«Io, un ticinese che vuole salvare la barriera corallina»

Alessandro Rossi è un giramondo che si è fermato alle Fiji per amore di Avi, sua moglie. Questo ticinese dalle molte vite è stato liutaio, istruttore subacqueo, operatore turistico e ora si dedica alla salvaguardia e riproduzione dei coralli.
Tra i personaggi che lo hanno incoraggiato nella sua attività c’è Jean-Michel Cousteau, esploratore e documentarista oceanografico, che è stato ospite nella sua casa vicino a Savusavu. L’impegno per l’ambiente e la coscienza ecologica sono alla base della vita della famiglia Rossi sull’isola di Vanua Levu tra buone pratiche sulla raccolta differenziata e salvaguardia della barriera corallina, un variopinto gioiello del mare a sostegno delle altre specie. Alessandro ha un sogno nel cassetto, anzi due; far crescere il suo progetto «Coral for life» e portare sua madre dal Ticino alle Fiji.
Alessandro Rossi, come è arrivato nel “paradiso nascosto delle Fiji” o meglio nella baia di Savusavu sull’isola di Vanua Levu?
«Sono arrivato alle Fiji come istruttore subacqueo nel 2006 anche se ho cominciato a viaggiare tempo prima. Ad esempio nel 1998 ero andato da Londra a Katmandu con un camion in compagnia di altre quindici persone. Poi il mio lavoro mi ha portato a fare immersioni a varie latitudini, così sono stato alle Filippine, alle Maldive, in Indonesia e Papua Nuova Guinea, e nel 2005 alle Fiji, l’ultima tappa prima di “arenarmi”. Un anno dopo ho conosciuto Avi, che nel 2009 è diventata mia moglie, e da quando sono nati i nostri figli Ethan e Axel viviamo nella baia di Savusavu sull’isola di Vanua Levu. È il paradiso nascosto delle Fiji tra sabbia bianca, colline smeraldine e un mare cristallino».

Dove ha vissuto in Ticino?
«Sono nato a Losone 47 anni fa, ho vissuto a Brione e ho frequentato le scuole a Locarno. A 16 anni sono andato a Cremona, in Italia, dove mi sono iscritto alla Scuola internazionale di Liuteria Antonio Stradivari. Poi ho lavorato come liutaio a Zurigo».
Che cosa l’affascinava del mestiere di liutaio?
«Questa esperienza lavorativa è stata un’avventura stupenda perché mi ha aperto una finestra sul modo di vedere la vita. Tutto quello che ho imparato come liutaio mi ha aiutato anche nei viaggi. La metodologia che sta dietro alla costruzione di uno strumento ti porta a pensare in un certo modo. Realizzare un violino sembra complicato, ma se lo si affronta concentrandosi sui passaggi necessari, allora diventa semplice».
L’essere ticinese in cosa l’ha aiutata?
«La fortuna di essere cresciuti in Svizzera è data anche dal fatto di parlare diverse lingue. Oltre a cavarmela egregiamente con l’italiano, il francese e il tedesco ho raccolto per strada l’inglese e lo spagnolo e questo mi ha aiutato a trovare lavoro in giro per il mondo».
Che cosa l’ha più colpita delle Fiji?
«Lo spettacolo della natura alle Fiji non può lasciare indifferenti. Ho incominciato ad andare in barca a vela qui con un amico francese e sono rimasto affascinato da questo posto forse perché è il punto più distante rispetto alla Svizzera. Continuando a viaggiare, cominciavo a tornare indietro e mi sono detto: “Mi fermo qui perché più lontano non posso andare”. Comunque non è tutto oro quello che luccica. È abbastanza dura vivere alle Fiji dove tra le altre cose devi fare i conti con la burocrazia locale che è frustrante. Dopo tutti gli anni che vivo sull’isola di Vanua Levu non ho ancora ottenuto il passaporto figiano».


La natura alle Fiji è più ospitale rispetto all’Australia...
«Questo è un altro punto a favore delle Fiji, che i nativi chiamano il giardino dell’Eden. Non ci sono animali pericolosi sulla terra ferma, mentre nel mare bisogna sapersi muovere con buon senso».
Come avete vissuto il periodo della pandemia?
«Lavoravamo nel settore del turismo e affittavamo un cottage fuori casa a coppie di stranieri che vi soggiornavano per brevi periodi e io accompagnavo in barca, a fare canoa, passeggiate e altre attività. Poi è arrivata la pandemia, dall’aprile del 2020 hanno chiuso le frontiere e il turismo è morto».
Da quanto tempo si occupa di propagazione dei coralli termoresistenti?
«Ho cominciato a livello amatoriale nel 2017 e ho ripreso in seguito pensando a un progetto di coral farm con il coinvolgimento della popolazione locale. Il commercio di coralli, coltivati e certificati, per acquari va anche a beneficio della natura e dell’ecosistema marino».
Che cosa fa concretamente per accelerare la riproduzione dei coralli?
«Seleziono i coralli, durante l’estate, quando l’acqua è molto calda e ci sono picchi di moria. Vado a reperire quelli sopravvissuti che sono più resistenti alle alte temperature. Allora frammento dei piccoli braccetti che metto in una nursery e quando sono cresciuti a sufficienza li vado a cementare nella barriera corallina. Cerchiamo di lavorare in armonia con la natura. Clonando i coralli termoresistenti selezionati si accelerano i tempi di recupero di almeno due anni espandendo così colonie geneticamente più adatte a fronteggiare gli sbalzi di temperatura sempre più frequenti».


Come è stato l’incontro con Jean-Michel Cousteau?
«È stato come incontrare il Papa. Jean- Michel ha voluto vedere il mio lavoro sui coralli e mi ha incoraggiato a proseguire. Vorrei che il mio progetto “Coral for life” diventasse più strutturato, con collegamenti a istituti scientifici, acquari e altre partnership. Sto lavorando in questo senso e nel frattempo ho ottenuto l’approvazione del Ratu Tui, il capo della comunità locale. Un capitolo importante è stato il corso di perfezionamento con Victor Bonito, un’autorità in materia di coralli, che mi ha insegnato moltissimo».
La barriera corallina è lontana da casa sua?
«Quella dove ho fatto la prima nursery è a 900 metri da casa. Ora ho spostato tutto un po’ più lontano».
Come vive l’impegno per l’ambiente in questo paradiso nascosto?
«C’è ancora molto da fare per una coscienza ecologica diffusa. Non mi stanco di raccogliere plastica sull’isola. Ho promosso la raccolta differenziata nella scuola frequentata dai miei figli e spero che il buon esempio inneschi una catena virtuosa. Mio figlio Ethan ha vinto un premio, a un concorso indetto dal Ministero dell’Educazione durante il lockdown sulle attività extrascolastiche, con un video che spiega la nostra attività di propagazione dei coralli e l’impatto dei cambiamenti climatici sulla barriera».
Che cosa le manca del Ticino?
«Abbiamo comprato una casa alle Fiji per potere ospitare mia madre che ora vive ancora in Ticino e da quando si è ammalata di Alzheimer è ospite in una casa di riposo. Mi sono accordato con l’infermiera che l’accudisce che la accompagnerebbe qui con tutte le attenzioni del caso. Al 1. di novembre gli aeroporti riaprono e sto procurando la documentazione necessaria al permesso di residenza. Il mio desiderio è che lei stia con noi alle Fiji e che viva l’ultima parentesi della sua vita con suo figlio e i suoi nipoti».
