Lo studio

In 10 anni oltre 150 mila africani morti per le violenze dei gruppi islamisti

Emerge da una ricerca del «Centro di studi strategici sull'Africa»: l'anno scorso è stato particolarmente letale, con 22.307 vittime
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Ats
30.08.2025 13:58

Secondo il «Centro di studi strategici sull'Africa», organismo di ricerca del Dipartimento Difesa Usa, oltre 150'000 africani hanno perso la vita negli ultimi dieci anni a causa di violenze attribuite a gruppi islamisti. L'anno scorso è stato particolarmente mortale, con 22'307 morti, un tasso di letalità record e un aumento del 60% rispetto al 2020-2022.

In Nordafrica, la violenza islamista è in costante calo dal 2016, ma lo studio preoccupa il Marocco che dà ampio rilievo ai dati sui quotidiani. Nel 2024-2025, sono stati registrati 17 decessi, tutti in Algeria, riconducibili a piccole cellule locali. La ricerca sottolinea che la Libia continua a fungere da piattaforma logistica per i gruppi saheliani, mantenendo un rischio strutturale di destabilizzazione regionale. La concentrazione geografica della violenza è impressionante: il Sahel (10'685 morti) e la Somalia (7'289 morti) da soli rappresentano quasi l'80% delle vittime. Insieme al bacino del Lago Ciad, questi tre focolai rappresentano il 99% dei decessi attribuiti ai militanti islamici nel biennio 2024-2025. Tutte cifre incomplete, secondo il rapporto, perché in numerose aree è difficile raccogliere dati affidabili in modo indipendente.

Il Sahel è attualmente la regione più colpita. Tra il 2020 e il 2023, il numero medio annuo di decessi è stato di 4'900; questa cifra è raddoppiata negli ultimi tre anni, raggiungendo ora i 10'500. Dal 2019, il numero di decessi è aumentato di sette volte. I gruppi affiliati a Jama'at Nusrat al-Islam wal-Muslimeen (JNIM), la branca saheliana di Al-Qaeda, sono responsabili dell'83% dei decessi. Con 6'000-7'000 combattenti, hanno esteso la loro influenza dal Mali e dal Burkina Faso alle zone di confine dei paesi costieri. Lo Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS), con 2'000-3'000 soldati, rimane un rivale, ma anche un alleato temporaneo, del JNIM.

Il Burkina Faso è ora l'epicentro della crisi, con il 55% delle vittime del Sahel nel 2024-2025. Secondo il Centro studi, le forze burkinabé controllano ora solo il 40% del territorio. Il Mali, nel frattempo, ha registrato 17'700 morti dal 2009, l'81% dei quali si è verificato dopo il colpo di stato militare del 2020. In Somalia, la minaccia è costituita da Al-Shabaab, attivo dal 2006 e con 7'000-12'000 combattenti. Il gruppo genera fino a 200 milioni di dollari di entrate annuali, equivalenti ai bilanci di alcuni stati federali somali. Il paese ha assistito a una recrudescenza della violenza dopo l'elezione del presidente Hassan Sheikh Mohamud nel 2022 e la controffensiva di Al-Shabaab.

Secondo il CAES, i 6'224 decessi registrati nel 2024-2025 rappresentano il doppio del totale del 2022. La cooperazione di Al-Shabaab con gli Houthi in Yemen ha rafforzato le sue capacità tecnologiche, in particolare l'uso di droni e missili balistici, amplificando l'impatto delle sue offensive nelle zone centrali e meridionali del paese. Il bacino del Lago Ciad ha registrato quasi 4'000 morti nel 2024-2025, con un aumento del 7%. Le fazioni di Boko Haram e dello Stato Islamico dell'Africa Occidentale (ISWAP) mantengono una preoccupante capacità operativa. La Nigeria è responsabile del 74% dei decessi regionali, in particolare nello Stato di Borno. Boko Haram, stimato in un numero compreso tra 1'500 e 2'000 combattenti, e l'ISWAP, stimato in un numero compreso tra 4'000 e 7'000, sono impegnati in una competizione mortale, soprattutto per il controllo delle basi militari e per il crescente utilizzo di droni armati. La violenza contro i civili - rileva la ricerca - ha raggiunto il livello più alto dal 2016 nel 2024, con 880 morti, a dimostrazione della crescente frammentazione di questi gruppi.