Stati Uniti

Jewish Museum di Washington, chi sono le due vittime e l'attentatore

Yaron Lischinsky e Sarah Milgrim sono morti sotto il fuoco di Elias Rodriguez, 30.enne di Chicago che si è assunto la responsabilità del gesto: «L'ho fatto io, l'ho fatto per Gaza. Free Palestine!»
© Ambasciata di Israele a Washington
Red. Online
22.05.2025 14:45

«Due membri del personale dell'ambasciata israeliana sono stati uccisi senza motivo questa notte vicino al Museo Ebraico di Washington DC». Con un post su X il segretario per la Sicurezza Interna Kristi Noem ha annunciato la morte di due persone, attorno attorno alle 21 ora locale, mentre uscivano da un evento al museo ebraico. Si tratta di un uomo e di una donna, una «giovane coppia in procinto di fidanzarsi», ha riferito l'ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Yechiel Leiter: «Lui aveva comprato un anello questa settimana con l'intenzione di fare la proposta di matrimonio alla sua ragazza nei prossimi giorni a Gerusalemme. Erano una coppia bellissima».

L'evento era stato presentato come un cocktail serale per giovani professionisti ebrei, per promuovere l'unità e celebrare il patrimonio ebraico, scrivono i media internazionali. L'organizzatore, l'American Jewish Committee, ha dichiarato che l'evento era aperto a tutti i membri della comunità diplomatica di Washington. Il tema dell'evento è stato pubblicizzato come «trasformare il dolore in uno scopo». Erano stati invitati come ospiti speciali gli organizzatori degli aiuti umanitari impegnati nelle crisi umanitarie in Medio Oriente, compresa Gaza.

Le vittime

Le vittime sono Yaron Lischinsky e Sarah Milgrim, membri dello staff dell'ambasciata israeliana. Lischinsky, 28 anni, lavorava per l'ufficio politico e aveva anche un passaporto tedesco, secondo notizie riportate dai media in Germania, fra cui der Spiegel, e confermata da fonti diplomatiche di Berlino all'Afp. Il giovane aveva conseguito un master in Governo, diplomazia e strategia all'Università Reichman e si era laureato in relazioni internazionali all'Università ebraica. Lischinsky firmava anche un blog per Israel Times. «Credo con forza nella visione definita dagli Accordi di Abramo e che espandere il cerchio della pace ai nostri vicini arabi e perseguire la cooperazione regionale sia nel miglior interesse dello stato di Israele e dell'intero Medio Oriente. Per questo, sono un fautore del dialogo inter religioso e della comprensione fra culture diverse», aveva scritto sulla sua pagina LinkedIn.

Milgrim, dipendente ebrea-americana dell'Ambasciata israeliana, lavorava nel Dipartimento di diplomazia pubblica. Aveva conseguito un master in studi internazionali all'American University e un ulteriore master in risorse naturali e sviluppo sostenibile alla United Nations University of Peace. «La mia passione si colloca all'intersezione tra costruzione della pace, impegno religioso e impegno ambientale», scriveva sulla sua pagina LinkedIn. «Durante la mia collaborazione con Tech2Peace a Tel Aviv, in Israele, ho condotto una ricerca approfondita sulla teoria della costruzione della pace, con particolare attenzione alle iniziative di base nella regione israelo-palestinese. Le mie diverse esperienze, tra cui la facilitazione di discussioni approfondite sulla geopolitica in Israele e Palestina come educatore ebraico, e la ricerca su una serie di temi ambientali in India e America Centrale, riflettono il mio impegno nel promuovere la comprensione tra i diversi popoli».

«Yaron e Sarah erano nostri amici e colleghi», twitta l'ambasciata. «Erano nel fiore degli anni. Un terrorista li ha uccisi a colpi d'arma da fuoco mentre uscivano da un evento al Capital Jewish Museum di Washington. Tutto il personale dell'ambasciata è addolorato e devastato dal loro assassinio. Non ci sono parole per esprimere la profondità del nostro dolore e del nostro orrore per questa perdita devastante. I nostri cuori sono con le loro famiglie e l'ambasciata sarà al loro fianco in questo momento terribile» .

