L'intervista

«Il modello nordico di società è ancora resiliente e va protetto»

A tu per tu con Carl Magnus Nesser, ambasciatore di Svezia in Svizzera
©Chiara Zocchetti
Dimitri Loringett
30.10.2023 06:00

La Svezia è il partner più importante della Svizzera per commercio e investimenti in Europa settentrionale, con un volume di scambi annuali intorno ai tre miliardi di franchi. Inoltre, il Paese scandinavo è considerato il secondo più innovativo al mondo, subito dopo la Svizzera. In occasione della sua prima visita ufficiale a Lugano (dove ha sede uno dei quattro consolati svedesi in Svizzera), abbiamo incontrato il nuovo inquilino (dalla scorsa estate) dell’Ambasciata di Svezia a Berna per parlare di questioni migratorie e geopolitiche in Europa.

Ambasciatore Nesser, la Svezia è stata, purtroppo, presente nelle recenti cronache nere, dalla vicenda del Corano bruciato in estate al fenomeno della violenza delle gang e, ora, la tragica uccisione di due cittadini svedesi a Bruxelles. Nel Suo Paese è stato alzato il livello di allerta terrorismo. Come vede questa delicata fase?
«Credo che gli attacchi terroristici a Bruxelles abbiano scosso la Svezia e il mondo. Una delle due vittime dell’attacco risiedeva in Svizzera, un nostro connazionale che viveva vicino a Thun. Quindi, la tragedia è stata in qualche modo avvertita doppiamente presso la nostra ambasciata a Berna. Il giorno successivo all’attacco terroristico il nostro primo ministro Ulf Kristersson si è recato in Belgio per commemorare le vittime. Il suo messaggio è stato chiaro: i terroristi non vinceranno. Per quanto riguarda l’allerta terrorismo elevata in Svezia, è dovuta esattamente alle minacce che sono state fatte contro il mio Paese e gli interessi svedesi. L’allerta è attualmente al livello 4 su 5, ma per diverso tempo è stata al terzo livello. Il governo sta intensificando gli sforzi per prevenire altra violenza terrorista. Sul tema della violenza delle gang, abbiamo assistito, circa dal Natale dell’anno scorso, a un aumento di reati, inclusi gli omicidi, a seguito di un conflitto interno, sembra, in una delle organizzazioni criminali in Svezia. Il Governo svedese ha reso la lotta alla violenza delle gang una priorità assoluta e e quest’anno sono entrate in vigore numerose nuove leggi che forniscono alla polizia nuovi strumenti. Inoltre, sono stati addestrati e impiegati più agenti di polizia».

Il modello nordico di società aperta e tollerante è ancora molto resiliente: va protetto

Lo stimato «modello nordico» di società aperta e tollerante è, secondo Lei, fallito?
«No. Ritengo che il nostro modello sia ancora molto resiliente e l’intenzione del governo è naturalmente quella di proteggerlo. E per fare ciò hanno a disposizione una serie di strumenti. Oltre alla polizia, c’è la Säkerhetspolisen (“polizia di sicurezza”) a cui è affidato il compito di proteggere la Costituzione e l’ordine pubblico in Svezia».

Parliamo ora di migrazione, secondo Lei la politica UE cambierà nei prossimi anni?
«È difficile dirlo. Il Governo svedese ha dichiarato molto chiaramente di ritenere che l’immigrazione in Svezia è stata eccessiva, troppo ampia e numerosa nel corso degli ultimi dieci-dodici anni. Inoltre, gli sforzi fatti per l’integrazione sono stati insufficienti. Il governo in carica dall’ottobre 2022 sta quindi adottando una serie di misure per ridurre l’immigrazione in Svezia al minimo europeo, allo scopo di dare alla società l’opportunità di lavorare davvero sull’integrazione senza dover accogliere troppi nuovi migranti. Naturalmente, tutto questo nel rispetto del diritto internazionale e del diritto all’asilo».

