Germania in subbuglio, muro tra la CDU e l’AfD

Il 6 febbraio l’elezione del presidente della Turingia, il liberale Thomas Kemmerich, con l’appoggio dell’AfD e della CDU, ha provocato un terremoto politico sfociato nelle sue dimissioni e nel passo indietro della leader della CDU Annegret Kramp-Karrenbauer nella corsa al cancellierato. L’analisi di Herfried Münkler, professore di Scienze politiche a Berlino.
Le elezioni regionali in Turingia, anche per il risoluto intervento di Angela Merkel, hanno mostrato che i cristianodemocratici (oltre ai liberali) vogliono prendere le distanze dall’Alternativa per la Germania (AfD). Niente collaborazione e quindi nessun sostegno alla destra populista. Qual è la sua chiave di lettura?
«Per capirne le ragioni occorre rispolverare la storia. Tutto parte dall’autodistruzione della Repubblica di Weimar. Se si esamina quanto accaduto spiccano la debolezza e i tatticismi dei politici di centro di allora fino alla messa al bando della Costituzione dell’epoca e all’entrata in vigore del Decreto dei pieni poteri del marzo 1933. Proprio in Turingia l’AfD si presenta come un partito nazionale, sociale e del popolo. Abbiamo a che fare con una reazione al trauma subito dai tedeschi con la caduta della Repubblica di Weimar, e a una presa distanza da quella pagina oscura di storia».
Una parte dei partiti ha preso le distanze dall’AfD. Come definisce questa forza politica?
«L’AfD è composta, da una parte, da persone scontente della linea centrista della CDU assunta da Angela Merkel negli ultimi anni. Dall’altra è un partito che tra i propri membri conta persone che vogliono un’altra repubblica e che auspicano pure un’Europa diversa. Sono politici che intendono uscire dal progetto europeo per seguire un disegno nazionalista o popolare. L’AfD è però un partito diviso nel quale prevalgono lotte intestine e si rafforza l’ala destra con una marginalizzazione dei melanconici conservatori».
Proprio l’elezione in Turingia ha portato al passo indietro di Annegret Kramp-Karrenbauer. Angela Merkel, che l’aveva pomossa a fine 2018, è rimasta orfana della sua erede politica. Cos’è successo?
«Le difficoltà per la signora Kramp-Karrenbauer sono sorte quando è emersa la sua incapacità di farsi valere nel partito. Ciò lo si è visto soprattutto nel confronto con il leader dell’FDP Christian Lindner. Quest’ultimo si è recato a Erfurt per far fare passi avanti ai liberali in quel Land. Subito dopo è stata Kramp-Karrenbaurer a recarsi a Erfurt senza però riuscire a imporre la linea della CDU di Berlino. L’appoggio dei cristianodemocratici della regione ai liberali, insieme all’AfD, è stata una sua sconfitta. Kramp-Karrenbauer si è resa conto di questa sua debolezza e si è tirata indietro».
Negli ultimi confronti elettorali, nazionali e regionali, i partiti conservatori tedeschi - non solo la CDU ma anche la CSU e l’FDP - hanno perso consensi a vantaggio dei Verdi e dell’AfD. Come lo spiega? Cosa c’è ora da attendersi per le prossime scadenze con le urne?
«In Germania sta accadendo molto tardivamente quanto si è già manifestato in Europa, ovvero il tracollo del sistema dei partiti tradizionali e l’erosione dei vecchi partiti popolari. Il fenomeno è iniziato in Italia, è proseguito in Francia, per manifestarsi in Paesi anche più piccoli, in Danimarca, in Austria e un po’ anche in Svizzera. Lo si vede anche in Germania, dove la CDU segue ciò che la SPD ha vissuto dopo l’era Schröder: l’allontanarsi della possibilità di ottenere consensi del 40% o più, poi scesi al 30% e nel frattempo attorno al 20%. Si tratta di una tendenza piuttosto diffusa che mostra l’impossibilità di mobilitare la popolazione attorno a un’idea in modo programmatico. Per questo occorrono personalità che non hanno più avuto l’SPD e che sta cercando di avere la CDU. Si è fatta largo la soluzione di una doppia guida, come hanno già l’SPD e i Verdi e che potrebbe interessare domani anche i cristianodemocratici.
I primi sondaggi per le elezioni comunali bavaresi del prossimo 15 marzo indicano l’SPD al 27,5%, i Verdi al 26,2%, AfD e Linke rispettivamente al 9% e CSU al 3,7%, con la candidata cristiano-sociale Kristina Frank addirittura in ultima posizione per sostituire il sindaco dell’SPD Dieter Reiter. Come mai?
«Nelle democrazie occidentali, nell’immediato futuro, l’elettorato terrà - appunto - sempre più conto delle persone, della loro credibilità e del loro profilo piuttosto che dei programmi partici. I partiti tradizionali saranno costretti a tenerne conto».
Sono in corso i colloqui con i candidati CDU alla presidenza: Friedrich Merz, Armin Laschet, Jens Spahn - e da ieri - anche Norbert Roettgen. Kramp-Karrenbauer ha auspicato che il leader del partito debba essere anche il candidato alla Cancelleria. Ma il presidente della CSU Markus Söder è contrario. CDU e CSU, insomma, faticano ancora a dialogare?
«È chiaro che tra i due partiti vi sia una lotta di potere per stabilire chi è in grado di avere più influsso. Anche la CSU in Baviera, del resto, è sotto pressione, in questo senso la posizione di Söder appare più chiara».
Proprio Söder ha posto l’isolamento dell’AfD tra le condizioni del nuovo corso CDU-CSU in linea con Angela Merkel.
«La CSU di Söder ha preso le distanze in modo marcato dall’AfD. A suo tempo Horst Seehofer aveva tentato di sottrarre voti all’AfD con una politica più profilata a destra. Söder è convinto invece che la migliore strategia sia quella di isolare i populisti escludendo ogni collaborazione. Ciò è frutto di calcolo, di grande flessibilità e di notevole tattica».
Angela Merkel è un peso massimo della politica. Crede che il suo successore possa anche determinare un cambiamento nei rapporti della Germania con l’UE, nel cui ambito la Francia di Macron cerca più influenza?
«L’Unione europea ha bisogno di recuperare capacità d’azione e di cambiamenti strutturali. La Germania si trova in una situazione privilegiata, sia perché è il Paese con più abitanti sia perché ha il PIL più elevato. Macron, che in casa sua fa fatica a far passare le sue riforme, in Europa si vuol mostrare dinamico. La Francia - nell’UE - ha sempre avuto l’iniziativa politica, la Germania quella economica. Se il tandem franco-tedesco dovesse proseguire in questi termini vi sarebbe il giusto bilanciamento. Un’UE a trazione tedesca, come quella impersonificata da Angela Merkel, non è quanto vogliamo».