L'intervista

Il Brasile di Lula, la guerra in Ucraina e il ruolo dei BRICS

A tu per tu con Pietro Lazzeri, ambasciatore ticinese a Brasilia: «La Svizzera e il Brasile hanno delle relazioni storiche profonde»
© Andre Borges
Stefania Briccola
20.06.2023 09:31

Il Brasile è tornato sulla complessa scena politica internazionale e la Svizzera consolida le sue relazioni storiche d’amicizia. C’è grande collaborazione tra i due Paesi sui temi economici, della ricerca e innovazione, dell’ambiente e della sostenibilità, ma anche in ambito multilaterale dove entrambi adesso sono membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, al suo terzo mandato, ripete spesso che «il Brasile è tornato» e vuole avere un ruolo determinante nell’equilibrio geopolitico del Sudamerica, parlare col resto del mondo e contare all’interno dei BRICS. Si è proposto come mediatore del conflitto tra Russia e Ucraina, ma la sua grande sfida a livello globale è l’ambiente. In effetti se il Brasile risolve il problema dell’Amazzonia può fare di più che l’intero Green Deal europeo. L’ambasciatore ticinese Pietro Lazzeri, di stanza a Brasilia, ci racconta del ruolo del gigante sudamericano in ambito internazionale, l’agenda dei prossimi anni, le relazioni con la Svizzera e il ricco programma culturale messo in campo. Rio de Janeiro ospiterà il G20 nel novembre 2024 e a Belem, porta d’ingresso della foresta amazzonica, nel 2025 si terrà la Cop30, trentesima conferenza mondiale sul clima, mentre a Copacabana il prossimo ottobre vi sarà la terza edizione del Rio Montreux Jazz Festival. 

Ambasciatore Lazzeri, che tipo di partner è il Brasile per la Svizzera ? 
«La Svizzera e il Brasile hanno delle relazioni storiche profonde. Proprio l’anno scorso abbiamo festeggiato duecento anni di partenariato. Per la Svizzera il Brasile è il principale partner economico in America Latina con quasi 12 miliardi di franchi di investimenti, ma anche nel campo scientifico della ricerca e dell’innovazione. In ambito economico stiamo finalizzando l’accordo EFTA-Mercosur con l’obiettivo di dinamizzare ancor di più gli scambi commerciali. Parallelamente, nel vasto settore dell’ambiente e della sostenibilità la collaborazione è intensa. In ambito multilaterale, lavoriamo in modo esemplare col gigante sudamericano: quest’anno siamo infatti entrambi membri del Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite. Non possiamo inoltre dimenticare i servizi offerti alla grande comunità svizzera residente in questo Paese-continente. Per rispondere all’intensità di queste relazioni possediamo un’ambasciata a Brasilia, due consolati generali, a Rio de Janeiro e a San Paolo, con uffici di promozione economica, scientifica e turistica, e altri nove consolati sul territorio. Gli incontri ministeriali fra i due governi e le visite ad alto livello, come quella del presidente dell’Assemblea federale Martin Candinas del mese scorso, testimoniano del resto l’intensità delle nostre relazioni bilaterali». 

Che percezione ha avuto del Brasile sotto la presidenza di Jair Bolsonaro e con il ritorno di Inacio Lula da Silva a Palacio de Planalto? 
«Lavoro in America Latina da oltre vent’anni e ho osservato il Brasile nelle sue varie fasi. Le nostre relazioni bilaterali sono strutturate sul lungo periodo. Col governo Bolsonaro abbiamo cercato di lavorare su ambiti di interesse comune, quali l’economia, la scienza, l’innovazione, ma anche sviluppando delle relazioni con gli Stati più importanti del Brasile (San Paolo, Mina Gerais e Rio de Janeiro). In alcune occasioni, con l’amministrazione precedente ci siamo trovati a dialogare su temi come diritti umani, protezione dell’ambiente e politiche multilaterali sui quali i nostri due Paesi avevano visioni differenti. Poi c’è stata la difficile transizione dalla presidenza di Bolsonaro a quella di Lula da Silva con gli eventi violenti dell’8 gennaio scorso quando i sostenitori dell’ex capo di Stato hanno fatto irruzione nel Palacio do Planalto a Brasilia. Tra l’altro la Svizzera sta lavorando per riparare l’orologio storico ivi collocato, danneggiato dai manifestanti. Anche nei momenti più complessi abbiamo sempre insistito sull’importanza dello Stato di diritto, dei valori democratici e dei diritti fondamentali. Da qualche mese abbiamo lanciato un programma di contatti intenso con la nuova amministrazione di Lula e non solo a Brasilia, ma anche con gli Stati prioritari». 

