Il caso

Gli houthi, Israele e i rischi per il commercio marittimo globale

Il gruppo paramilitare yemenita, sostenuto dall'Iran, potrebbe ripetere azioni simili al sequestro della nave cargo Galaxy Leader e contribuire alla destabilizzazione della regione
Red. Online
27.11.2023 22:30

Lo scorso 19 novembre, alcuni ribelli Houthi – un gruppo paramilitare sciita dello Yemen sostenuto dall'Iran – hanno sequestrato una nave cargo in transito nel Mar Rosso. Il commando, formato da uomini armati fino ai denti, è sbarcato sul ponte della nave da un elicottero. Quindi, una volta assunto il controllo, a bordo sono state issate le bandiere palestinese e yemenita. Della serie: qui, adesso, comandiamo noi. La nave cargo, denominata Galaxy Leader, è di proprietà britannica, ma gestita dalla compagnia giapponese Nippon Yusen. A monte, è riconducibile all'imprenditore israeliano Abraham Ungar. E proprio per questo è stata assaltata. 

Il sito di monitoraggio del traffico marittimo, nel frattempo, ha riferito che la nave è ormeggiata nel porto di Hodeida. Nello Yemen, già. L'operatore, Nippon Yusen, dal canto suo ha spiegato di aver istituito una task force per raccogliere informazioni sull'equipaggio: venticinque persone in tutto, provenienti da Bulgaria, Filippine, Messico, Romania e Ucraina. Sebbene nessun cittadino israeliano si trovasse a bordo durante lo sbarco dei ribelli, Israele ha definito l'incidente «un atto di terrorismo iraniano». Specificando che quanto accaduto avrebbe avuto gravi conseguenze per la sicurezza marittima internazionale.

Navigare nella regione senza problemi, da tempo, comporta alcuni rischi specifici. Dal Mar Rosso al Golfo di Aden, passando per il Golfo Persico, lo Stretto di Hormuz e il Golfo di Oman, la sicurezza delle navi cargo è diventata un tema scottante. Soprattutto a causa delle tensioni fra Iran e Stati Uniti e, di riflesso, delle restrizioni al commercio di petrolio iraniano. La Marina militare iraniana, in particolare, starebbe seriamente compromettendo i passaggi nello Stretto di Hormuz. Come? Fra aprile e maggio, le autorità navali iraniane hanno sequestrato tre petroliere straniere in risposta ai sequestri, da parte americana, di petroliere che trasportavano petrolio di Teheran. 

Ora, a un quadro di per sé già molto complicato e tormentato si è aggiunta la crisi israelo-palestinese. È notizia di ieri, al riguardo, il tentativo (fallito) di dirottare la Central Park, una nave cisterna gestita da un uomo d'affari israeliano, nel Golfo di Aden. La Marina statunitense ha fermato cinque pirati. Soprattutto, l'International Maritime Bureau's Piracy Reporting Center, organizzazione che funge da punto focale nella lotta contro tutti i tipi di criminalità marittima, si aspetta che questi incontri ravvicinati (e sgraditi) continuino. A maggior ragione adesso, con Israele nel centro del mirino. D'altro canto, è piuttosto facile ottenere informazioni sulle navi israeliane e sulle loro rotte. Abdul Malik al-Houthi, il leader degli Houthi, ha dichiarato apertamente che il gruppo paramilitare sta cercando navi dello Stato Ebraico. Con o senza bandiera con la Stella di David.

Il fatto che gli Houthi abbiano assaltato una nave, evidentemente, ha creato scalpore. Proprio perché, a differenza della pirateria semplice, il rischio principale per le navi commerciali nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, il gesto aveva forti motivazioni e connotazioni politiche. Resta da capire, appunto, se e quanto episodi simili possano verificarsi nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Con tutte le conseguenze del caso per il commercio marittimo: un terzo dei passaggi giornalieri, nel mondo, passa per questa regione. Secondo gli esperti, un'escalation delle operazioni israeliane contro Hamas potrebbe provocare nuovi episodi. D'accordo, ma che cosa bisogna fare perché la nave ritorni al legittimo proprietario? Gli esperti, basandosi su un altro caso recente, la Heroic Idun, un'altra petroliera di Abraham Ungar, ritengono che un riscatto fra 1 e 1,5 milioni di dollari potrebbe convincere gli Houthi a sbloccare la situazione.

Complessivamente, come riportato da Deutsche Welle, le Nazioni Unite hanno stimato che gli atti di pirateria in mare costino al commercio marittimo fino a 12 miliardi di dollari all'anno. È verosimile pensare che, detto delle navi israeliane e dei rischi che stanno correndo, in linea di massima non dovrebbero verificarsi aumenti di dirottamenti nel Mar Rosso. Ad aumentare, però, saranno i costi di assicurazione e per la sicurezza. Come avvenuto nel Mar Nero, in seguito all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.

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