Il tramonto di Porsche in Cina: tutti i perché di una crisi

Il mito dell’auto tedesca sta tramontando? Sì, quantomeno in Cina. E il motivo è presto detto: i cinesi, oramai, producono vetture migliori. Elettriche, intelligenti e, ancora, convenienti. Di più, molti modelli prodotti nel Paese asiatico assomigliano ai corrispettivi tedeschi. Il New York Times, al riguardo, cita la popolarissima Xiaomi SU7, che ricalca la Porsche Taycan. Il costo? La metà rispetto alla rivale di Stoccarda.
L’esempio, ribadisce lo stesso New York Times, è (solo) uno dei tanti. Per decenni, i marchi tedeschi hanno dominato il cosiddetto settore premium in Cina. L’ingresso di conglomerati come Xiaomi, famoso per i suoi smartphone alle nostre latitudini, e altri nomi grossi del Paese hanno scombussolato, in breve tempo, il mercato. L’anno scorso, in Cina sono stati venduti oltre 100 mila modelli della SU7.
Se gli amanti dell’auto sportiva (elettrica) nel Dragone stanno virando, sempre più, sulle aziende locali, l’Europa evidentemente ne soffre. E non poco. Porsche, lo scorso mese, ha annunciato che le sue consegne in Cina sono crollate del 28% nel 2024. Se è vero che la casa di Stoccarda si è comportata bene negli altri mercati, è altrettanto vero che il calo a Pechino è significativo. Talmente significativo che le consegne globali, su base annua, sono diminuite del 3%.
La Cina, un tempo, fungeva da vero e proprio salvagente: consentiva a Porsche, ma non solo a Porsche, di compensare performance deludenti in altri mercati. Il New York Times, tuttavia, scrive che questa fiducia «cieca» nel mercato cinese ha distolto l’attenzione dai tanti, troppi problemi strutturali che Porsche aveva (e ha). Uno su tutti: una certa riluttanza nell’adottare una tecnologia ora divenuta standard. Da un lato l’auto elettrica, dall’altro software sempre più sofisticati grazie all’uso, massiccio, di intelligenza artificiale.
Una sottovalutazione del futuro, se così vogliamo definirla, che non riguarda solo Porsche e l’automotive tedesco, ma pure i marchi statunitensi nonché quelli sudcoreani e giapponesi. Per dire: i marchi nipponici, storicamente fortissimi in Paesi come la Thailandia, da due anni a questa parte stanno soffrendo la rivoluzione elettrica garantita da Pechino.
Gli esperti hanno sottolineato, in tal senso, i progressi fatti dalla Cina, in particolare a livello di guida automatizzata. Progressi considerati oramai lo standard nel Paese. Il tutto mentre i marchi europei, al contrario, hanno puntato quasi esclusivamente sulla legacy dei marchi stessi, cioè sullo status di automobili iconiche e quindi ambite a prescindere. I consumatori cinesi, però, con il passare degli anni si sono abituati ad acquistare automobili «locali» e, parallelamente, a considerarle altrettanto (se non di più) valide rispetto alla concorrenza tedesca ed europea in generale.
Porsche è corsa ai ripari, o se preferite ha cercato di farlo, separandosi dal suo responsabile delle finanze e dal suo responsabile delle vendite. Entrambi erano finiti sotto un fuoco incrociato vista la pessima performance in Cina. Donald Trump, dal canto suo, ha avviato una vera e propria battaglia dei dazi che include l’Unione Europea. Un potenziale problema in più per Porsche, che a differenza degli altri marchi tedeschi rifornisce il mercato statunitense solo con modelli costruiti in Germania.
Inevitabilmente, verrebbe da dire, Porsche ha dovuto prendere anche decisioni drastiche, come quella di tagliare 1.900 posti di lavoro in Germania nei prossimi anni per far fronte a una domanda in calo su scala globale. Le vendite della Taycan, per dire, sono diminuite quasi della metà lo scorso anno, fermandosi a quota 20.836, mentre le vendite della nuova Panamera, un modello ibrido, sono scese del 13%. Il motivo di questo calo, scrive di nuovo il New York Times, è legato in parte allo scarso interesse mostrato dai consumatori cinesi per il modello.
Marchi come Xiaomi, insomma, agli occhi dei consumatori cinesi sembrano avere una marcia in più. Il punto è che, costando di più, le automobili tedesche devono essere altrettanto innovative se non di più rispetto a modelli come la SU7. Più facile a dirsi che a farsi, proprio considerando l’enorme sviluppo di cui è stata protagonista la Cina nel settore.