Guerra in Ucraina

Joe Biden vuole dare il colpo di grazia a Vladimir Putin

Il presidente degli Stati Uniti, oramai al passo d'addio, starebbe valutando nuove sanzioni contro il settore energetico russo – Fra gli obiettivi la flotta fantasma che aggira il «price cap» petrolifero
©BONNIE CASH/POOL
Red. Online
24.12.2024 18:15

Il presidente Joe Biden, oramai prossimo al passo d'addio, starebbe valutando l'imposizione di nuove sanzioni contro il settore energetico russo. È quanto scrive il Washington Post. L'amministrazione Biden, secondo le fonti consultate dal quotidiano, vorrebbe dare il cosiddetto colpo di grazia a Vladimir Putin, considerando che il commercio di energie fossili – gas e petrolio – garantiscono al Cremlino entrate importanti per sostenere lo sforzo bellico in Ucraina. 

Non solo, la mossa consentirebbe al presidente eletto Donald Trump di avere più influenza negli eventuali negoziati con il presidente russo per porre fine al conflitto. L'obiettivo di una nuova ondata di sanzioni sarebbe la famigerata flotta ombra (o flotta fantasma) attraverso cui gli esportatori russi riescono a eludere il cosiddetto price cap. Fra le opzioni anche la revoca della licenza che consente alle banche di effettuare transazioni energetiche russe. Se attuate, queste sanzioni lascerebbero un'eredità importante al tycoon. Soprattutto, confermerebbero le ambizioni dello stesso Biden, che sin dal primo giorno di invasione su larga scala dell'Ucraina aveva promesso di mantenere coeso il fronte dell'Occidente. 

Attenzione, però. La Casa Bianca, sin qui, nel timore di forte oscillazioni dei prezzi del petrolio non ha mai imposto un vero e proprio giro di vite alle esportazioni petrolifere russe. Se è vero che l'obiettivo di Washington è sempre stato quello di azzoppare Mosca, è altrettanto vero che Biden si è dimostrato sensibile al prezzo della benzina negli Stati Uniti. In un regime di inflazione normale, e con le elezioni oramai alle spalle, il calcolo politico è tuttavia cambiato. «L'amministrazione Biden si è sempre preoccupata dell'aumento dei prezzi del gas e del peggioramento dell'inflazione, tant'è che sono stati il principale ostacolo alla politica di sanzioni alla Russia» ha spiegato al riguardo Edward Fishman, ricercatore senior presso il Center on Global Energy Policy della Columbia University. «Ma le elezioni sono finite e l'inflazione è sotto controllo. Le ragioni per essere così cauti sulle sanzioni non valgono più».

Gli Stati Uniti e i loro partner europei hanno fornito centinaia di miliardi di dollari in aiuti a Kiev, attuando al contempo una serie di sanzioni finanziarie nei confronti di banche, aziende della difesa, produttori industriali e altre società russe. Queste sanzioni hanno colpito con forza crescente: l'inflazione annuale in Russia è destinata a salire oltre il 9%, secondo i dati ufficiali del governo, con la possibilità di una recessione per il prossimo anno. La Banca centrale russa ha aumentato i tassi di interesse al 21%. Il settore energetico russo, tuttavia, è stato colpito solo parzialmente. Il che ha permesso a Vladimir Putin di sostenere le sue truppe e di minimizzare i danni economici in patria. Tra un terzo e la metà delle entrate del bilancio russo provengono ancora dalla vendita di petrolio e gas, per intenderci. L'anno scorso il Cremlino ha guadagnato circa 100 miliardi di dollari dalle vendite di energia fossile, come ha dichiarato S&P Global in un rapporto di gennaio. «L'obiettivo di una nuova, importante azione sanzionatoria dovrebbe essere un calo a due cifre dei loro ricavi da esportazione per un periodo di sei-dodici mesi» ha dichiarato Peter Harrell, ex direttore senior dell'amministrazione Biden per l'economia internazionale, ora ricercatore presso il Carnegie Endowment for International Peace. Tuttavia, «anche se ci sarà un colpo considerevole, la Russia continuerà a godere di sostanziali entrate dalle esportazioni». Un alto funzionario dell'amministrazione, scrive sempre il Post, ha definito questo sforzo come necessario. E questo, appunto, per garantire che l'Ucraina sia nella «migliore posizione possibile» per difendersi e negoziare la pace a condizioni «giuste». «Questa azione sarebbe un altro passo verso il raggiungimento di questo obiettivo» ha dichiarato in via confidenziale il funzionario.

Tornando al petrolio, Un price cap occidentale, guidato dagli Stati Uniti e dagli alleati europei, ha frenato le entrate energetiche del Cremlino fissando un prezzo massimo al quale i Paesi partecipanti possono legalmente acquistare il petrolio russo. Ma la Russia ha continuato a trovare altri mercati di esportazione non occidentali per aggirare il limite, in particolare in Cina e in India.

I mercati energetici globali, ora, potrebbero dare a Biden più spazio per intensificare i suoi sforzi. Il mese scorso, ad esempio l'Agenzia internazionale per l'energia ha dichiarato di prevedere che l'anno prossimo l'offerta supererà la domanda, grazie all'aumento della produzione di Stati Uniti, Canada e altri Paesi. I prezzi della benzina, per contro, al momento sono molto al di sotto dei massimi del 2022. Sono davvero in pochi a ritenere che un eventuale, forte shock alla produzione energetica russa farebbe impennare il costo alla pompa in America. «Se il pacchetto di sanzioni dovesse portare all'uscita dal mercato di alcuni barili russi ci sarà ovviamente un po' di impatto sul prezzo globale, ma penso che sarà modesto» ha detto una delle persone che ha familiarità con la questione. 

Eppure, lo stesso Biden sarebbe ancora reticente, in parte, all'idea di stringere la morsa sul petrolio russo. I suoi assistenti, infatti, hanno riferito che l'attuale presidente intende lasciare l'incarico con l'economia in buona posizione. Non solo, sia Biden sia Trump hanno promesso di sanzionare il petrolio iraniano. Un doppio colpo, tanto a Mosca quanto a Teheran, potrebbe ribaltare quanto detto sin qui. «Lo spazio per inasprire le sanzioni contro Russia e Iran non è illimitato» ha sintetizzato Bob McNally, fondatore e presidente del Rapidan Energy Group.

Mentre il tempo scorre sul mandato di Biden, chiedere conto alla Russia dell'aggressione all'Ucraina rimane una priorità assoluta. «È chiaro che l'energia è ancora la principale fonte di reddito della Russia per finanziare la sua guerra» ha chiosato Harrell. «Una in questo senso sarebbe una gradita chiusura della campagna di sanzioni di Biden contro la Russia».