La polemica

Il Washington Post critica la neutralità svizzera

In un editoriale pubblicato venerdì 7 aprile il quotidiano statunitense si chiede: «Che valore rimane e quale messaggio viene trasmesso aggrappandosi alla neutralità di fronte all'invasione illegale di una nazione sovrana?»
© Cdt7Gabriele Putzu
Red. Online
09.04.2023 06:00

Neutralità, ci risiamo. Dopo Le Monde, è il turno del Washington Post. In un editoriale pubblicato venerdì 7 aprile, il quotidiano statunitense ha attaccato a muso duro la cosiddetta neutralità elvetica. Una denuncia forse meno diretta rispetto ai colleghi francesi, ancorché ficcante. Di proprietà di Jeff Bezos, il Washington Post ha posto la domanda delle domande: «Che valore rimane e quale messaggio viene trasmesso aggrappandosi alla neutralità di fronte all'invasione illegale di una nazione sovrana?». 

Certo, fondamentalmente si tratta solo di un'opinione. Che dimostra, tuttavia, quanto la questione svizzera rimanga un tema centralissimo, e caldo, nella capitale statunitense. Della serie: possibile che la Confederazione, deputata a rappresentare gli interessi degli Stati Uniti in Iran, mantenga un profilo così freddo rispetto al conflitto?

Altro giro, altro passaggio: «Mentre centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita e milioni di rifugiati sono fuggiti attraverso il continente, i pochi Paesi europei che si rifiutano di prendere posizione appaiono moralmente ottusi, ostruzionisti e arroganti agli occhi di molti loro alleati e vicini, e persino dei loro stessi cittadini. Rifiutarsi di considerare l'assalto della Russia alle norme internazionali è giustamente considerato come una negazione della realtà».

La spinta per questo editoriale, evidentemente, coincide con l'ingresso della Finlandia nella NATO, lo scorso 4 aprile, Alleanza di cui la Svizzera è un partner per la pace. Congresso e Casa Bianca, va da sé, stanno seguendo da vicino, se non vicinissimo, le discussioni politiche attorno alla riesportazione di armi verso l'Ucraina, come a suo tempo hanno seguito lo slancio di Christoph Blocher, favorevole a un'iniziativa popolare per una Svizzera neutrale. 

Di nuovo il Washington Post: «Di fronte a una guerra che ha ridisegnato l'Europa, abbracciare i valori occidentali – prima di tutto, isolare gli aggressori russi e rafforzare la sovranità dell'Ucraina – significa uscire dalla barriera in modo tangibile. Questo è già stato capito da molte persone in Svizzera, dove il legame emotivo profondo con la neutralità che i suoi cittadini hanno a lungo considerato una caratteristica sacra della vita nazionale è sempre più messo in discussione».

Secondo il quotidiano, il legame tra l'attuale controversia geopolitica sulla neutralità non può essere scisso dalla situazione economica e finanziaria del Paese. «Anche alcune delle più illustri banche svizzere, pilastri dell'economia del Paese, hanno favorito il cambiamento della politica svizzera, compreso il sostegno alle sanzioni occidentali. Lo hanno fatto nonostante i potenziali rischi che questo cambiamento potrebbe rappresentare».

Neutralità, ad ogni modo, non significa più che «non c'è nulla da temere». Il quotidiano ha pure preso in esame l'evoluzione dell'opinione pubblica in altri Paesi neutrali come Austria e Irlanda. «Il segno più rivelatore dell'aumento del malcontento causato dalla neutralità ufficiale è forse il fatto che svizzeri, austriaci e persino irlandesi – che affermano di essere neutrali militarmente, ma non politicamente nella guerra in Ucraina – hanno annunciato forti aumenti delle loro spese di difesa. Questo suggerisce una consapevolezza che, nell'Europa di oggi, sconvolta dall'illegalità della Russia, la neutralità non significa più che non c'è nulla da temere.»

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