In Lombardia un film già visto: ora la situazione è preoccupante

È come al cinema. Il remake non è mai come l’originale. Nei sequel si perde sempre qualcosa. In Italia e in particolare in Lombardia le persone stanno rivedendo e rivivendo un brutto film. Il protagonista è sempre la COVID-19 con la sua interminabile epidemia. Le scene dei camion militari incolonnati che di notte escono dalla città trasportando centinaia di bare sono sostituite dalle continue file delle ambulanze davanti ai Pronto soccorso. Non c’è tregua. Chi sta fuori segue con ansia e chi sta dentro combatte come può.
La zona rossa
La Lombardia è «zona rossa» e per poter uscire di casa bisogna avere un valido motivo. Gli spostamenti si notano solo negli orari in cui la gente va e torna dal lavoro, come le migliaia di frontalieri delle aree di confine di Como e Varese. Nel resto della giornata, chiusi i bar e negozi, i paesi sembrano disabitati. Chi rimane nelle abitazioni sussulta ad ogni gemito di ambulanza. Le sirene squarciano il silenzio dei paesi e dopo un po’ l’ansia sale fino al punto che qualche volta ci si confonde: è una nuova ambulanza che corre verso l’ospedale o il suono viene dalla tv che sta trasmettendo un film? La realtà vince quasi sempre sulla fantasia. Nel clima sospeso tra speranza e paura si osserva increduli l’allarme degli ospedali. La situazione è seria in particolare a Como, a Varese e a Monza. Oggi si guarda ai numeri di marzo e aprile come ai più longevi record dello sport, quelli che durano per decenni ma che poi, una volta superati, nell’arco di pochi mesi vengono battuti a ripetizione. Qui non si finisce più.

Ospedali in difficoltà
Lo «scroll» dei canali news l’altro giorno riportavano la scritta «Covid-19: Ospedale di Como: siamo al limite del collasso». E la striscia rinnovava ora dopo ora il suo significato angosciante. «Agli ospedali siamo tutti abituati - scriveva Francesco Agnoli nel libro “La Grande storia della Carità” dedicato appunto alla nascita degli ospedali - Diamo per scontato che ogni città ne abbia più di uno, e che funzioni». Già, che funzioni. Ma se l’ospedale è al collasso, quale sensazione può venire all’idea che ci vuole un niente per rimanere infettati dal virus e rientrare nella percentuale, certo piccola ma sui grandi numeri con effetti disastrosi, di coloro che hanno bisogno di cure ospedaliere?
Numeri da brivido
Ma quali sono i numeri? I pazienti ricoverati al S. Anna di Como - annunciano dalla sede di San Fermo - sono 137 ventilati di cui 26 in terapia intensiva; 179 non ventilati; a Cantù 25, di cui 6 in terapia intensiva, a Mariano nella degenza di transizione 27, in pronto soccorso in attesa di ricovero 40 al S. Anna, 29 a Cantù e 2 a Menaggio. «La situazione è difficile – ha dichiarato il direttore generale dell’AST Lariana Fabio Banfi – e certamente non abbiamo bisogno di allarmismi e drammatizzazioni eccessive». Si comprende la gravità considerando che i posti letto sono 372 che arrivano a 400 con i pazienti in attesa al pronto soccorso e che nel presidio di Cantù sono stati chiusi Pediatria e pronto soccorso pediatrico per recuperare posti letto e soprattutto medici e infermieri. Al Valduce a ieri c’erano 60 ricoverati COVID di cui 6 in terapia intensiva e circa 8-10 pazienti in attesa di diagnosi al ponto soccorso. «Abbiamo assunto una quindicina di infermieri il 10 novembre – dice il manager Mauro Turconi –, si sono appena laureati e sono stati buttati subito nella mischia. La situazione è preoccupante, speriamo che le misure servano». «I numeri di Como sono evidenti – commenta il dottor Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei medici – ieri più di 1.300 nuovi casi. Gli ospedali sono pieni. Bisogna potenziare la medicina del territorio». Sul fronte varesino stessa emergenza e al Circolo «Macchi» si convertono i reparti per curare i casi e in queste ore si recuperano 40 posti per i sub acuti a Cuasso al Monte. «I nostri ospedali stanno raggiungendo la saturazione, non c’è più posto - ha confermato ieri all’Ansa Davide Galimberti, sindaco di Varese - Da Busto Arsizio a Varese, fino a Tradate da giorni gli ospedali sono sotto pressione, siamo al limite». Ancora peggio sembra messa la sanità di Monza Brianza. Al San Gerardo centinaia di ricoverati COVID e per accogliere i pazienti è stata allestita una struttura provvisoria all’Autodromo.

Una tendopoli a Malnate
Alle Fontanelle di Malnate è allestita la tendopoli della Protezione civile di Varese per eseguire i controlli sui sospetti casi COVID con i tamponi: arrivano fino a 1.500 al giorno. La gestisce Alberto Baccaro con personale dell’Ats, della Protezione civile, una ventina di volontari e con l’aiuto dell’Esercito. Non è più come nei film, è come in guerra. «Faccio il militare - commenta - e dico che quando un Paese chiama le forze armate per dare supporto a gestire una emergenza vuol dire che le cose non sono andate bene». Perché? «Perché dopo l’Esercito non resta più nessuno».