Italia

Gestione COVID-19, perché Giuseppe Conte e Roberto Speranza sono indagati?

Si è conclusa l’inchiesta della procura di Bergamo sulla pandemia: al centro delle indagini il mancato adeguamento del piano pandemico e la mancata attivazione della zona rossa in Val Seriana
©John Thys
Red. Online
02.03.2023 09:30

Si è chiusa, dopo tre anni, l’inchiesta sulla gestione dell’emergenza coronavirus nella Bergamasca a inizio 2020. Tra gli indagati, una ventina in tutto, figurano anche l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, oltre al governatore della Lombardia Attilio Fontana, all’ex assessore Giulio Gallera, al presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro e a diversi dirigenti di alto profilo.

Le ipotesi di reato sono epidemia colposa, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti d’ufficio. Le indagini, nello specifico, si sono concentrate sul mancato adeguamento del piano pandemico e sulla mancata attivazione della zona rossa in Val Seriana, all’emergere dei primi contagi.

Le indagini

Le indagini della Guardia di Finanza hanno riguardato tre piani: locale, regionale, nazionale. Da una parte i morti nella Bergamasca – 6.200 in più tra febbraio e aprile del 2020 rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti –, dall’altra appunto la mancata istituzione di una zona rossa come avvenuto nel Lodigiano. In mezzo, il mancato aggiornamento del piano pandemico – fermo al 2006 – e la mancata applicazione di quello esistente. Che, comunque, avrebbe potuto contenere la diffusione del virus.

Due giorni dopo il famoso paziente 1 di Codogno, il 23 febbraio, vennero accertati i primi due casi all’ospedale Fenaroli di Alzano Lombardo. La struttura venne subito chiusa ma, dopo poche ore e senza ragione, venne riaperta. Secondo l’accusa, senza essere stata sanificata. Secondo i modelli matematici, se fosse stata istituita una zona rossa in val Seriana al 27 febbraio i morti sarebbero stati 4.148 in meno e al 3 marzo 2.659 in meno.

Gli atti

«Questo ufficio di Procura in data 20 febbraio – ha scritto il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani in un comunicato – ha concluso le indagini nei confronti di 17 persone che, a vario titolo, hanno gestito la risposta alla pandemia da COVID-19». Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza di Bergamo e, leggiamo, «sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti acquisiti e/o sequestrati, sia in forma cartacea che informatica, presso il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, il Dipartimento della Protezione civile, Regione Lombardia, ATS, ASST, l’ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo, nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti, attività questa alla quale hanno partecipato anche in prima persona i PM delegati».

Un’attività, questa, che secondo Chiappani «è stata oltremodo complessa sotto molteplici aspetti e ha comportato altresì valutazioni delicate in tema configurabilità dei reati ipotizzati, di competenza territoriale, sussistenza del nesso causalità ai fini dell’attribuzione delle singole responsabilità, e ha consentito innanzitutto di ricostruire i fatti così come si sono svolti a partire dal 5 gennaio 2020».

Le posizioni dell'ex premier Conte e dell'allora ministro Speranza saranno dunque trasmesse al Tribunale dei ministri, che dovrà valutare gli atti. Da quanto si è appurato, Fontana e Gallera, anche attraverso i loro legali, non hanno ricevuto per il momento alcun atto riguardante la chiusura dell’inchiesta della Procura di Bergamo anche a loro carico. Tradotto: non ci sarebbe stata alcuna comunicazione formale da parte dei PM sul fatto che siano indagati. Entrambi erano stati sentiti come testimoni nell’indagine.

Le reazioni

«Apprendo dalle agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo» ha detto Conte in una nota. «Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità, durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica».

Dello stesso tenore il comunicato di Speranza: «Apprendo dalle agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Ho sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto. Io sono molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina ed onore nell’esclusivo interesse del Paese. Ho piena fiducia come sempre nella magistratura».

In questo articolo: