Il caso

Il Qatar sta aiutando gli Stati Uniti anche in Afghanistan

Doha sta cercando di favorire, in sordina, il rilascio di Ryan Corbett, cittadino americano detenuto «ingiustamente» a Kabul dall'agosto del 2022 secondo quanto afferma il Dipartimento di Stato
Il segretario di Stato americano Antony Blinken. © AP
Marcello Pelizzari
17.12.2023 10:00

Lo scorso ottobre, all'indomani degli attacchi terroristici di Hamas, avevamo sottolineato lo strano ruolo del Qatar. L'Emirato, infatti, si è subito offerto quale mediatore tra il gruppo militante palestinese e Israele per il rilascio degli ostaggi. Una posizione, questa, definita ambigua: Doha, infatti, è (anche) la casa dei dirigenti di Hamas. Il fronte mediorientale, in ogni caso, non è il solo su cui sta lavorando la diplomazia qatariota. Semafor, infatti, riferisce di un Qatar molto attivo, seppur in sordina, per risolvere una vicenda – diciamo così – personale: parliamo di un americano detenuto dai talebani, in carcere in Afghanistan dall'agosto del 2022 e il cui caso, a Washington, è sempre più discusso.

L'americano in questione si chiama Ryan Corbett, è il fondatore di una società di consulenza – Bloom Afghanistan – e a settembre la sua detenzione è stata definita ingiusta dal Dipartimento di Stato statunitense. La sua famiglia, intanto, ha poche, anzi pochissime informazioni. Mai di prima mano, fra l'altro. Nessuno sa, con precisione, quale sia il suo stato di salute. L'unica visita ricevuta, quasi un anno fa, a gennaio, è stata quella di un funzionario del Qatar. All'inizio del mese, in un'intervista concessa proprio a Semafor, la moglie di Corbett, Anna, ha spiegato che i qatarioti «hanno espresso interesse a visitare» Ryan, aggiungendo che «ci sono state molte comunicazioni con loro». La speranza, ora, è che il Qatar faccia un'ulteriore mossa.

Fra ambiguità e critiche

Il Qatar, dicevamo, è considerato ambiguo da alcuni analisti. Il minimo che si possa dire, in effetti, è che Doha gioca su più tavoli. Un esempio pratico: il Paese ospita una base militare americana, ma parla costantemente con l'Iran. Dal ritiro, caotico, degli Stati Uniti dall'Afghanistan e dalla chiusura dell'ambasciata americana a Kabul, l'Emirato rappresenta gli interessi diplomatici degli Stati Uniti nel Paese, di nuovo dominato dai Talebani. Anna Corbett, dal canto suo, ha confermato di avere avuto un incontro virtuale con il segretario di Stato Antony Blinken, poco prima del Giorno del Ringraziamento. Lo stesso Blinken ha spiegato alla donna di aver chiesto aiuto al ministro degli Esteri qatariota per poter visitare il marito e facilitarne il rilascio.

Non solo, secondo i beninformati il Congresso starebbe lavorando a una lettera, da inviare all'ambasciata del Qatar, per esortare il Paese del Golfo a continuare gli sforzi per ottenere la liberazione di Corbett. Liberare cittadini americani detenuti all'estero, lo abbiamo visto con la Russia, non è certo impresa da poco. Il fatto che Washington non abbia pressoché rapporti con i Talebani complica ulteriormente le cose. Di qui la centralità del Qatar, proprio come nei negoziati per il rilascio degli ostaggi a Gaza.

Qualche mossa, invero, è stata fatta direttamente anche dagli Stati Uniti. Pur non riconoscendo l'attuale governo dell'Afghanistan, pochi giorni fa a Doha il rappresentante speciale del Dipartimento di Stato per l'Afghansitan, Tom West, ha incontrato un delegato dei Talebani. Al centro della discussione, appunto, il rilascio dei detenuti americani. «L'amministrazione Biden rimane pienamente impegnata a fare tutto il possibile per riportare a casa gli americani ingiustamente detenuti all'estero, compreso Ryan Corbett» ha dichiarato a Semafor un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca.

La questione, per forza di cose, è sfociata anche nelle discussioni politiche. Il presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, il repubblicano Michael McCaul, ha invocato misure più punitive nei confronti dei Talebani. Così facendo, invece, agli occhi di McCaul l'amministrazione Biden starebbe «legittimando i Talebani».

Rimane difficile, sia quel che sia, capire che cosa potrebbe convincere i Talebani a rilasciare Corbett. Il Wall Street Journal, al riguardo, ha scritto che a novembre Kabul ha chiesto il rilascio di un afghano detenuto da quasi vent'anni a Guantanamo: Muhammad Rahim al-Afghani. Un profilo di altissimo livello, la cui liberazione scatenerebbe non poche preoccupazioni per la sicurezza nazionale statunitense. 

Quel figlio nato a Kabul

Arrivati fin qui, è lecito chiedersi chi sia, davvero, Ryan Corbett. E, soprattutto, che cosa ci facesse in Afghanistan anche dopo il ritiro degli americani. Corbett e la sua famiglia si erano trasferiti nel Paese nel 2010, nell'ambito di alcuni progetti legati a organizzazioni non governative. Nell'agosto 2021, sono tornati in America, a New York. Corbett, tuttavia, nel 2022 è tornato due volte in Afghanistan per questioni di visto e affari. Confidava di poter mantenere viva la sua consulenza, nonostante la presenza dei Talebani. L'arresto è avvenuto durante il suo secondo viaggio, ad agosto.

Per quasi dodici anni, Kabul è stata la casa dei Corbett. La famiglia, arrivata da Minneapolis, aveva messo radici, allevato animali domestici e dato alla luce il figlio Caleb, nato in Afghanistan nel 2011. Caleb e le sue due sorelle hanno potuto mantenere il passo con la scuola grazie alle lezioni di Anna, che da tempo condivideva con il marito l'interesse per i viaggi. «Ho passato molti bei momenti lì» ha ricordato in questi giorni Caleb, ora tredicenne. «Giravo con i miei amici afghani. È stato bello».

Il caso di Ryan Corbett è diventato di dominio pubblico all'inizio del 2023. A novembre, Anna Corbett ha testimoniato davanti alla Commissione Affari Esteri della Camera e ha parlato con alcuni media. Da quando è stato imprigionato, Anna ha potuto parlare con suo marito soltanto due volte, per telefono. «Voglio far sentire la mia voce il più possibile, in modo che possa tornare a casa» ha detto la donna. Che, tuttavia, non dispone di informazioni di prima mano. Quasi tutto quello che Anna sa di Ryan, infatti, proviene da prigionieri occidentali nel frattempo liberati.  

L'anno scorso, a proposito di detenuti, l'amministrazione Biden aveva riportato a casa Mark Frerichs, cittadino statunitense tenuto prigioniero in Afghanistan, approvando uno scambio con Haji Bashir Noorzai, membro dei Talebani, incarcerato negli Stati Uniti con l'accusa di traffico di droga.