Niente pettegolezzi

In Italia c'è voglia di passato: le prove di Pier Silvio Berlusconi

Ogni sei mesi il secondogenito di Silvio parla di tutto: dai programmi di Mediaset che non gli piacciono alla classe dirigente di Forza Italia che va cambiata fino alla sua eventuale discesa in politica - E lo fa anche per far sapere chi comanda e per capire se ci sono ostacoli - Può stare sereno: via libera
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Carlo Tecce
12.07.2025 15:00

Ci voleva una apparizione mistica di un Berlusconi, nella circostanza il secondogenito Pier Silvio, per ricacciare l’Italia negli anni Novanta. Con molta nostalgia. (Non la nostra). Pier Silvio si esibisce ogni sei mesi circa, ne avevamo scritto lo scorso Natale, e ogni volta conquista un pezzo di sé, mostra un pezzo di sé e si emancipa dal vecchio sé e, con un po’ di ritardo, ma ne comprendiamo la difficoltà dell’impresa, si pone accanto (non dietro) alla figura abnorme del papà Silvio. Quasi a dire: guardate, gli somiglio.

Al solito l’occasione è fornita dalla presentazione dei palinsesti di Mediaset, ma l’ormai adulto rampollo ne approfitta per discettare anche di politica. Non vi fate ingannare: non è una improvvisazione. È tutto studiato: messaggi, suggestioni, silenzi. Tutto. 

Pier Silvio vuole dimostrare, e i fatti lo testimoniano, che la sua Mediaset si sta evolvendo, che i reality non gli piacciono, che il futuro è sempre più l’Europa, non più il tinello di Milano Due. Pier Silvio vuole informare elettori e partito, e le parole sono aspre, che Forza Italia è una roba di famiglia, non fosse altro che la famiglia l’ha fondata e la famiglia ne regge il peso economico-finanziario, in particolare il debito di quasi 100 milioni di euro e dunque che la classe dirigente di Forza Italia, seppur eletta da venti o trent’anni, è sempre in bilico, sottoposta al giudizio del capo azienda. Pier Silvio vuole sondare, e le formule arzigogolate che adopera mutano di semestre in semestre, l’effetto mediatico di una sua eventuale discesa in campo della politica. Esattamente come il papà. Pier Silvio non è sceso, forse non scende, chissà scenderà, ma intanto ha capito che la discesa sarebbe accolta con entusiasmo da una parte consistente, maggioritaria, di giornali e televisioni (anche le sue, si suppone) e probabilmente da una parte rilevante del centrodestra e di qualche mendace centrosinistra; cittadini delusi dall’attuale offerta politica e desiderosi di scovare un cimelio che sappia di vintage e della gioventù andata. L’Italia è un Paese senza memoria. O almeno con una discutibile memoria selettiva. Nessuno ha sollevato il tema dell’interferenza in politica di un imprenditore, nessuno ha approfondito le conseguenze sul governo Meloni del medesimo imprenditore e nessuno – tranne i soliti commentatori dotati di memoria – ha alzato la mano, e chiesto: scusate, ma il conflitto di interessi? Che importa. Puntiamo dritti al 1994. 

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