Italia

Il 15% del cumenda

Una delle bandiere del centro-destra in vista delle elezioni politiche italiane è la flat tax: di cosa si tratta? Potrebbe avere riflessi sulla Svizzera?
Stefano Olivari
10.08.2022 10:30

Il 25 settembre in Italia ci saranno le elezioni politiche ed una delle bandiere del centro-destra, coalizione data per favorita in tutti sondaggi, è la flat tax. Cioè una imposta sul reddito uguale per tutti i redditi e per tutti i tipi di lavoro, pur con qualche correttivo, con una percentuale del 15%. 

Come nel 1994

Il presupposto ideologico della flat tax è che un prelievo fiscale moderato e chiaro induca i contribuenti italiani ad essere più onesti, in un paese in cui il 45,9% della popolazione versa il 2,6% delle imposte e soltanto l’1,3% dichiara redditi superiori ai 100.000 euro annui. In buona sostanza in Italia le tasse vengono pagate soltanto dalla classe media. La flat tax, da sempre cara a Silvio Berlusconi e a Forza Italia (che nel 1994, appena nata, proponeva il 33%), è stata nei giorni scorsi cavalcata da Matteo Salvini e dalla Lega, con estensione anche ai lavoratori dipendenti, mentre Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia sono più freddi, anche se non contrari. Certo un centro-destra con il 45% dei consensi non si potrà rimangiare una promessa così forte, anche se va detto che quasi nessuno sostiene che un cambiamento di tale portata possa essere ultimato prima di cinque anni. Cioè per le elezioni successive, senza contare gli ostacoli da superare a livello costituzionale (cioè la progressività del prelievo fiscale). Da ricordare che in Italia l’aliquota massima è del 43%, per redditi oltre i 50.000 euro lordi annui, e che in nessuna economia avanzata esista la flat tax in forma pura, se non a livello locale come in alcuni stati USA.

Nessuna convenienza

Più soldi a disposizione degli italiani si tradurranno in più soldi portati in Svizzera? Difficile fare una previsione del genere, anche perché dal punto di vista fiscale la cosa avrebbe poco senso. Già adesso un italiano può aprire un conto corrente a Lugano e metterci anche tutto ciò che ha, ma deve dichiararlo nel quadro RW del suo modello Unico, cioè la dichiarazione dei redditi. In altre parole, rimanendo nel campo dell’onestà non sfuggirà in alcun caso al Fisco. I veri soldi da portare all’estero rimarranno quelli guadagnati in nero con attività lecite, magari dimenticandosi di fare scontrini o registrare contratti, quando non direttamente con quelle illecite. Una storia, quella dei soldi italiani in Svizzera, che parte da lontano e che ha superato ogni riforma e scudo fiscale, fino ad arrivare all’anno zero, cioè il 2015, quando l’accordo firmato da Eveline Widmer-Schlumpf ed il ministro dell’economia italiano Pier Carlo Padoan (capo del governo italiano era Matteo Renzi, che adesso con la sua Italia Viva rischia di non entrare in Parlamento), ha posto fine al segreto bancario fra i due paesi anche nella pratica, visto che in teoria non esisteva dal 1976.

60% in Svizzera

Impossibile comunque quantificare i soldi degli italiani nelle banche svizzere, anche nel 2022, visto che ad essere davvero tracciabili sono soltanto le persone fisiche, quelle teoricamente beneficiate dalla flat tax. Prima dell’accordo del 2015 si stimava fossero superiori ai 100 miliardi di euro, contando anche quelli provenienti dai paradisi fiscali, ed è probabile che non siano diminuiti perché un trust di Guernsey che utilizzi fiduciari svizzeri non può essere paragonabile ai 9.999 euro in contanti (il limite alla dogana è 10.000) che il negoziante di Milano che non fa scontrini porta a Lugano attraversando Brogeda un po’ di volte. La certezza è che solo una piccola parte dei capitali stranieri in Svizzera sia italiana, mentre la maggior parte dei soldi italiani all’estero è in Svizzera. I dati dello scudo fiscale del 2003, con cui molti italiani regolarizzarono la loro posizione, dicono che il 60% dei soldi riemersi era in banche svizzere. E non c’è motivo per cui la situazione debba essere cambiata di molto, anche per la vicinanza e le affinità culturali con il Canton Ticino.

Il mito del cumenda

Al di là degli aspetti fiscali l’esportazione di soldi dall’Italia alla Svizzera ha una storia lunghissima, basata su figure oscure ma anche sui classici spalloni: che oggi identifichiamo con chi fa avanti e indietro dal confine, non sempre (anzi) passando dalla dogana, trasportando denaro e oro, ma che in tempi neppure troppo remoti si occupavano di generi alimentari o, soprattutto durante la Seconda guerra mondiale, di persone. Nell’immaginario collettivo però il beneficiario di questi traffici, oltre ovviamente alla banca svizzera che gestisce i soldi, è il proverbiale ‘cumenda’ lombardo, abile a guadagnare così come a trovare giustificazioni: la voracità del Fisco, i rapimenti, l’incertezza politica, la diversificazione, la sicurezza, eccetera. Il commendator Zampetti, protagonista nel memorabile I ragazzi della Terza C, telefilm culto degli anni Ottanta, industriale del ramo insaccati interpretato da Guido Nicheli, rappresenta questa figura che tanta fortuna ha avuto anche al cinema, dove è impossibile non ricordare Ugo Bologna (Sapore di mare e tanto altro). Certo i due cumenda per eccellenza, fuori dalla fiction, rimangono Giovanni Borghi, l’uomo simbolo del boom economico italiano, fondatore della Ignis e finanziatore di gran parte dello sport italiano (dalla grande pallacanestro a Varese a tutto il resto), e Angelo Rizzoli, capace di creare un impero mediatico che poi i suoi eredi hanno distrutto. Non che fossero evasori fiscali, o per lo meno non lo sappiamo, ma di sicuro hanno rappresentato l’archetipo di chi ha i soldi agli occhi di chi non li ha. Un po’ come Berlusconi, tutto sommato la versione 2.0 del cumenda e che fra l’altro da bambino ha conosciuto Borghi, zio del suo storico braccio destro Fedele Confalonieri.

Paradiso fiscale

All’italiano medio piace pensare che l’evasione fiscale sia roba per cumenda, ma la realtà dice che quella vera avviene a livello altissimo, internazionale, o bassissimo, in aggregato, con milioni di persone a risultare nullatenenti truffando sia il Fisco sia la previdenza sociale. Tutta gente indifferente alle aliquote fiscali ed agli effetti positivi di una loro riduzione, che indubbiamente ci sarebbero rendendo l’Italia una specie di mini-paradiso fiscale, rendendo più conveniente lavorare che aspettare il reddito di cittadinanza. Poi la risposta alla vera evasione-elusione, quella delle grandi aziende che possono muoversi fiscalmente in più paesi, può essere soltanto internazionale e sappiamo tutti che non avverrà mai. In estrema sintesi, le banche svizzere magari avranno un grande futuro ma certo non per il 15% di Salvini.