La testimonianza

«I miei occhi testimoni delle atrocità di Bucha»

L'inviato di Rainews24 Ilario Piagnerelli racconta al Corriere del Ticino che cosa ha visto nella cittadina ucraina
Dario Campione
04.04.2022 20:30

Ancora una volta, sono le testimonianze dirette dei giornalisti a garantire la possibilità di conoscere realmente ciò che sta accadendo sul terreno in Ucraina. Confermando il ruolo assolutamente determinante della stampa, che si rivela tale soprattutto nelle circostanze di guerra, quando le informazioni trovano, lungo i canali ufficiali, ostacoli insormontabili da superare.

In questo senso, i tragici fatti di Bucha sono un esempio di scuola. Di fronte alle affermazioni di Mosca che nega in modo risoluto ogni responsabilità, il lavoro dei fotoreporter indipendenti e le testimonianze dirette degli inviati di giornali e televisioni hanno spianato la strada alla verità.

Uno di questi cronisti, entrati a Bucha domenica scorsa dopo che l’esercito russo aveva abbandonato la città, è Ilario Piagnerelli, inviato speciale di Rainews24. Il Corriere del Ticino lo ha raggiunto telefonicamente. Quella che segue è la sua testimonianza.

«Ci sono due video, entrambi ripresi da un’auto, che stanno molto circolando spinti dalla propaganda russa: in uno si vede un cadavere che muoverebbe la mano; l’analisi dimostra che si tratta semplicemente di una impurità che passa davanti al parabrezza, l’immagine è molto sgranata, è stata messo al ralenty e anche un po’ effettata per smascherare questo trucchetto; il secondo video fa vedere un altro cadavere che si alzerebbe, ma anche in questo caso si tratta di un effetto dato dalla deformazione dello specchietto retrovisore. In realtà, i cadaveri ci sono, noi ne abbiamo visti molti. Possiamo dirvi che sono cadaveri di civili, non dilaniati dalle bombe quindi non di persone rimaste in trappola nei combattimenti, almeno la maggior parte di loro. Sono stati omicidi mirati, esecuzioni contro i civili. Alcuni avevano la fascetta bianca al braccio, il segno di distinzione voluto dai russi e da indossare per lasciare le proprie case. Abbiamo visto un anziano con accanto la sua bicicletta: stava fuggendo, dietro la nuca il foro di un proiettile. Hanno mirato a questa povera persona. Abbiamo poi visto un uomo ancora dentro la sua automobile schiacciata da un carro armato: si trattava del giardiniere comunale, una persona assolutamente disarmata e inerme. Sulla strada verso Bucha c’era un’auto sulla quale era scritto “bambini”, su tutti i lati, e sul tettuccio legato un nastro di stoffa bianca. Una famiglia in fuga, forse. L’auto era crivellata di colpi, i vetri distrutti. Abbiamo visto la fossa comune, dove ci sarebbero 270 civili. Mani e piedi che spuntavano, anche un abito femminile e una ciabatta rosa, dunque non soltanto uomini uccisi. Molti sono stati seppelliti nei giardini delle case. Un uomo che aveva una bella villa, trasformata in un quartier generale, è stato subito ucciso dai russi. Adesso è stato sepolto dai vicini nel suo giardino. Un altro era uscito di casa, sempre nella sua pertinenza, per avere un po’ di segnale telefonico, perché a Bucha c’è questo problema - probabilmente un’antenna è stata colpita nei combattimenti: è stato ucciso da un cecchino. Un altro uomo stava fuggendo in auto: è stato bloccato, lo hanno fatto scendere e poi messo a terra, pancia sotto, e gli hanno sparato alla nuca. Queste sono le cose che abbiamo visto noi. Ma ora ci sono decine di testimonianze, anche fotografiche, di molti giornalisti internazionali che stanno riuscendo a entrare a Bucha, città finalmente libera. I crimini di guerra saranno indagati da una Corte internazionale, e si pensa che anche l’Onu possa aprire un’inchiesta».

In questo articolo: