreconfine, il sistema dell’abbonamento funziona o, meglio, può funzionare se l’abbonato, beh, si limita a mangiare dosi normali di cibo. Non potrebbe esserci redditività, infatti, se ogni cliente si recasse presso un ristorante della catena Pizza Del Arte e si ammazzasse di pasta e pizza.
A tal proposito, circa il rischio di rimanere in trappola è utile ritornare in Francia. Secondo uno studio Ipsos datato ottobre 2021, il 47% dei francesi ha dichiarato di essersi sentito prigioniero di un abbonamento mentre il 40% ha continuato a pagare abbonamenti per beni o servizi che non utilizzava per niente o utilizzava poco. È capitato anche a noi, invero. E probabilmente anche a voi che leggete.
Netflix, intanto, è riemerso...
La pratica, va da sé, è entrata nel mirino dei regolatori dell’Unione Europea. E questo perché, in taluni casi, hanno notato un’asimmetria fra la facilità con cui è possibile sottoscrivere un abbonamento e la difficoltà nell’uscirne senza incorrere in penali o pagamenti extra. Gli occhi sono altresì puntati sui rinnovi automatici senza esplicito consenso da parte dell’utente/cliente.
Ad aiutare le famiglie a spendere meglio, ovviamente, è arrivata l’inflazione. Il crescente numero di abbonamenti possibili, basti pensare alle piattaforme streaming presenti in Svizzera, spingerà i consumatori a ragionare di più sulle spese da sostenere. Dal citato sondaggio Ipsos, ad esempio, emergeva che il 63% degli intervistati si pone quale obiettivo una migliore gestione delle spese.
Certo, servirà sul lungo periodo molta inventiva. Netflix, per dire, dopo aver accusato una forte perdita di abbonati – la sua prima in dieci anni – ha fermato l’emorragia con un giro di vite sulla condivisione dell’account e annunciando il lancio di una formula più economica che prevede le pubblicità. I risultati del terzo trimestre hanno dato ragione al colosso, con 2,4 milioni di nuovi clienti. Tradotto: presto o tardi potrebbe stancare un «semplice» abbonamento per pasta e pizza.