Ma questo non rischia di creare tensioni con Bruxelles (o altri Paesi dell’Unione)?
«Uno dei successi ottenuti nella primavera scorsa, durante la presidenza svedese dell’Unione europea, è stato negoziare in modo piuttosto approfondito un accordo, un nuovo patto sull’immigrazione nell’UE. Era una priorità per il Governo svedese, che ritiene che sia molto importante cooperare su questo tema. Non possiamo infatti avere un sistema in cui solo alcuni Paesi si assumono le responsabilità. La migrazione deve essere condivisa da tutti gli Stati membri e il sistema deve essere accettabile (e accettato) anche all’interno delle singole nazioni».

Passando ora alla geopolitica, la Svezia è ancora in attesa di poter entrare definitivamente nella NATO, poiché l’Ungheria non ha ratificato il protocollo d’adesione mentre con la Turchia le situazione sembra essersi sbloccata con la firma da parte del presidente Erdogan e successivo inoltro al Parlamento turco. Quando si risolverà definitivamente la questione?
«Il Ministro degli Esteri svedese (Tobias Billström, ndr.) ha dichiarato più volte di aspettarsi che la situazione venga risolta “il prima possibile” e la sua attuale valutazione è che saremo membri della NATO entro la fine di novembre di quest’anno. Il fatto che il presidente turco Erdogan abbia inoltrato la nostra richiesta di adesione alla NATO al Parlamento turco per la ratifica è ovviamente molto importante. Per quanto riguarda l’Ungheria, ci è stato rassicurato più volte che non sarà l’ultimo Paese a ratificare il protocollo».

Guerra in Ucraina? La posizione della Svezia è molto chiara: la Russia deve essere sconfitta e il conflitto deve terminare il prima possibile

In Ucraina sembra che le forze russe stiano avendo la meglio nei territori occupati e in Crimea. Quanto è reale la minaccia militare russa in Europa? C’è davvero un rischio che la Russia possa volersi espandere oltre?
«La posizione della Svezia è molto chiara: la Russia deve essere sconfitta e il conflitto deve terminare il prima possibile. A tal fine, il nostro Paese ha fornito un sostegno militare, finanziario, politico e umanitario senza precedenti all’Ucraina. Abbiamo anche adottato pacchetti di dure sanzioni dirette contro la Russia e la Bielorussia. Anche dal punto di vista legale, abbiamo fatto molto per sostenere le indagini su potenziali crimini di guerra presso la Corte penale internazionale (CPI), fornendo finanziamenti aggiuntivi e personale e intervenendo presso la CPI dell’Aia a sostegno dell’Ucraina nella sua causa contro la Russia. Ciò che accade in Ucraina non resta confinato a essa e grandi ripercussioni nel Continente. La Svezia è al 100% impegnata per una vittoria dell’Ucraina.A causa dell’aggressione russa, la Svezia e altri Stati abbiamo riorientato la nostra politica di sicurezza, visto il grande rischio che ciò comporta per tutti noi».

In Svizzera il tema della neutralità è molto sentito: con l’espansione della NATO in Europa, il concetto di neutralità come lo abbiamo conosciuto finora ha ancora un senso?
«La questione della neutralità è una questione di diritto internazionale. Ma è anche una questione interna per la Svizzera, dove costituisce una parte importante della sua storia e della sua identità. In Svizzera c’è una discussione su che cosa significhi la neutralità mentre si cerca di gestire le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina. Mi sembra che il vostro Paese sia riuscito a lavorare con questo concetto nel corso del tempo. La Svezia è ovviamente lieta che la Svizzera abbia scelto di adottare sanzioni contro la Russia. È stato un passo molto importante».

Lei è entrato in carica l’estate scorsa e giunge ora a Lugano in visita ufficiale. Che impressione ha avuto di questo scorcio di Svizzera, pioggia a parte?
«Nessuna pioggia o nebbia può nascondere la bellezza di questa città. Abbiamo avuto una prima visita fantastica in Ticino, compreso l’incontro (lo scorso 19 ottobre, ndr) con il sindaco di Lugano e i suoi colleghi per discutere dei nostri rapporti. Abbiamo uno scambio commerciale importante e collaboriamo bene nel settore dell’innovazione; questo e il turismo formano legami forti. Abbiamo anche avuto modo di incontrare la meravigliosa comunità svedese (un’ottantina di persone, ndr) e siamo ansiosi di tornare, naturalmente».

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