Future Kind Village: dal dolore di un’infanzia negata alla speranza di una comunità che accoglie

Nel cuore di un impegno collettivo per il benessere dell’infanzia nasce Future Kind Village, un’idea giovane ma già capace di guardare lontano. Fondata nel 2025 da Marina Shehani Sardisco, l’associazione si propone di trasformare una storia di vulnerabilità in un modello concreto di cura e accoglienza, con uno scopo tanto ambizioso quanto sentito: creare una comunità inclusiva, capace di coniugare protezione, crescita e autosostenibilità, progettando uno spazio che ospiti sia un orfanotrofio sia un villaggio che possa accogliere viaggiatori provenienti da tutto il mondo.
Il progetto, registrato in Svizzera e con sede a Vacallo, prenderà forma nello Sri Lanka, luogo emblematico per la presidente dell'associazione. Lì, dove Marina ha trascorso i primi anni di vita in orfanotrofio, nascerà il primo villaggio. Una scelta che non è solo geografica, ma profondamente emotiva: partire dal luogo delle origini per restituire speranza a chi oggi vive condizioni simili a quelle che lei stessa ha conosciuto da bambina.
«Sono stata adottata a sei anni. Parlo dell’adozione come di un vero miracolo: se non fosse accaduto, oggi non sarei nella situazione in cui mi trovo», racconta Marina. Il suo passato è segnato da esperienze di paura, privazione e violenza: notti interrotte da incursioni armate, punizioni inflitte per futili motivi, la fame che portava i bambini a mangiare dentifricio per sopravvivere. Una quotidianità in cui l’infanzia era negata, sostituita da dolore e resistenza.
Con l’arrivo in Svizzera e l’abbraccio di una famiglia adottiva, la vita di Marina ha preso un’altra direzione. Ma le ferite di quegli anni non sono rimaste mute: «Non ho mai parlato di questo passato con i miei genitori adottivi, ma oggi sento che la mia voce può servire ad altri». Da qui nasce la decisione di dare forma a un sogno: un villaggio che non sia soltanto un orfanotrofio, ma una comunità viva, capace di garantire sicurezza, dignità e possibilità di futuro.
Il legame di Marina con lo Sri Lanka non è solo memoria lontana: «Tornando in Sri Lanka speravo di ritrovare la donna che mi aveva messo al mondo, ma scoprii che i documenti erano falsi. Durante quel viaggio incontrai anche una compagna d’orfanotrofio, con cui condividevo ricordi preziosi, e compresi che la mia vera famiglia l’avevo già trovata. Da quella visita nacque la decisione di costruire il primo villaggio.» Il concept di Future Kind Village ha dunque un’impronta ben chiara, l’obiettivo è di «offrire ai bambini un luogo in cui crescere protetti e accompagnati verso l’autonomia fino alla maggiore età. Dai 18 ai 20 anni avranno tempo e sostegno per cercare nuove opportunità; chi lo desidera, poi, potrà restare lavorando nell’area turistica del villaggio».

La parte turistica non è un dettaglio accessorio, ma il cuore del modello di autosostenibilità. «L’idea è che il villaggio possa vivere non esclusivamente di donazioni, ma anche di un’economia etica, basata sull’accoglienza responsabile dei viaggiatori». Un equilibrio tra solidarietà e impresa sociale che, nelle intenzioni dei promotori, garantirà stabilità e continuità al progetto.
Sul piano pratico, ogni dettaglio è stato curato. «I moduli abitativi saranno sicuri e resilienti, pronti a resistere alle intemperie. Useremo pannelli solari, raccolta idrica e orti idroponici. Ogni bambino avrà un braccialetto RFID con geolocalizzazione e funzione SOS» le idee di Marina sono chiare «Non voglio che nessuno dei nostri bambini riviva la paura che io ho conosciuto».
Il primo villaggio nascerà in Sri Lanka, ma l’orizzonte è ben più ampio. Future Kind Village ha già in programma la creazione di nuove comunità in Nepal, India e Madagascar, con l’ambizione di offrire un modello replicabile a livello internazionale. Il business plan, del valore di 5 milioni di franchi, è stato elaborato su un arco di sette anni. Il progetto si trova oggi nella fase iniziale, con attività mirate a far conoscere l’idea e ad attivare canali di raccolta fondi.
Il prossimo 18 settembre, al centro abitativo e di cura Tertianum Comacini, l’associazione presenterà il progetto con il suo primo evento ufficiale, occasione per condividere questa visione e raccogliere sostegno. Una visione che nasce da una voce personale, ma che vuole farsi coro collettivo: il sogno di un villaggio in cui l’infanzia non sia più sinonimo di paura, ma di possibilità.
Marina non parla solo come presidente dell’associazione, ma come testimone diretta. «La mia infanzia è stata fatta di abbandono e dolore, ma oggi voglio che questa esperienza diventi seme di futuro. Voglio che i bambini che entreranno nei nostri villaggi possano crescere nella sicurezza, nella dignità e con la possibilità di scegliere davvero il proprio cammino. Nessuno deve restare prigioniero del proprio passato».