In che termini è l’impegno per l’ambiente di Lula da Silva con la sfida dell’Amazzonia? 
«Il Brasile è parte essenziale nella soluzione dei problemi legati al cambiamento climatico perché ha oltre il 60 % della foresta amazzonica, è un grandissimo produttore di alimenti e di energia rinnovabile. La Svizzera saluta positivamente l’impegno della nuova amministrazione Lula per l’ambiente: le sfide sono molte in questo territorio immenso e spaziano dalla biodiversità alla bioeconomia fino allo stato di diritto e la sicurezza. Il nostro Paese sta già facendo la sua parte e sostiene oltre cento progetti: collaboriamo con le autorità, con il settore privato, ma anche con le comunità indigene per proteggere la biodiversità e promuovere la bioeconomia. La prossima conferenza sul clima Cop30, che si svolgerà in Brasile a Belem nel 2025, rappresenta un’eccellente opportunità per rafforzare ancor di più il nostro impegno nel settore ambientale. Si tratta dunque di rafforzare la nostra cooperazione in modo intelligente». 

Il Brasile vuole giocare un ruolo di leader in America del Sud. Chiaramente vi sono delle sfide importanti: da un lato c’è la volontà di cooperare su temi che vanno dalla migrazione all’ambiente, all’integrazione economica e la sicurezza, ma poi vi sono anche sfumature ideologiche e orientamenti politici diversi nei Paesi sudamericani

Quali segnali ha lanciato il primo vertice dei leader dei Paesi sudamericani voluto dal presidente Lula da Silva a fine maggio in Brasile? 
«Innanzitutto è stato il primo vertice da quasi un decennio in cui c’erano tutti o quasi i presidenti del Sudamerica. Per il governo del presidente Lula l’integrazione e la cooperazione regionale sono una delle grandi priorità della sua politica estera. Il Brasile vuole giocare un ruolo di leader in America del Sud. Chiaramente vi sono delle sfide importanti: da un lato c’è la volontà di cooperare su temi che vanno dalla migrazione all’ambiente, all’integrazione economica e la sicurezza, ma poi vi sono anche sfumature ideologiche e orientamenti politici diversi nei Paesi sudamericani. Questo è apparso evidente a proposito della partecipazione del Venezuela al vertice che ha suscitato dibattiti non solo in Brasile. Si tratta insomma di un’agenda non facile sulla quale questo nuovo governo cerca di scommettere». 

Quali prospettive si aprono per il Brasile nel contesto dei Paesi BRICS anche come eventuale mediatore nel conflitto tra Russia e Ucraina? 
«In relazione ai BRICS il Brasile sta ritornando sulla scena internazionale attraverso la sua capacità storica di lavorare con vari gruppi e coalizioni. Lo stesso presidente Lula ha detto più volte che il Brasile è tornato. Il Paese investe tradizionalmente molto nei suoi rapporti in Sudamerica, tenta di avere delle relazioni equilibrate tra Stati Uniti e Cina, ma anche di lavorare con l’Europa e, nei vari governi di Lula, di sviluppare la cooperazione con l’Africa. Il Brasile di Lula si fa anche portavoce di una visione di un mondo multipolare sostenuta in seno ai BRICS. In merito al conflitto in Ucraina il presidente Lula ha incominciato ad attivare le sue relazioni privilegiate ad esempio con la Cina, con l’Indonesia e con il Sudafrica. Poi vi sono stati anche contatti con la Russia e con l’Ucraina. La proposta di dialogo nasce in una fase del confitto molto complessa e ha suscitato reazioni contrastanti. A livello globale, al di là della promozione del dialogo e della pace, il Brasile ha altre carte da giocare come le questioni climatiche e la sicurezza alimentare. Bisognerà vedere in che modo si svilupperà la politica estera del Brasile. Brasile che in un mondo frammentato, in cui vi sono vari blocchi, tenta tradizionalmente un esercizio di equilibro e riesce spesso a creare ponti». 

