Il coronavirus, il colpo di grazia per l’Airbus A380

La sua storia ricorda quella del Concorde, il cui destino era stato affossato dalla crisi petrolifera del ’73. Parliamo dell’Airbus A380: il gigante dei cieli, l’aereo civile più grande del mondo. Le sue sorti sono infatti appese a un filo a causa del coronavirus. Il velivolo simbolo dello sviluppo sfrenato del trasporto aereo pare ora non essere abbastanza redditizio per le compagnie aeree, già in ginocchio a causa dello stop dei viaggi.
Un aereo poco efficiente
Airbus aveva già previsto di bloccare l’anno prossimo le consegne dei suoi aerei giganti alle 251 già previste. Ma per la maggior parte dei 14 clienti del costruttore di aeromobili europeo, l’A380 rischia di non prendere mai più il volo, ora che il traffico aereo risulta pressoché azzerato dalla pandemia.
Con le loro flotte a terra, le compagnie aereo prevedono oggi un calo degli utili del 55% nel 2020 rispetto all’anno precedente, secondo le stime dell’Associazione internazionale del trasporto aereo (IATA). Il volume di traffico potrà presumibilmente tornare ad essere paragonabile a quello precedente l’emergenza sanitaria solo tra due o tre anni.
Prospettive inquietanti, che portano le compagnie a rivedere i loro programmi futuri, e la composizione delle loro flotte. “Le compagnie aeree rinunceranno agli aerei meno efficienti e ai più vecchi. La questione dell’A380 è sul tavolo, benché abbia effettuato il primo volo appena 15 anni fa”, ha dichiarato Guillaume Hue, esperto in trasporto aereo di Archery Strategy Consulting all’agenzia di stampa francese AFP.
I quattro reattori di grossa capacità: le prime vittime
Secondo lo specialista le prime vittime della crisi saranno gli aerei a quattro reattori di grossa capacità, tra cui il B747, l’A340 e l’A380. “Quest’ultimo – spiega poi un consulente di Cirium, azienda attiva nell’analisi dei dati di volo – risulta infatti poco flessibile, il che lo pone in una posizione molto difficile.
Lanciando sul mercato l’A380, Airbus aveva puntato sullo sviluppo degli “hub” delle megalopoli collegati da un aereo di grandi capacità, ma che necessita di manutenzione e impone un tasso di capienza il più elevato possibile per assicurare la redditività delle linee. Una scommessa in parte già persa con la comparsa del B787 di Boeing.
Le compagnie aeree rinunciano all’A380
Gli effetti commerciali iniziano a farsi sentire: la compagnia tedesca Lufthansa ha annunciato a inizio aprile che avrebbe ridotto la flotta, rinunciando in particolare ai suoi sei A380. Anche Air France, da parte sua, aveva previsto di anticipare a 2022 il ritiro dei suoi nove A380. “Con i suoi quattro reattori – aveva giustificato la compagna aerea – l’A380 consuma il 20-25% di carburante in più per sedile rispetto agli aerei di nuova generazione, ed emette maggiori quantità di CO2”.
Emirates, il principale cliente di Airbus, che possiede 125 aerei di questo tipo, di cui 8 ancora da consegnare, non ha ancora dichiarato i suoi intenti per il futuro.
Elogiato per il suo comfort, l’A380, come ha rivelato in marzo lo stesso presidente esecutivo di Airbus Guillaume Faury “è un mezzo fallimento commerciale, ma questo ci ha permesso di imparare molto sull’A350 e ci ha permesso di cambiare statura internazionale sul lungo raggio”, rispetto a Boeing. “Il mercato dei grossi vettori a lungo viaggio come l’A380 è probabilmente già alle nostre spalle”, aveva aggiunto. “Ci si orienta ora verso aerei più piccoli, più efficienti da un punto di vista ambientale e più adatti alla ciclicità del riempimento dei velivoli”. Una tendenza che sarà probabilmente rinforzata dalla crisi attuale e dove Airbus risulta un passo avanti rispetto a Boeing: Il suo monocorridoio a lungo raggio d’azione, l’A321 XLR, lanciato lo scorso mese di giugno, è già stato venduto in più di 450 esemplari.
