Ius soli, la Corte Suprema USA limita i poteri dei tribunali

In un'altra sentenza storica a tre anni di distanza da quella sull'aborto, la Corte Suprema americana a maggioranza conservatrice ha consegnato a Donald Trump le chiavi per attuare tutti i suoi provvedimenti senza l'interferenza dei giudici federali, dal divieto dello ius soli alle deportazioni di massa dei migranti.
Il caso nello specifico riguardava una richiesta dell'amministrazione repubblicana di limitare la portata delle ingiunzioni di tre tribunali - in Maryland, del Massachusetts e nello Stato di Washington - che avevano bloccato la direttiva contro il diritto di cittadinanza emanata dal tycoon nei primi giorni del suo ritorno alla Casa Bianca, perché «in violazione del XIV emendamento della Costituzione americana».
Il massimo tribunale americano non si è espresso sul merito dell'ordine esecutivo, che verrà valutato ad ottobre, e la sua sentenza non entrerà in vigore prima di 30 giorni. Ma si tratta comunque di una batosta per i giudici federali nei vari Stati che in questi mesi hanno emanato ingiunzioni contro diverse misure varate da Trump, soprattutto in tema di immigrazione ed espulsioni.
The Donald ha ovviamente esultato per la sentenza ed ha risposto per circa un'ora alle domande dei giornalisti nella sala stampa della Casa Bianca. «È una vittoria monumentale per la Costituzione e salva la divisione dei poteri», ha gioito il tycoon, che si è rallegrato anche per un'altra sentenza della Corte Suprema: quella per il divieto dei libri Lgbtq nelle scuole. «Una vittoria per i genitori», ha commentato il presidente.
Anche l'attorney general, Pam Bondi, si è detta soddisfatta della decisione, accusando i tribunali distrettuali di essersi comportati come degli «imperatori» in questi mesi. Sullo ius soli, in particolare, Trump ha sottolineato che si tratta di una legge anacronistica, che risale ai tempi della guerra civile e che serviva «per i figli degli schiavi, non per i turisti». Oggi, ha attaccato il presidente, «viene usata dai cartelli della droga per fare entrare persone molto cattive».
La sentenza di 119 pagine è destinata a sollevare un polverone nei prossimi mesi. Ancora una volta ha messo in evidenza la netta spaccatura del Paese e della Corte, con i sei giudici conservatori che hanno votato a favore e i tre liberali che hanno votato contro. «Alcuni sostengono che l'ingiunzione universale fornisca alla magistratura un potente strumento per controllare il potere esecutivo.
Ma i tribunali federali non esercitano una supervisione generale sul potere esecutivo», ha scritto nella sentenza la conservatrice Amy Comey Barrett: «Risolvono casi e controversie in conformità con l'autorità del Congresso ha loro conferito. Quando un tribunale conclude che il potere esecutivo ha agito illecitamente, la risposta non è che il tribunale debba a sua volta eccedere i suoi».
Di contro la liberal Sonia Sotomayor, esprimendo il suo dissenso dalla maggioranza dei colleghi, ha sottolineato come «lo stato di diritto non è scontato in questo Paese, né in altri. È un precetto della nostra democrazia che durerà solo se coloro che, in ogni ambito, saranno abbastanza coraggiosi, lotteranno per la sua sopravvivenza. Oggi la corte abdica al suo ruolo vitale in questo sforzo». Anche i democratici hanno espresso preoccupazione per la sentenza, con il leader della minoranza al senato, Chuck Schumer, che l'ha definita «un passo verso l'autoritarismo».
La decisione ora potrebbe creare un caos legislativo nei prossimi mesi, e non solo sullo ius soli. In alcuni Stati Usa nei quali i tribunali non hanno bloccato il provvedimento, infatti, il divieto potrebbe già entrare in vigore. Per non parlare di tutte le altre ordinanze emanate dai giudici da gennaio ad oggi per impedire a Trump di attuare in modo aggressivo il suo potere esecutivo e far avanzare la sua agenda.