La storia

I timori dei finlandesi: e se dopo l'Ucraina toccasse a noi?

Régis Rouge-Oikarinen, cresciuto a Gravesano, ci racconta la vita a pochi passi dalla Russia: «È iniziata una nuova era, la paura è tanta»
Marcello Pelizzari
18.03.2022 06:00

La Finlandia trema. Lungo i 1.340 chilometri di confine con la Russia, la domanda è una soltanto: e se i prossimi a essere invasi fossimo noi? Non sarebbe una novità, in fondo. Fra il 1939 e il 1940, l’Unione Sovietica condusse un’offensiva nella speranza di ottenere alcuni territori finlandesi. La cosiddetta guerra d’inverno, già.

L’invasione dell’Ucraina, la narrazione di Vladimir Putin e, non da ultimo, la minaccia nucleare stanno spingendo il Paese scandinavo sull’orlo di una crisi di nervi. Della serie: se prima il concetto di neutralità, espresso tramite l’espressione finlandizzazione, dominava la quotidianità, ora c’è il timore, diffuso e giustificato, che Helsinki subisca un’ucrainizzazione. Ovvero, che le mire del Cremlino arrivino anche lassù.

Addio alla benzina
Régis Rouge-Oikarinen, non a caso, risponde alle nostre domande con un pizzico di preoccupazione. Nel 2018, lo avevamo raggiunto nel mezzo del suo viaggio senza fine in Russia: aveva deciso di seguire la nazionale svizzera ai Mondiali, in automobile, partendo appunto dalla Finlandia. Nel frattempo, il mondo si è rovesciato.

«E per fortuna – dice – non lavoro più nell’ambito della cooperazione transfrontaliera fra la Finlandia e la Russia. Altrimenti, oggi sarei disoccupato».

Cresciuto a Gravesano, trasferitosi al Nord negli anni Novanta, oggi Régis lavora presso la municipalità di Pyhäjärvi, a duecento chilometri dalla frontiera. Il confine, come detto, lo conosce bene. Avendovi lavorato in passato e avendolo attraversato un sacco di volte. «Ogni lunedì, ricordo, andavo in Russia a fare benzina» aggiunge con un sorriso amaro.

Lontana eppure vicina
La guerra è lontana, ma allo stesso tempo è vicinissima. Proprio perché, come spiega Régis, «la frontiera ora incute timore». E ancora: «La gente, tutto sommato, è relativamente tranquilla e serena. Ma dal punto di vista geopolitico la situazione della Finlandia è cambiata. Dal 24 febbraio, il giorno dell’invasione dell’esercito russo, è iniziata una nuova era per noi. Un’era fatta di discussioni politiche circa l’ingresso di Helsinki nella NATO».

La Finlandia, finora, ha mantenuto un atteggiamento neutrale o, se preferite, di non allineamento militare. «Ma ora – ribadisce il nostro interlocutore – non possiamo più permetterci di essere neutrali. La Svizzera, beh, è attorniata da nazioni amiche. Qui, invece, l’orizzonte è cambiato dall’oggi al domani. L’ultimo sondaggio della radiotelevisione pubblica afferma che il 62% dei finlandesi è favorevole a un’adesione immediata alla NATO. Prima dell’invasione dell’Ucraina questa percentuale era meno del 30%. E ancora: prima, prevaleva l’idea che fra Finlandia e Russia potesse esserci dialogo. Amicizia, anche. Sebbene forzata. La cosiddetta finlandizzazione».

L’orizzonte, racconta Régis, è cambiato all’improvviso. E il passato riaffiora: «Le vecchie generazioni, quelle che hanno memoria diretta della Seconda guerra mondiale, stanno rivivendo determinate paure. Ma c’è timore anche fra i giovani: un altro sondaggio, svolto proprio fra le fasce più giovani della popolazione, svela che il 65% degli intervistati ha paura che il conflitto arriverà pure in Finlandia».

Sono arrivati, intanto, diversi profughi ucraini. E sono arrivati anche molti russi, in fuga dalla follia putiniana e dalle sanzioni.

