Italia

Garlasco, si cerca una nuova verità nei reperti di 18 anni fa

Si tratta solamente dell'inizio del maxi incidente probatorio nell'ambito della nuova inchiesta per l'omicidio di Chiara Poggi
Alberto Stasi con il suo avvocato, Giada Bocellari. © Claudio Furlan/LaPresse via AP
Ats
17.06.2025 20:51

Un lavoro meticoloso di verifica del contenuto dei plichi che raccolgono i reperti di 18 anni fa per essere analizzati, se utilizzabili, con le tecniche di ultima generazione. Un lavoro certosino, certo non privo di tensioni tra i consulenti delle parti e i periti indicati dal gip di Pavia che durerà giorni - prossimo appuntamento giovedì -, e che costituisce solo l'inizio del maxi incidente probatorio nell'ambito della nuova inchiesta per l'omicidio di Chiara Poggi.

Tra i reperti raccolti non c'è l'intonaco grattato dalla parete delle scale vicino alle quali fu trovato il corpo della ragazza e sul quale era stata isolata l'impronta 33 ora attribuita ad Andrea Sempio, l'amico della vittima al centro della nuova indagine. Il tentativo sarebbe stato di estrapolare il Dna da quel reperto, cercato senza successo nelle scorse settimane dai carabinieri, per approfondimenti su quella manata a cui inquirenti e investigatori attribuiscono grande significato.

Con l'apertura delle buste si è capito anche che le impronte raccolte sulla scena del crimine, e ora oggetto dell'esame dei periti e dei consulenti, non sono conservate su fascette para adesive ma su fogli di acetato. Quindi con minori capacità di conservazione, su cui il consulente della famiglia di Chiara Poggi esprime dubbi. «È oggettivo averne - dice -: pare che questi reperti siano stati conservati a temperatura ambiente. Vedremo quale sarà l'impostazione che i periti vorranno dare al loro lavoro. Noi seguiremo la loro attività e cercheremo di dare il nostro contributo. La famiglia Poggi - ribadisce - è ricaduta nel baratro che ha già affrontato 18 anni fa. Ci aspettiamo questa volta una soluzione definitiva».

Di opinione differente è l'avvocata che difende Alberto Stasi, all'epoca dell'omicidio fidanzato della vittima, condannato in via definitiva per il delitto a 16 anni di carcere. «Sembra che i reperti siano stati conservati come dovevano», dice la legale. Non c'era, invece, l'avvocata che con un collega difende Sempio. «Ho ritenuto non necessaria la mia presenza oggi, in quanto credo fermamente nelle capacità e nella professionalità del nostro consulente, il generale Garofano».

L'ex comandante del Ris di Parma è tranciante: «Credo nell'innocenza di Andrea Sempio fino a prova contraria e non mi aspetto risultati eclatanti - sono le parole pronunciate all'ingresso della Questura di Milano, dove si è svolto l'incidente probatorio -. Io credo fino a prova contraria all'innocenza di Andrea Sempio e credo nella sentenza definitiva».

Siamo solo alle schermaglie dell'incidente probatorio che dovrebbe 'cristallizzare' la prova in un eventuale dibattimento. Gli esperti genetisti e dattiloscopici saranno poi chiamati a confrontarsi sulla utilizzabilità, con le nuove tecniche forensi, dei due profili genetici estrapolati dai margini ungueali di Chiara già durante il processo d'appello bis nei confronti di Stasi. Questo per una comparazione attendibile con il Dna di Sempio, emerso dalle nuove indagini, e con quelli di Stasi e di tutte le persone che hanno frequentato la villetta di Garlasco.

Poi si procederà con l'estrazione del Dna dalle impronte da quelle che si credevano striscette para adesive tra cui la numero 10, lasciata sulla porta dell'abitazione dei Poggi, e sul materiale allora repertato dal Ris di Parma oppure scartato perché inutile o insufficiente per qualsiasi esame. Sarà presa in considerazione anche la spazzatura, tra cui il barattolino di Fruttolo, sequestrata all'indomani dell'omicidio con le confezioni di cereali e cucchiaini per la colazione che Chiara, la mattina del delitto, non finì.