Il caso

I Paesi europei s’interrogano sull’estensione del Green Pass

Ancora molti i nodi da sciogliere sul documento – In Francia il certificato «verde» entra in vigore domani – A tenere banco in Italia è la sua applicazione nei ristoranti al chiuso - Ma cosa prevede il modello svizzero? Se le infezioni aumentano l’impiego verrà allargato
Il settore della ristorazione è tra quelli che dividono maggiormente su un eventuale uso allargato del certificato «verde». © CDT/Chiara Zocchetti
Paolo Galli
20.07.2021 20:58

L’estensione del certificato COVID fa discutere, fuori e dentro i nostri confini. Dopo la fuga in avanti del presidente francese Emmanuel Macron - che settimana scorsa nel suo discorso alla nazione ha annunciato (a fronte di un nuovo aumento dei contagi) l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario e l’estensione del pass «verde» a molte attività sociali come bar ristoranti oltre che ai trasporti pubblici - il tema è entrato nel vivo anche in Italia, dove ieri pomeriggio si è tenuta la prima attesa cabina di regia in vista delle decisioni governative sul tema.

Il semaforo elvetico

Una questione non solo europea, però. L’ipotesi di un’estensione dell’utilizzo del certificato COVID ha fatto capolino negli scorsi giorni anche nelle dichiarazioni del presidente della commissione federale per le vaccinazioni Christoph Berger: «In caso di aumento dei contagi, il certificato COVID per vaccinati, guariti e testati potrebbe essere impiegato non solo per i grandi eventi, come accade oggi, ma anche per quelli più piccoli. Se i datori di lavoro lo ritenessero necessario, si potrebbe utilizzarlo anche nelle aziende, in modo da evitare continui test». Dichiarazioni «coraggiose» che riaprono la discussione etica sull’opportunità e sull’impiego del certificato. Le parole di Berger ipotizzano infatti un’estensione del «settore rosso» (per riprendere l’immagine del semaforo scelto dalla Confederazione) fino ad oggi limitato alle grandi manifestazioni, le discoteche e il traffico internazionale di passeggeri. Ma se il settore rosso aumenta, è chiaro, diminuisce la libertà per chi è sprovvisto del pass. Per questo motivo la Confederazione già a suo tempo aveva individuato un «settore verde», composto, per contro, da attività e servizi offerti dallo Stato e in alcun modo soggetti a restrizioni, come per esempio, la scuola, i trasporti pubblici o il posto di lavoro. Tra il rosso e il verde, poi, c’è l’arancione, un settore che per volontà della Confederazione è, per così dire, mobile, nel senso che l’impiego del certificato oggi non è previsto, ma «se la situazione epidemiologica dovesse peggiorare, l’accesso sarà limitato alle persone con un certificato COVID». In questo «settore arancione», per esempio, troviamo i bar, i ristoranti, le strutture ricreative e sportive, le società culturali così come le visite negli ospedali e nelle case di cura. Ma perché imbrigliare queste attività in un settore mobile? Le indicazioni della Confederazione al riguardo sono chiare: «L’impiego del certificato COVID in questi settori è pensato per evitare le chiusure». E qui veniamo al tema (etico) dell’opportunità dell’uso del pass sanitario. «Una volta che possiamo dimostrare che una persona vaccinata, guarita o testata non è più pericolosa, come possiamo continuare a vietare certe attività?» Così si esprimeva la vicepresidente della Task force Covid-19 Samia Hurst-Majno, interpellata dal Corriere del Ticino alcune settimane or sono.

Peculiarità galliche

Ed è proprio partendo dal modello svizzero che ora possiamo cogliere le accelerazioni e le resistenze che premono in Francia e Italia. Basti pensare ai trasporti pubblici, a cui Macron vorrebbe estendere l’uso del pass. In Svizzera, al momento, una proposta simile sarebbe impensabile in quanto inserita nel «settore verde». Diversa, per contro, la questione «bar e ristoranti», attività per cui anche la Confederazione, come detto, prevede soluzioni modulabili. In Francia, il calendario di applicazione del certficato «verde» inizia domani e riguarda i cinema e i teatri. Da agosto sarà la volta dei ristoranti e caffè. L’esecutivo ha tuttavia deciso di applicare un periodo di rodaggio durante il quale i controlli si limiteranno ad un semplice «accompagnamento». Poi seguiranno le sanzioni.

Divisioni italiche

Seguendo il modello francese, anche in Italia in queste ore si discute se estendere da subito l’obbligo del green pass per bloccare la ripresa dei contagi. Sul tema la maggioranza è spaccata, con la Lega nettamente contraria all’uso del pass «verde» per i ristoranti al chiuso. Meno controversa invece la soluzione per i grandi eventi, i cinema, i teatri, le piscine, le palestre e le discoteche dove si prefigura l’implementazione del certificato «green». Le scelte verranno fatte nelle prossime ore, seguendo lo schema che si ripete da mesi. Dopo la Conferenza delle Regioni di ieri, (contraria a criteri eccessivamente rigidi e favorevole ad un uso modulabile del pass su base regionale) domani si terrà la conferenza Stato-Regioni e a seguire il Consiglio dei ministri che dovrebbe approvare il decreto con i nuovi criteri per il green pass. La battaglia, come detto, riguarda soprattutto i ristoranti al chiuso. Tra le ipotesi al vaglio quella di prevedere una sola dose per andare al ristorante al chiuso. La doppia dose, invece, per i luoghi più affollati. Un compromesso che non sembra però bastare alla Lega. Condiviso, per contro, l’obiettivo di evitare una nuova chiusura delle attività. Per questo motivo, il decreto definirà anche i nuovi parametri con cui si stabiliranno i colori delle Regioni. E proprio dalle Regioni ieri è arrivata la richiesta di far pesare di più - nell’attribuzione dei colori che determinano eventuali chiusure e limitazioni - il tasso di ospedalizzazione rispetto ad altri indicatori come per esempio i contagi.