La storia

I droni sul Cremlino? C'è chi, nel 1987, atterrò in Piazza Rossa

L'incredibile vicenda di Mathias Rust, che in piena Guerra Fredda riuscì a penetrare lo spazio aereo sovietico a bordo di un piccolo Cessna, arrivando nel cuore di Mosca
L'aereo di Rust, sulla destra, in pieno centro a Mosca. Correva l'anno 1987 © AP
Marcello Pelizzari
05.05.2023 15:15

Molto è stato detto ma poco, in fondo, è emerso finora a proposito dei droni che, alcuni giorni fa, hanno colpito il Cremlino. Accuse reciproche, ipotesi, supposizioni. Fine. Qualcuno, invero, si è chiesto: possibile che due oggetti del genere possano penetrare uno degli spazi aerei più controllati e blindati al mondo? Evidentemente sì.

Anche perché, a ben vedere, ci sarebbe un precedente. Nel 1987, quando Mosca era ancora la capitale dell’Unione Sovietica, un adolescente della Germania Ovest sconvolse il mondo intero. Come? Volando attraverso la difesa aerea del gigante comunista e facendo atterrare il suo aereo, un Cessna, sulla Piazza Rossa. Roba da matti. Mathias Rust, all’epoca, aveva appena 19 anni. Finì in carcere per oltre un anno. Eppure, a suo dire, ne valse la pena. Quantomeno, a distanza di tempo rivelò che di rimpianti, per quella bravata compiuta in piena Guerra Fredda, non ne aveva.

Rust in una foto dell'epoca. © AP
Rust in una foto dell'epoca. © AP

Cambiare il mondo, volando

Rust, riavvolgendo il nastro, volò in solitaria per oltre 750 chilometri. Superò indenne ogni scudo sovietico e, come detto, atterrò alle porte del Cremlino. L’idea, spiegò, gli venne l’anno precedente, guardando la televisione a casa dei genitori, ad Amburgo. Un vertice a Reykjavik fra le due superpotenze, URSS e Stati Uniti, si concluse con un nulla di fatto. E Rust, grande appassionato di politica, sentì forte dentro di sé il sentimento di dover fare qualcosa di concreto. Per aiutare, insomma.

Il ragazzo, dal canto suo, non era uno sprovveduto. Quantomeno, non a livello di aeroplani. Aveva una licenza di pilota e, nel momento in cui gli venne in mente di atterrare sulla Piazza Rossa, aveva già accumulato una cinquantina di ore in volo. «L’aereo – disse nel ricordare l’impresa – doveva fungere da ponte immaginario fra Occidente e Oriente». E ancora: «Tante persone, come me, volevano dimostrare di migliorare le relazioni fra i due mondi».

«Esco per fare un giro»

E così, il 13 maggio del 1987 Rust disse ai suoi genitori che sarebbe salito su un Cessna per fare un giro del Nord Europa. Il motivo? Accumulare altre ore per conseguire il brevetto di pilota professionista. Il ragazzo volò alle Shetland e, poi alle Faroe. E ancora: Reykjavik, Bergen, Helsinki. Nella capitale finlandese passò il tempo, diversi giorni invero, alla ricerca del coraggio e della forza per portare a termine il suo piano. A giusta ragione, Rust era un filo nervoso.

L’URSS era dotata del più grande sistema di difesa aerea al mondo. Meno di cinque anni prima, un aereo di linea sudcoreano era stato abbattuto dopo essere entrato nello spazio aereo sovietico. Il volo Korean Air Lines Flight 007, già, nel quale morirono 269 persone a bordo. «Avevo paura di perdere la vita» ricordò in seguito Rust.

La mattina del 28 maggio, in un qualche modo, il giovane pilota prese il coraggio a due mani e risalì sul Cessna, spiegando al controllo del traffico aereo che si sarebbe diretto a Stoccolma. Mezz’ora dopo la partenza, cambiò direzione a 170 gradi e puntò dritto verso Mosca.

I controllori, ovviamente, si allarmarono e non poco. Soprattutto quando l’aereo di Rust, dopo un po’, sparì dai radar. Venne lanciata una caccia all’uomo, in mare fu perfino trovata una macchia di petrolio. In molti pensarono: e se il ragazzo avesse avuto un incidente?

Ma Rust, appunto, era in volo. Comodamente seduto ai comandi del Cessna, intendo ad attraversare lo spazio aereo sovietico. Fu rilevato dai radar, meno di un’ora più tardi fu affiancato da un caccia, un MiG. Ripeschiamo ancora dalle memorie del ragazzo: «Mi passò così vicino sul lato sinistro che vidi i due piloti seduti nella cabina di pilotaggio e, ovviamente, anche la stella rossa dell’ala dell’aereo». Il jet, però, non attaccò. Sparì fra le nuvole. Incredibilmente, il Cessna venne scambiato per un aereo amico.

