Il Venezuela, dunque, sta per essere attaccato dagli USA?

Sì, gli Stati Uniti potrebbero colpire il Venezuela. Siti militari legati ai narcotrafficanti, nello specifico, i cosiddetti narcos. A dirlo sono il Miami Herald e il Wall Street Journal. L'operazione sarebbe finalizzata a colpire il Cártel de los Soles. Donald Trump, dal canto suo, ha smentito un'eventuale offensiva, eppure nei Caraibi la tensione si taglia a fette. Anche perché fra gli alleati del Venezuela c'è nientepopodimeno che la Russia. La tensione ha spinto Trinidad e Tobago ad allertare il proprio esercito, mentre il dispiegamento della portaerei USS Gerald Ford è soltanto l'ultimo tassello del dispiegamento ordinato dal presidente americano dinnanzi alle coste venezuelane. Sarà, dunque, invasione? Gli analisti credono, al contrario, che l'America si limiterà a un attacco missilistico mirato.
Secondo gli Stati Uniti, per dirla con il segretario di Stato Marco Rubio, il contestato e discusso presidente venezuelano Nicolás Maduro sarebbe a capo di un narco-Stato e del presunto Cártel de los Soles, che smercia stupefacenti negli USA. Accuse, queste, prontamente (e categoricamente) respinte dal presidente della Repubblica. Intanto, come detto, il Pentagono ha schierato una flotta imponente davanti alle coste del Venezuela: la citata Gerald Ford, cacciatorpedinieri dotati di sistemi AEGIS, sottomarini e, in totale, circa 4.500 Marines. Resta da capire, al di là della questione narcotraffico, se lo stesso Maduro sia il reale obiettivo dell'eventuale operazione, o meglio se gli Stati Uniti stiano cercando, attraverso una mossa militare, di rovesciare il presidente e favorire un colpo di Stato.
Di sicuro, la partita si è fatta più ampia, con Maduro che ha chiamato in causa Mosca, Pechino e Teheran sollecitando l'invio di aiuti militari. Alla Russia e a Vladimir Putin, secondo le indiscrezioni, sarebbe stata avanzata la richiesta più pressante e forte: una «cooperazione militare più ampia» per contrastare «l'escalation statunitense» nella regione. La richiesta a Xi Jinping, invece, sarebbe stata formulata in altro modo: la possibile aggressione americana è stata descritta infatti come «un'azione contro Pechino a causa della nostra ideologia comune». Mosca, sia quel che sia, ha già risposto alla chiamata inviando un Ilyushin Il-76, un aereo sanzionato dagli Stati Uniti, atterrato a Caracas dopo aver evitato lo spazio aereo occidentale. Il velivolo è atterrato all'indomani della ratifica, da parte di Mosca, di un nuovo trattato strategico con Caracas, che include progetti come una fabbrica di munizioni per Kalashnikov e diritti di esplorazione per gas naturale e petrolio. Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha spiegato: «Mosca resta in contatto con le autorità venezuelane ed è pronta a rispondere alle loro richieste in modo adeguato». Alcuni analisti, tuttavia, hanno osservato che al di là delle apparenze il Cremlino non ha alcuna intenzione di offrire, davvero, supporto e assistenza al Venezuela, preferendo mantenere un ruolo discorso e, semmai, sfruttare l'instabilità fra Caracas e Washington per trarne vantaggio. Il ministro dei Trasporti venezuelano, Ramón Celestino Velásquez, ha infine coordinato una spedizione di un equipaggiamento militare avanzato dall'Iran, tra cui «dispositivi di intercettazione GPS» e droni con un raggio d'azione di 1.000 chilometri.
Trinidad e Tobago, dicevamo, uno Stato insulare dell'America centrale caraibica a nord-est del Venezuela, a poca, pochissima distanza dalla costa continentale, ha invece emesso un allarme di «livello di allerta uno» con effetto immediato richiamando tutti i militari a presentarsi alle rispettive basi. La vicinanza geografica con il Venezuela, d'altro canto, fa della piccola Repubblica un Paese vulnerabile a qualsiasi tipo di escalation militare. Il timore, in particolare, è che l'arcipelago possa essere travolto dagli eventi o, ancora, dal flusso di disordini transfrontalieri.
