Influencer e foto ritoccate: un problema per i giovani?

Occhi chiari, capelli folti e un fisico più snello. Oggi non è più necessario comprare lenti a contatto colorate, ricorrere a trattamenti tricologici o mettersi a dieta per avere l’aspetto dei propri sogni: bastano un’app, uno smartphone e un account su Instagram. Già, i social network sono diventati il regno del fotoritocco. Se i semplici utenti lo fanno per svago, per sentirsi più attraenti o per fare il pieno di apprezzamenti, attraverso i «mi piace», gli influencer, seguiti anche da milioni di persone, ricorrono al trucchetto per fini commerciali. Ma che impatto possono avere sui giovani le foto modificate e diffuse sui social media? Recentemente la Norvegia ha dichiarato guerra ai modelli di bellezza irrealistici che si vedono nei contenuti pubblicitari sul web. Nel Paese scandinavo, all’inizio dello scorso giugno, è stata approvata dal Parlamento una legge che dall’estate del 2022 obbligherà inserzionisti ed influencer a contrassegnare con un’etichetta progettata dal governo le foto in cui viene alterato il corpo di una persona. Anche il solo utilizzo di un filtro su Instagram, se non dichiarato, potrebbe comportare una sanzione. Il ministro dell’Infanzia e della Famiglia norvegese, Kjell Ingolf Ropstad, auspica che la misura possa arginare l’impatto negativo che tali pubblicità hanno sui giovani, in quanto gli standard di bellezza diffusi su Internet contribuiscono alla bassa autostima degli adolescenti. Le immagini ritoccate sembrano però solo la punta dell’iceberg di un problema decisamente più profondo. Abbiamo affrontato la questione con il filosofo e scrittore italiano Stefano Zecchi, già professore ordinario di Filosofia all’Università degli Studi di Padova e di Estetica all’Università degli Studi di Milano.

Sbagliato demonizzare i social network: servono educazione e formazione
La mossa norvegese può davvero essere efficace? Stefano Zecchi commenta: «Questa legge parte da buone intenzioni e potrebbe essere pensata anche per altri Paesi, in quanto è corretto tutto quello che porta ad una consapevolezza della realtà ed evita la diffusione della finzione, anche se la misura sembra molto fragile e temo possa non avere successo». Secondo il filosofo infatti: «I giovani si lasciano influenzare nel momento in cui non hanno certezze e sicurezze», e aggiunge: «Faccio fatica a pensare che sia una fotografia ritoccata quella che rovina il sentimento di sé di un giovane. C’è un problema profondo di costruzione della propria identità attraverso l’educazione famigliare e la formazione scolastica». Secondo Zecchi, i social media sono solo l’ultimo «mezzo» contro cui è stato puntato il dito: «Si cerca sempre un elemento quasi diabolico che deve essere ritenuto il principio del male del mondo. È sempre stato così. La televisione era il male universale: si diceva che la tv era la babysitter dei nostri figli, ma lo diventava perché nessuno si prendeva cura di loro. Prima ancora c’era chi se la prendeva con i fumetti: chi li leggeva veniva considerato poco serio, uno che sarebbe andato male a scuola. Il responsabile del male di volta in volta si rettifica e si aggiorna a seconda dei tempi: oggi i ‘nemici’ sono il telefonino e i vari Instagram, TikTok e Facebook». Per il professore non esiste un male assoluto, «esiste però il male della cattiva educazione e della cattiva formazione scolastica. Sono queste carenze che fanno cadere in trappola: noi possiamo essere artefici dell’inganno o essere quelli passivi che ne sono vittima. Questi inganni sono figli di chi ha interessi, che possono essere commerciali, ma non solo. L’artefice ha interessi ad ingannare, e la vittima deve capire che può correre ai ripari. Pubblicità e influencer possono essere positivi: una persona in loro può trovare informazioni giuste e utili. Per non essere manipolati bisogna avere una certa forza identitaria e culturale», sottolinea Zecchi convinto che «la demonizzazione è sempre un errore».
Il rapporto tra giovani e influencer
Ma qual è il rapporto tra i giovani e gli influencer? Il filosofo spiega: «Ho partecipato a diversi incontri con i giovani. Quando sostengo la tesi che gli influencer hanno successo perché la società giovanile è molto fragile e insicura sulla propria identità, i ragazzi - non solo delle superiori, ma anche ai primi anni di università - mi rispondono che non è vero. Loro affermano che se hanno delle indecisioni, l’influencer li orienta in una scelta piuttosto che un’altra. Dicono di non venire condizionati, ma di ricevere solo un suggerimento», racconta Zecchi, aggiungendo: «Io faccio fatica a pensare che il successo di un influencer sia legato a semplici suggerimenti. Ritengo piuttosto che loro abbiano così tanto peso perché la nostra società è fortemente post-ideologica. Agli inizi degli anni ‘90 il tema post-ideologico aveva una sua forza perché arrivava dopo quasi un secolo di ideologia, che aveva creato più disastri che altro. Però si sono persi il tema della costruzione della società e l’idea di progetto: oggi si vive nella estemporaneità e nella occasionalità. In questa assenza di visione, le nuove figure del web influenzano in una determinata direzione. Addirittura il Partito Democratico, cioè il partito erede di Gramsci, Togliatti e Berlinguer, oggi pensa di ricominciare da Fedez: ciò rappresenta una forte crisi di identità politico-sociale. Noi questa assenza di identità politico-sociale la affidiamo ai giovani, e loro si rivolgono a chi gli dà un minimo di sicurezza. Come detto, l’influencer può essere positivo, può avere i suoi spazi, ma se dall’alto di una posizione politica si dice “Si riparte da un influencer”, sembra una perversione».
Il ritocco dell’immagine è una consuetudine
Certi modelli di bellezza che oggi si contestano sul web, in realtà ci sono da sempre. Pensiamo alle modelle fotoritoccate sulle riviste o ai personaggi della televisione, spesso nascosti sotto chili di trucco o finiti sotto al bisturi del chirurgo estetico. Dunque cosa cambia rispetto a prima? Lo scrittore afferma: «Ormai la manipolazione del corpo, quindi della sua immagine, è una cosa entrata nella consuetudine. Per noi è normale vedere una ragazza con il seno o il naso rifatti». Zecchi fa notare che: «Se si entra nella carne viva di un corpo, diventa molto più semplice, effimero e superficiale agire su un’immagine fotografica. La falsificazione della naturalità è entrata a vele spiegate nella nostra cultura». Secondo il filosofo ci sono due elementi da mettere in luce: «Ci si può difendere da questa situazione di manipolazione solo attraverso la consapevolezza di sé. Dall’altra parte, bisogna sapere che l’immagine produce sempre una reinterpretazione della realtà. Bisogna avere questa consapevolezza: l’immagine non è mai la realtà. Per arrivare alla realtà, le immagini devono attraversare il mondo delle esperienze e delle conoscenze. Questo è un grande tema filosofico che, da Platone ai giorni nostri, continua ad avere la sua importanza. Si pensi anche all’arte, a cosa significa la trasformazione dell’immagine nella forma. Oggi proviamo una certa curiosità scandalistica per le fotografie ritoccate, ma questo è irrilevante se pensiamo che c’è chi modifica direttamente parti del suo corpo», conclude Zecchi.