Germania Est? No, Ovest

Grazie alla sua perseveranza, al suo coraggio e a una buona dose di fortuna, dunque, Rust attraversò miglia e miglia di spazio aereo sovietico senza entrare in contatto con le forze di difesa. Giunse infine a Mosca, ma presto si presentò un ulteriore problema: l’atterraggio, fra le guglie e le cupole del Cremlino, sarebbe stato difficile. A terra, intanto, i moscoviti si erano fermati per strada e avevano alzato lo sguardo al cielo. Ma che fa quello?

Alla fine, Rust individuò un ponte a quattro corsie accanto alla Cattedrale di San Basilio. Fece un altro giro di controllo e, alla fine, lo adoperò come pista di atterraggio. Altro colpo di fortuna: quel ponte, solitamente, è attraversato da spessi cavi. Quella mattina, proprio quella mattina, i cavi vennero tuttavia rimossi per lavori di manutenzione. Atterrare, altrimenti, sarebbe stato impossibile.

Dopo l’atterraggio, ai primi accenni di tramonto, verso le sette di sera, Rust rullò fino alla Piazza Rossa. Uscì dal Cessna e salutò la folla che, curiosa, si era radunata attorno a lui. Da dove veniva quel giovane straniero e perché, soprattutto, aveva deciso di atterrare nel cuore di Mosca? «Sono qui per una missione di pace dalla Germania» disse il ragazzo. In molti gli strinsero la mano, pensando che arrivasse dalla Germania Est. Ma Rust era tutto fuorché un alleato e quando spiegò che in realtà proveniva dall’altra Germania, quella Ovest, la faccenda si complicò. E non poco.

L'aereo di Rust e, sullo sfondo, la Cattedrale di San Basilio. © AP
L'aereo di Rust e, sullo sfondo, la Cattedrale di San Basilio. © AP

Il carcere e la buona volontà

Ripresasi dallo shock, la polizia moscovita arrestò Rust. Il quale, dal canto suo, passò ore e ore a cercare di convincere le autorità che non aveva complici in città, non era parte di un complotto ordito dai governi stranieri e che, in buona sostanza, aveva pensato davvero di fare una cosa così assurda per motivi di pace.

Il presidente dell’URSS, Mikhail Gorbaciov, sfruttò l’imbarazzo generatosi per liberarsi di funzionari militari a lui ostili, anche perché contrari alle sue riforme. Nel giro di un paio di giorni, il piccolo Cessna pilotato da Rust fece cadere le teste del ministro della Difesa, costretto a dimettersi, e del capo dei servizi di difesa aerea, licenziato. Nei mesi successivi, oltre 150 persone persero il lavoro a causa della vicenda.

Rust, beh, venne accusato e dichiarato colpevole di aver violato le regole del volo internazionale e di aver attraversato illegalmente il confine sovietico. Fu condannato a quattro anni di lavori forzati. Alla fine, gli fu concesso di scontare la pena in un carcere normale, a Mosca, ma di certo la reclusione non fu una passeggiata. «Fu difficile, avevo solo 19 anni e stavo chiuso in cella per 23 ore al giorno. Faticavo a trattenere cibo, persi molto peso».

Rust, sulla scia di un trattato di non proliferazione firmato dal presidente statunitense Ronald Reagan e da Gorbaciov, nel 1988 fu rilasciato come gesto di buona volontà. Scontò, in tutto, 14 mesi.

Nella cultura popolare

Il volo di Rust, presto, diventò un tema dominante nella quotidianità e nella cultura popolare di Mosca. Per un po’, la Piazza Rossa venne addirittura ribattezzata Sheremetyevo 3, come se fosse diventata un nuovo terminal del principale aeroporto cittadino.  

Ritornato in Germania, Rust finì nuovamente dietro le sbarre. Per una vicenda che nulla ha a che fare con la politica e con il volo: accoltellò una collega nell’ospedale in cui lavorava. In seguito, si guadagnò da vivere come analista finanziario e istruttore di yoga. Nelle varie interviste concesse, disse che il suo gesto contribuì e non poco alle riforme di Gorbaciov, la Perestrojka e la Glasnost. Ah, l’aereo usato da Rust – oggi – è esposto al Museo della Tecnologia di Berlino.

Il Cessna usato all'epoca da Rust. © Wikipedia
Il Cessna usato all'epoca da Rust. © Wikipedia
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