Violenze

Indonesia, che cosa è successo in quello stadio?

Il Paese da anni è confrontato con il tifo violento, ma anche la polizia è sotto accusa per l'uso di gas lacrimogeni: proviamo a fare chiarezza
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Marcello Pelizzari
02.10.2022 17:00

Violenza, gas lacrimogeni e una calca mortale. Per una partita di calcio, sì. È successo in Indonesia, sabato sera, a margine del 3-2 che ha permesso al Persebaya Surabaya di espugnare lo stadio dell’Arema Malang, nella provincia di Giava Orientale. Allo stadio, in quel momento, c’erano 42 mila spettatori circa. Tutti di fede Arema, visto che i tifosi ospiti erano stati banditi nel tentativo di evitare risse. La sconfitta, tuttavia, ha spinto i sostenitori dell’Arema a riversarsi in campo a caccia di risposte. I tifosi hanno lanciato bottiglie e altri oggetti contro giocatori e dirigenti. La violenza si è diffusa anche all’esterno dell’impianto: almeno cinque volanti della polizia sono state rovesciate e date alle fiamme, altre invece sono state «solo» danneggiate. Nel tentativo di sedare gli animi, le forze dell’ordine, in tenuta antisommossa, hanno risposto usando gas lacrimogeni (vietati dalla FIFA) e scatenando il panico. Per evitare i fumi, centinaia di spettatori si sono precipitati a un cancello per abbandonare lo stadio: nella calca, sono rimaste calpestate o soffocate 34 persone, morte quasi all’istante. Altre persone, invece, sono decedute in seguito alle gravi ferite riportate. Il bilancio, parziale, parla di almeno 125 morti, inclusi bambini e due agenti di polizia.

Un Paese calcisticamente violento

La violenza non è una novità assoluta nel calcio indonesiano. Secondo i dati di un’organizzazione di sorveglianza locale, Save Our Soccer, almeno 86 persone sono morte, dal 1995 a oggi, in combattimenti fra tifoserie. Il calcio, d’altra parte, è lo sport più popolare in Indonesia e il campionato nazionale è seguitissimo. Come in altre parti del mondo, anche nel sudest asiatico le tifoserie organizzate sono molto attaccate al proprio club. Un attaccamento che sfocia spesso nel fanatismo e, di riflesso, nella violenza. Mai, però, simili episodi si erano verificati all’interno di uno stadio. Non con una portata simile, quantomeno.

Fra le faide più note, citiamo quella che oppone i sostenitori del Persija Giacarta e del Persib Bandung: da anni, in occasione delle partite fra le due squadre, la polizia è costretta a intervenire con forza. Nel 2018 un tifoso del Persija era pure stato picchiato a morte dai rivali.

Perfino gli spettatori al seguito della nazionale si sono macchiati di episodi violenti nei confronti dei rivali malesi: in occasione delle qualificazioni ai Mondiali in Qatar, nel 2019, i tifosi della Malesia erano stati minacciati e colpiti da proiettili a Giacarta. Il ministro dello Sport malese, addirittura, era stato scortato all’esterno dello stadio. Sempre nel 2019, dopo aver perso contro il Vietnam nella finale dei Giochi del sudest asiatico, i tifosi indonesiani presero d’assalto i social media per inviare minacce di morte ai giocatori vietnamiti e alle famiglie. Roba da matti.

A giugno, due tifosi del citato Persib Bandung sono morti nel tentativo di entrare allo stadio per assistere a una partita della Coppa del Presidente. Lo stadio era già strapieno e loro, con aggressività, spingevano per entrare comunque.

Le parole di Widodo

Il presidente indonesiano, Joko Widodo, ha espresso il suo più profondo rammarico per quanto accaduto a Malang. Ordinando, va da sé, un’indagine approfondita. Il campionato, per volere del presidente, è stato sospeso finché non verranno riviste le norme di sicurezza. Widodo, inoltre, ha detto di sperare che «questa tragedia sarà l’ultima tragedia calcistica in Indonesia».

L’Arema, su pressione della Federcalcio locale, non potrà inoltre ospitare partite nel suo stadio per il resto della stagione. Amnesty International, dal canto suo, ha esortato l’Indonesia a indagare sull’uso di gas lacrimogeni da parte della polizia. Una scelta improvvida, secondo l’organizzazione, tanto più che la stessa FIFA ne vieta l’uso da tempo.

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