Il braccio di ferro USA-Russia: Mosca riuscirà ad evitare le sanzioni?

C’è chi parla di «ultima possibilità» per Mosca e chi pensa che Vladimir Putin non si smuoverà di un centimetro dalla sua posizione. Una cosa è certa: le premesse del nuovo incontro tra americani e russi non sono le migliori. A poche ore dalla scadenza dell’ultimatum lanciato da Donald Trump, il suo inviato speciale Steve Witkoff ha raggiunto la Russia, accolto questa mattina all'aeroporto di Vnukovo da Kirill Dmitriev, il rappresentante speciale del presidente russo.
Il clima tra USA e Russia è teso, specialmente dopo lo scontro social tra il tycoon e l’ex presidente russo Dmitri Medvedev, che ha portato il capo della Casa Bianca ad annunciare il dispiegamento di due sottomarini nucleari diretti verso la Russia.
Trump, lo scorso 29 luglio, ha dato 10 giorni di tempo a Mosca per trovare un accordo di tregua con l’Ucraina, pena nuove pesanti sanzioni statunitensi, nonché dazi del 100% sui Paesi che acquistano il petrolio russo, tra cui Cina e India.
«Penso che questo sia un tentativo di dare a Putin un'ultima possibilità» prima che gli Stati Uniti impongano misure più severe, ha dichiarato al Kyiv Independent Kurt Volker, ex rappresentante speciale degli Stati Uniti per i negoziati con l'Ucraina. Secondo Volker, Putin cercherà di trovare «qualche spiraglio da sfruttare per allungare i tempi dei negoziati, trascinandoli come ha sempre fatto. Ma non credo che la visita (di Witkoff, ndr) cambierà davvero qualcosa. Credo che la rotta sia già tracciata».
Witkoff, braccio destro del presidente americano per le «missioni di pace», ha già visto Vladimir Putin in diverse altre occasioni, ma in nessuno degli incontri con il leader del Cremlino è riuscito a portare a casa risultati tangibili sul conflitto in Ucraina. Anzi, la situazione sembra essere persino peggiorata, con attacchi sempre più feroci contro i civili ucraini.
L’inviato speciale di Trump sembra comunque essere l'uomo più indicato per l'incontro. È considerato il membro dell’amministrazione USA più vicino alla Russia, cosa che in passato ha attirato su di lui pesanti critiche per aver sposato in toto la narrazione propagandistica del Cremlino. Solamente il mese scorso, Witkoff avrebbe addirittura fatto pressioni al Governo affinché gli Stati Uniti revocassero le sanzioni energetiche contro la Russia. Questo mentre gran parte del Congresso, tra cui anche diversi esponenti repubblicani, chiedesse a gran voce ulteriori misure restrittive.
L'atteggiamento di Trump nei confronti di Mosca, tuttavia, è molto cambiato dall'ultima visita di Witkoff in Russia, lo scorso aprile. Mosca ha intensificato gli attacchi aerei sulle principali città ucraine, prendendo di mira sempre più civili. Questo ha portato il tycoon ad adottare una linea più dura nei confronti di Putin, definendo «stronzate» le parole del presidente russo e criticando i «disgustosi» bombardamenti russi su Kiev. Trump ha quindi ridotto la scadenza del suo ultimatum da 50 a 10 giorni.
Stando a fonti vicine al Cremlino citate dalla Reuters, tuttavia, è «improbabile» che il presidente russo si pieghi alle minacce del suo omologo americano, almeno finché non avrà raggiunto i suo obiettivi: la conquista delle quattro regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, nonché la rinuncia di Kiev alla NATO e il disarmo del suo esercito.
La determinazione di Putin nel continuare il conflitto è motivata dalla convinzione che la Russia stia vincendo e dallo scetticismo sul fatto che ulteriori sanzioni statunitensi possano avere un impatto significativo sull’economia dal Paese. D'altronde, dopo tre anni di guerra e numerose restrizioni, la situazione finanziaria russa si è mostrata più resiliente del previsto, grazie anche ai numerosi stratagemmi attuati per aggirare le misure restrittive e alle entrate legate al petrolio venduto prevalentemente alla Cina e all’India. Mosca, poi, può continuare a contare sulle forniture di munizioni, missili e soldati inviati dalla Corea del Nord, sulle importazioni di componenti a duplice uso forniti da Pechino, nonché sui droni iraniani.
Stando alle fonti russe, Putin non vuole irritare ulteriormente Trump, perché si è reso conto dell'opportunità di migliorare i rapporti con Washington e l'Occidente, ma i suoi obiettivi di conquista hanno la precedenza su tutto.
Stando al Black Bird Group, un centro di analisi militare con sede in Finlandia, l'Ucraina ha subito alcune delle maggiori perdite territoriali del 2025 negli ultimi tre mesi, tra cui 502 chilometri quadrati a luglio. In totale, la Russia ha occupato circa un quinto dell'Ucraina.
Lo Stato maggiore militare russo è convinto che il fronte ucraino crollerà nel giro di due o tre mesi. Questo nonostante i recenti progressi di Mosca siano relativamente modesti in termini puramente territoriali: dall'inizio dell'anno scorso, stando a un rapporto del Center for Strategic and International Studies di Washington, sono stati conquistati solo 5 mila chilometri quadrati di Ucraina, meno dell'1% del territorio complessivo del Paese guidato da Volodymyr Zelensky. Inoltre, evidenziano fonti militari ucraine e occidentali, l’esercito di Putin nel conseguire così modesti obiettivi avrebbe subito pesanti perdite.
Secondo Bloomberg, il Cremlino starebbe valutando la proposta di sospendere solamente gli attacchi a lungo raggio contro l’Ucraina per guadagnare tempo nei confronti di Donald Trump. In pratica, Mosca continuerebbe a combattere nelle regioni contese, ma rinuncerebbe agli attacchi aerei con droni e missili.
«Trump ha bisogno di una sorta di "regalo", di una concessione dalla Russia», ha spiegato a Bloomberg Sergei Markov, analista politico vicino al Cremlino, aggiungendo che «una tregua aerea potrebbe essere un regalo del genere». Di fatto, sarebbe un regalo che Putin fa in primis a se stesso, visto che la misura entrerebbe in vigore a condizione che Kiev sia disposta a rispettarla. I depositi di petrolio e i magazzini di armamenti russi sarebbero dunque al sicuro dai droni ucraini.