Lo sparatore

Pamela Smith, capo del dipartimento di polizia metropolitana, ha dichiarato che «l'indagine preliminare indica che entrambe le vittime stavano uscendo da un evento al Capitol Jewish Museum, situato nell'isolato 500 di Third Street Northwest, quando è avvenuta la sparatoria. Riteniamo che questa sia stata commessa da un singolo sospettato, ora in stato di fermo. Prima della sparatoria era stato visto camminare avanti e indietro all'esterno del museo». Smith ha spiegato che il sospettato, identificato come Elias Rodriguez, «si è avvicinato a un gruppo di quattro persone, ha estratto una pistola e ha aperto il fuoco colpendo entrambe le vittime».

Un video, mostra l'uomo mentre urla «Free Palestine» nel momento in cui viene arrestato al Capital Jewish Museum di Washington.

L'uomo, secondo quanto riferito dalla CNN tramite le testimonianze di una testimone, «ha finto di essere un testimone» e ha atteso l'arrivo della polizia per oltre 10 minuti prima di affermare di averlo fatto «per Gaza». «Le guardie di sicurezza gli hanno offerto dell'acqua, cercando di confortarlo. Aveva un comportamento piuttosto strano. Hanno pensato che avesse assistito alla sparatoria». Il presunto killer ha quindi chiesto alla sicurezza di chiamare la polizia. Quando le forze dell'ordine sono arrivate, l'uomo si è assunto la responsabilità del gesto: «L'ho fatto io, l'ho fatto per Gaza. Free Palestine!».

Elias Rodriguez, 30.enne di Chicago, secondo il Times of Israel sarebbe «membro di un gruppo di estrema sinistra che si batte per i diritti dei palestinesi». Nel 2017 il sospetto partecipò a una protesta davanti all’abitazione dell’allora sindaco di Chicago, Rahm Emanuel, in qualità di membro del Partito per il Socialismo e la Liberazione, scrive il giornale del gruppo, Liberation. All’epoca, le autorità non ritennero che la protesta fosse legata alle origini israeliane di Emanuel.

Secondo un profilo LinkedIn, Rodriguez lavora dal 2024 come specialista amministrativo per l'American Osteopathic Association di Chicago. In precedenza era stato anche ricercatore. Avrebbe agito da solo.

Le reazioni

Secondo Benyamin Netanyahu, l’attentato di Washington è frutto della «selvaggia istigazione» contro Israele. «Esiste un filo diretto che collega l'incitamento antisemita e anti-israeliano all'attentato a Washington. Questa istigazione viene praticata anche da leader e funzionari di molti Paesi e organizzazioni internazionali, soprattutto europei. Le calunnie sul sangue, sul genocidio, sui crimini contro l'umanità e sull'uccisione di neonati hanno spianato la strada proprio a tali omicidi. Ecco cosa succede quando i leader del mondo si arrendono alla propaganda terroristica palestinese e la servono», ha detto il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar in conferenza stampa a Gerusalemme. «Dobbiamo chiamare a rispondere per quello che è successo a Washington anche i leader irresponsabili dell'Occidente che sostengono l'odio» verso Israele, ha scritto su X il ministro israeliano Amichai Chikli. «Il presidente Emmanuel Macron, il premier Keir Starmer, il primo ministro canadese Mark Carney hanno tutti incoraggiato, in modi diversi, le forze del terrore senza tracciare linee rosse morali. Questa codardia viene pagata dal sangue ebraico».

L'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Danon parla di «depravato atto di terrorismo antisemita»: «Fare dal male alla comunità ebraica significa oltrepassare una linea rossa».

«Questi orribili omicidi, basati ovviamente sull'antisemitismo, devono finire, ORA! – ha scritto Donald Trump su Truth –. Odio e radicalismo non hanno posto negli Stati Uniti. Condoglianze alle famiglie delle vittime. È così triste che cose del genere possano ancora succedere. Che Dio vi benedica tutti!».

Condanna è arriva anche dal Segretario di Stato USA Marco Rubio: «Si è trattato di un atto sfacciato di violenza vile e antisemita».

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