L'editoriale

Iran-Israele: in gioco la stabilità regionale

In questi giorni di alta tensione in Medio Oriente val la pena ricordare che le guerre si sa come iniziano ma, una volta innescate, nessuno è in grado di dire come finiranno
Osvaldo Migotto
20.04.2024 06:00

In questi giorni di alta tensione in Medio Oriente val la pena ricordare che le guerre si sa come iniziano ma, una volta innescate, nessuno è in grado di dire come finiranno. A tale proposito pensiamo alle preoccupanti schermaglie militari di queste ultime settimane tra l’Iran e lo Stato ebraico. Fortunatamente non ci troviamo di fronte a un conflitto su vasta scala, tuttavia il fatto che i vertici della Repubblica islamica abbiano deciso, nella notte tra il 13 e il 14 aprile, di lanciare centinaia di missili e droni contro Israele in risposta all’uccisione, avvenuta il 1. aprile a Damasco, di due alti ufficiali iraniani, potrebbe rappresentare un temibile punto di svolta nelle relazioni tra i due Stati.

In effetti in passato mai si era assistito a un attacco diretto e massiccio, da parte della Repubblica degli ayatollah, contro il territorio israeliano. Ieri mattina la risposta militare moderata e non rivendicata dall’IDF (le Forze di difesa israeliane) nei pressi della città iraniana di Isfahan, e il fatto che il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amirabdollahian, abbia parlato di “micro veicoli aerei abbattuti senza fare vittime o danni", lascia presagire che su entrambi i fronti non vi sia l’intenzione di far crescere ulteriormente la tensione.

Questo almeno in apparenza. Non vanno infatti dimenticate le forti pressioni esercitate dalla comunità internazionale, e in particolare dagli USA, sul premier israeliano affinché rinunciasse a una nuova prova di forza nei confronti dell’Iran. Alla fine è prevalsa la moderazione e la risposta armata di Tel Aviv contro il regime iraniano è apparsa contenuta, ma il messaggio in codice agli ayatollah è stato chiaro: abbiamo colpito senza difficoltà il centro dell’Iran, in un’area dove sorgono anche centrali nucleari. I siti nucleari iraniani appaiono dunque vulnerabili di fronte a possibili nuovi attacchi dell’IDF.

Ecco spiegata la reazione moderata di Teheran all’incursione dello Stato ebraico. Ciò non significa che ora il rischio di una spirale di scontri armati tra i due Paesi sia definitivamente scongiurato. Il regime degli ayatollah, che non ha mai nascosto il desiderio di vedere annientato lo Stato ebraico, è in grado di continuare a colpire Israele anche senza uno scontro militare diretto. È infatti quello che accade ormai da anni, con Teheran che finanzia, fornisce armi e istruisce vari gruppi terroristici della galassia islamica: da Hezbollah attivo in particolare in Libano, ad Hamas presente massicciamente nella Striscia di Gaza, fino agli estremisti Houti nello Yemen.

Non è pertanto un caso se nell’attacco condotto lo scorso 1. aprile a Damasco dall’esercito con la Stella di David sia stato ucciso anche Mohmmad Reza Zahedi, comandante di un'unità d'élite dei Guardiani, responsabile delle operazioni esterne dell'Iran. Un alto ufficiale che secondo fonti israeliane sarebbe uno dei più alti responsabili del massacro compiuto da Hamas in Israele lo scorso 7 ottobre.

Ora la grande domanda è cosa accadrà nel prossimo futuro. Che in Medio Oriente stia accadendo qualcosa di molto pericoloso per la stabilità della regione ce ne stiamo rendendo conto tutti, con il progressivo aumento del prezzo del petrolio e del gas. Preoccupa anche il fatto che sia il premier Netanyahu, sia il presidente iraniano Ebrahim Raisi sono contestati all’interno dei rispettivi Paesi da una parte non irrilevante della popolazione. Tenere alta la tensione sul fronte esterno potrebbe essere una tattica machiavellica per rimanere al potere.

Criticato da più parti a livello internazionale per come sta conducendo la guerra contro Hamas a Gaza, incurante dell’alto numero di vittime civili palestinesi e della mancata liberazione degli ostaggi israeliani, Netanyahu ha potuto ritrovare la solidarietà militare degli alleati occidentali, ma anche di alcuni Paesi arabi amici, proprio quando il suo Paese è stato bersagliato da centinaia di missili e droni da parte iraniana. Appare più che giusto contrastare il sostegno che Teheran fornisce da anni all’estremismo islamico, ma in un’area esplosiva come il Medio Oriente ogni passo andrebbe ponderato, tenendo anche conto dei consigli che giungono dagli alleati di Israele.     

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