Abbiamo creduto che la Russia avesse voltato pagina dopo l’Unione Sovietica, che vi fossero determinati impegni verso l’Occidente

Creduloni e occhi blu
In Finlandia, forse, circola anche un altro interrogativo: noi occidentali abbiamo sottovalutato la Russia o, in alternativa, credevamo potesse essere occidentalizzata? «Forse siamo stati dei creduloni» risponde Régis. «Come si dice da queste parti, abbiamo avuto gli occhi blu. Abbiamo creduto che la Russia avesse voltato pagina dopo l’Unione Sovietica, che vi fossero determinati impegni verso l’Occidente. Io, però, ho conosciuto il Paese reale. Ho viaggiato in Russia, seguendo anche quello che dice la televisione statale. La popolazione, negli ultimi anni, è stata aizzata contro il nemico occidentale. Con l’avvento della guerra, poi, è emersa questa narrazione secondo cui, oltre i confini russi, ci sono nazisti e fascisti. L’invasione in Ucraina è stata trasformata in un’operazione patriottica».

Non tutti, ad ogni modo, hanno creduto alle bugie di Putin. «Molti stanno scappando, arrivano in treno a Helsinki da San Pietroburgo. Per fortuna, al di là della propaganda diversi russi sanno distinguere il vero dal falso, le frottole dalla guerra vera».

Le pastiglie di iodio
La Russia, ancora, fa paura perché cammina in equilibrio (precario) sulla minaccia nucleare. «E noi finlandesi abbiamo paura anche di questa eventualità, come temiamo del resto un conflitto vero e proprio. La protezione civile ha rivisto tutte le procedure, mentre i corsi di difesa nazionale e quelli per i riservisti sono stati presi d’assalto. C’è pure chi si è iscritto a corsi di sopravvivenza, per imparare ad accendere un fuoco o ad arrangiarsi nelle situazioni più disperate. È aumentata la vendita di oggetti come i coltellini svizzeri. Tutto fa brodo, insomma. E poi c’è il caso di due finlandesi che hanno acquistato online equipaggiamenti militari per centomila euro e hanno spedito il tutto direttamente in Ucraina».

Gira e rigira, comunque, si torna lì. Al concetto di paura. Al fatto che, come in altri Paesi europei, «le farmacie hanno finito lo iodio». La minaccia, ad oggi, è virtuale. Ma le conseguenze si avvertono già. «La Finlandia rischia di subire gli effetti della guerra in termini di turismo. Svizzeri, tedeschi e olandesi scelgono spesso il nostro Paese per le ferie. Tuttavia, la vicinanza con la Russia non ne fa certo una meta prediletta in questo preciso momento storico. Anche nella mia municipalità avevamo avviato un progetto con investimenti dall’Inghilterra. Gli stessi inglesi, però, al momento preferiscono aspettare».

Non è come il confine fra Italia e Svizzera, per cui magari in montagna posso fare zig-zag e trovarmi ora in un Paese e ora nell’altro. Si può entrare in Russia solo attraverso dodici punti di ingresso e, attenzione, solo a bordo di un veicolo e non a piedi

La situazione al confine
Bene, ma qual è la situazione al confine? «Gli scambi commerciali, per forza di cose, di fatto si sono interrotti» sottolinea Régis. «Si è fermata, in particolare, la collaborazione nella regione artica. La Russia, inoltre, ha deciso di nazionalizzare più o meno tutto. Come gli aerei di Aeroflot in leasing. Una decisione scellerata, perché esclude di fatto le compagnie straniere sul lungo periodo: difficilmente gli investitori occidentali torneranno presto in Russia. Ci vorranno anni e anni».

Di valichi, lungo i 1.340 chilometri di confine, «a memoria ce ne sono soltanto dodici» chiosa Régis. «Non è come il confine fra Italia e Svizzera, per cui magari in montagna posso fare zig-zag e trovarmi ora in un Paese e ora nell’altro. Si può entrare in Russia solo attraverso quei punti di ingresso e, attenzione, solo a bordo di un veicolo e non a piedi. La Finlandia, per ovvi motivi, ora sconsiglia i viaggi verso il nostro vicino».

Il sentimento, fra timori e minacce, è che la Finlandia torni a sentirsi un’isola. Come anni e anni fa, quando l’Europa era lontana e l’alternativa si chiamava Unione Sovietica.

 

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