Francia

François Bayrou perde il voto di fiducia che chiedeva

Dovrà ora consegnare le dimissioni del suo governo al presidente della Repubblica, Emmanuel Macron: e adesso, che succederà?
© KEYSTONE (EPA/YOAN VALAT)
Dario Campione
08.09.2025 19:04

L’Assemblea nazionale francese ha sfiduciato, questa sera, il primo ministro François Bayrou al termine di un lungo e, per molti tratti, tesissimo dibattito. In carica dal 13 dicembre dello scorso anno, Bayrou aveva chiesto a sorpresa ai deputati, alcuni giorni fa, un via libera politico prima di mettere mano alla finanziaria 2026, una manovra che si annuncia molto dura. Il Parlamento, con 364 voti contrari e 194 favorevoli, ha però negato la sua fiducia al premier, che domani mattina salirà quindi all’Eliseo per rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Il quale, ora, avrà due opzioni davanti a sé: indire nuove elezioni, un'opzione poco probabile, o avviare le consultazioni con i partiti per poi nominare un nuovo primo ministro.

La crisi politica francese conosce così un ulteriore, traumatico passaggio. Bayrou è il quarto primo ministro nominato da Macron in questo secondo mandato – prima di lui c’erano stati Élisabeth Borne (dal maggio 2022 al gennaio 2024), Gabriel Attal (gennaio-settembre 2024) e Michel Barnier, premier soltanto per una settantina di giorni – ma è anche il primo capo di governo, nella storia della Quinta Repubblica, caduto dopo aver chiesto la fiducia dell’Assemblea nazionale.

Il discorso del premier

Nel suo discorso, pronunciato in apertura di seduta, Bayrou ha spiegato il motivo che lo ha spinto a una «prova della verità. Alcuni di voi, probabilmente i più ragionevoli, hanno pensato che fosse irragionevole, che fosse un rischio troppo grande. Tuttavia, io penso esattamente il contrario. Il rischio più grande sarebbe stato non correrlo, lasciare che le cose continuassero senza che nulla cambiasse. Quello di cui ci occupiamo oggi non è una questione politica: è una questione storica – ha continuato – Le questioni politiche sono domande per le prossime elezioni, ma le questioni storiche sono domande per la prossima generazione».

Il primo ministro francese ha insistito a lungo sulle questioni sociali e sui temi economico-finanziari, lanciando più di un allarme. «Produciamo meno dei nostri vicini – ha detto – c’è un enorme problema di educazione nazionale, un enorme problema abitativo, ci sono questioni di sicurezza e giustizia». Ma la questione cruciale, ha ripetuto Bayrou, è il «sovraindebitamento. Ogni anno spendiamo più delle nostre risorse, e spesso molto di più. Spendiamo, ma non torniamo mai indietro. È diventata una dipendenza. Le spese ordinarie del Paese, le spese per la nostra vita quotidiana, per i servizi pubblici, per le pensioni, per il welfare: ci siamo abituati a finanziarle a credito, portando il Paese a un accumulo schiacciante di 3.415 miliardi di euro di debito. La Francia pensa di diventare sempre più ricca, e ogni anno diventa un po’ più povera. È un’emorragia silenziosa, sotterranea, invisibile e insopportabile. Non abbiamo un bilancio in pareggio da 51 anni». Se si vuole salvare la nave «su cui siamo e su cui sono i nostri figli, dobbiamo agire senza indugio verso la riduzione del debito. Abbiamo rotto il contratto di fiducia tra le generazioni che è la base del contratto sociale, e non ci sono soluzioni facili», ha aggiunto, facendo riferimento soprattutto alle ricette della sinistra di aumento delle tasse.

«Signore e signori deputati, avete il potere di rovesciare il governo, ma non avete il potere di cancellare la realtà – ha quindi concluso il primo ministro – una realtà che rimarrà inesorabile. Un Paese che non è in grado di riequilibrare le proprie finanze pubbliche è un Paese che abbandona sé stesso». L’unica via d’uscita resta un «compromesso tra le grandi sensibilità della nazione. Se non c’è un sostegno minimo, un accordo sulla situazione e sulla traiettoria imperativa di ripresa, allora l’azione del governo sarebbe destinata al fallimento e, peggio ancora, non avrebbe senso. Ma credo nei compromessi, quando rispettano l’essenziale».

Le reazioni in aula

L’appello finale di Bayrou non ha tuttavia sortito alcun effetto. Socialisti, Verdi, Sinistra democratica e repubblicana, Unione dei Democratici per la Repubblica, Rassemblement National e La France Insoumise hanno ribadito, con i propri rappresentanti, di non voler votare la fiducia al Governo. Contro pure gli eletti del gruppo Libertà, Indipendenti, Oltremare e Territori (LIOT). A favore di Bayrou si sono schierati i liberali macroniani di Insieme per la Repubblica, il gruppo Horizons & Indépendants e i Democratici di Marc Fesneau. Laurent Wauquiez ha invece annunciato la libertà di voto dei Républicains.