Quale ruolo ha la Svizzera neutrale da sempre nella costruzione di un dialogo in Sudamerica e nel contesto internazionale minato dal conflitto tra Russia e Ucraina? 
«Noi diciamo spesso che siamo neutrali, ma non indifferenti e questo lo si vede bene attraverso il lavoro che stiamo facendo nel Consiglio di Sicurezza anche attraverso una cooperazione positiva col Brasile sui dossier umanitari. La Svizzera ha dei forti legami col Sudamerica, ha una presenza significativa in vari Paesi della regione dove promuove progetti di sostegno dello Stato di diritto, sostiene il dialogo e la promozione della pace: l’esempio della Colombia è illustre. In un’America Latina in cui la polarizzazione politica è fortemente presente, anche in Brasile il nostro Paese può certamente condividere l’esperienza basata sulla promozione del dialogo, l’integrazione della diversità e la ricerca del compromesso. In questo caso abbiamo delle esperienze da condividere con i nostri partner latinoamericani. Poi, su scala globale, sappiamo che la promozione della pace è un lavoro arduo che implica molta pazienza e intelligenza e la capacità di creare le condizioni necessarie per poi trovare degli accordi». 

Pochi mesi fa in collaborazione con il Festival di Locarno abbiamo presentato i film della piazza Grande a San Paolo. Poi nell’ambito del bicentenario dell’indipendenza del Brasile, la Svizzera ha proposto tre esposizioni itineranti

Come si declina la diplomazia culturale svizzera in Brasile? 
«La promozione culturale avviene attraverso vari eventi e partenariati con il ricco panorama culturale brasiliano nel campo dell’arte, della musica, della storia, della letteratura e del cinema. Pochi mesi fa in collaborazione con il Festival di Locarno abbiamo presentato i film della piazza Grande a San Paolo. Poi nell’ambito del bicentenario dell’indipendenza del Brasile, la Svizzera ha proposto tre esposizioni itineranti rispettivamente sulla comunità svizzera e i grandi personaggi nella storia bilaterale, sulla sostenibilità e la tecnologia verde e su Le Corbusier. In ottobre ci saranno il Rio Montreux Jazz Festival che si tiene a Copacabana con artisti brasiliani, internazionali e svizzeri e il grande concerto a San Paolo con l’Orchestra sinfonica dello Stato di San Paolo diretta dallo svizzero Thierry Fischer». 

Che cosa le manca del Ticino? 
«È un privilegio lavorare in Brasile, un Paese magico e inserito in un contesto naturale straordinario, ma a volte mi mancano i paesaggi del nostro meraviglioso cantone. Sono infatti originario dello splendido Lago Maggiore. Per non parlare dei prodotti enogastronomici e dei piatti tipici come il formaggio dell’alpe e la polenta coi funghi». 

Ci sono svizzeri e in particolare ticinesi che si distinguono in Brasile? 
«Ci sono molti svizzeri e ticinesi degni di nota nell’ambito dell’economia, della cooperazione e dell’arte. Il nostro spirito latino tipico del sud delle Alpi facilita l’integrazione in Brasile. Vi sono esempi interessanti come quello dei coniugi Adriana e Alberto Eisenhardt che lavorano a sud di San Paolo in un progetto educativo esemplare, la Casa dos Curumins, dedicato a ragazzi ai margini della società brasiliana. L’anno scorso siamo riusciti a far esibire una banda di giovanissimi musicisti dalla periferia di San Paolo al palco dell’Estival jazz di Lugano».

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